Dalla dc sarda la richiesta di una riforma del partito

Dalla dc sarda la richiesta di una riforma del partito Concluso (con Fanfani) il congresso regionale Dalla dc sarda la richiesta di una riforma del partito Approvati nuovi schemi organizzativi e politici: abolire le tessere (fonte di clientelismo), sciogliere le correnti, fare della de "il centro del movimento di tutti i cattolici", aperta quindi al dissenso - La riforma riguarda l'isola, ma alcuni punti — ha detto Fanfani — potrebbero essere validi per tutto il partito Cagliari, 15 dicembre. La democrazia cristiana in Sardegna esce rinnovata dal IV congresso regionale. In tre giorni di lavori, alla presenza del segretario nazionale Fanfani, sono stati elaborati e approvati nuovi schemi organizzativi «strettamente confinati nell'ambito della de sarda», ma alcuni «validi — ha detto Fanfani — per tutto il partito». La riforma, che sarà attuata in via sperimentale, dovrà essere ratificata dal Consiglio nazionale, qualora dovesse essere bocciata riaprirebbe nell'isola le spinte separatiste e le lotte di corrente, sca¬ Teheran. Il presidente Leone in visita ufficiale in Iran, accolto dallo Scià (Servizio di Sandro Viola a pagina 3) dute negli ultimi mesi a faide vere e proprie. Questi sono alcuni punti della riforma de in Sardegna: sul piano organizzativo sarà abolito il tesseramento e si potrà «aderire» al partito con l'invio di un semplice biglietto; il partito dovrà ac- ! quìsire una dimensione re- | gionale (in campo nazionale il modello sarà costruito in base all'assetto sociale ed economico del territorio in cui la de opera: la Lombardia ha esigenze, ad esempio, diverse dalla Sardegna); a \ fianco degli altri organi direttivi verrà creato un «comitato comprensoriale» che interpreti geo-politicamente le suddivisioni della regione; le rappresentanze del partito saranno elette col sistema proporzionale puro a liste contrapposte ed integrate da consiglieri comunali, provinciali, regionali, e da parlamentari; i segretari provinciali e regionali saranno eletti direttamente dalle assemblee congressuali; le candidature alle cariche pubbliche avverranno mediante elezioni primarie nelle assemblee degli aderenti al partito. Verranno inserite nel comitato regionale le «consulte» o gruppi di studio, formati da rappresentanti (non necessariamente aderenti alla de) del mondo del lavoro (operai, agricoltori, artigiani, commercianti ed imprenditori) e della scuola. I delegati delle «consulte» avranno voto limitato (non eleggeranno i dirigenti della de). Sul piano politico la riforma della de sarda prevede la scomparsa delle correnti, «macchinette per occupare il potere — ha detto il relatore on. Giuseppe Pisanu — fatte a modello e somiglianza della macchina più grande, il partito, che le ha generate»; la fine del clientelismo, basato sui «mazzetti di tessere» (a che cosa alludeva Fanfani quando nel suo discorso conclusivo ha detto: «Quando qualcuno si presenta come iscritto, mi chiedo: è nato o è morto?», forse a certi tesseramenti avvenuti in passato col nome di cari defunti?); il ritorno della de in tutti i settori della società con una visione moderna: non più organo di gestione del potere, ma centro del movimento di tutti i cattolici, aperta quindi ai contestatori, al dissenso, ai problemi più scottanti. «Giovani e donne portano problemi nuovi, come la contestazione e l'aborto — ha detto il segretario regionale sardo Roich — segni dei tempi che vengono». Non è escluso che queste proposte innovatrici siano andate al di là delle attese di Fanfani, che però le porterà al Consiglio nazionale del 1975. «Tutti i rilievi critici che con tanta generosità alcuni fanno alla presente gePiero Cerati (Continua a pagina 2 in quarta colonna)

Persone citate: Fanfani, Giuseppe Pisanu, Sandro Viola

Luoghi citati: Cagliari, Iran, Lombardia, Sardegna, Teheran