Berlinguer e De Martino di Giovanni Trovati

Berlinguer e De Martino Berlinguer e De Martino Roma, 15 dicembre. Il segretario comunista Berlinguer e il segretario socialista De Martino hanno parlato ai comitati centrali dei rispettivi partiti, precisando la posizione del pei e del psi: si attendeva una risposta di Fanfani dal congresso regionale sardo, ma il segretario democristiano si è limitato a poche osservazioni, rinviando, con «doveroso sacrificio» il dibattito al Consiglio nazionale de che si aprirà a Roma il 20 dicembre. Negli interventi di Berlinguer e di De Martino si possono notare alcuni punti comuni: anzitutto la moderazione, poi il riconoscimento che la crisi economica coinvolge tutte le nazioni e che è impensabile attendersi che da essa venga il crollo del capitalismo (come si era illuso Stalin durante la crisi del '29), infine il tentativo di penetrare nelle classi medie. Mentre nella de qualcuno ritiene semplicisticamente che il chiarimento debba coincidere con la scelta di classe, pei e psi si sforzano di coinvolgere nelle loro politiche anche le altre classi (oltre quella tradizionale «operaia»), con una elaborazione più sottile in Berlinguer che può servirsi di quei concetti di egemonia e di consenso che furono di Gramsci. La classe operaia è sempre meno facile da delimitare (e da sinistra viene con sempre maggior insistenza l'accusa di una tendenza all'imborghesimento in quei settori privilegiati per salario) quindi si preferisce allargarla ai lavoratori in genere. Così la compagnia si arricchisce e De Martino può parlare anche dei medi e dei piccoli imprenditori, rincorrendo il pei che sulla media e piccola industria ha tenuto un recente congresso a Milano. De Martino difende il governo Moro e par di capire che il psi abbia tutta la convenienza a starne fuori per essere più libero durante la campagna elettorale per le regionali della prossima primavera. Considera il psi come un partito di governo, e vede la collaborazione con la de «come asse principale di una politica cui si associano altre forze laiche minori». Sono passati i tempi degli «equilibri più avanzati» (a meno che non li si voglia vedere in un governo a tre, de, psi e pri, con l'esclusione del psdi). Oggi il psi si pone come barriera a sinistra della maggioranza del governo Moro con la intenzione di renderla non superabile per lungo tempo. La proposta del «compromesso storico», rilanciata da Berlinguer, ha trovato una minima eco nel comitato centrale socialista. Così è caduta del tutto quell'ipotesi di alternativa (governo delle sinistre con il 51 per cento) germinata dall'euforia del 12 maggio: respinta allora dal pei, ora non è più ripescata dal psi. Nel partito socialista, a mano a mano, che il pei insiste per entrare nel governo, si nota la tendenza a staccarsi dai comunisti, ad assumere una identità che permetta di sottrarsi al duplice pericolo di essere subalterno o alla de o al pei. Dopo la «questione comunista» e dopo la «questione democristiana», si sta aprendo una «questione socialista». Berlinguer insiste per il «compromesso storico» e nell'analisi che ha fatto nel suo rapporto al Comitato centrale, come nella replica, c'è qualcosa di nuovo e di coraggioso che non sappia- mbcqrrtdxcnl mo come sarà recepito dalla base, e che sarà oggetto di critiche dei gruppuscoli (ai quali il segretario comunista rimprovera che «poco serve ridurre tutto a versetti rimati»). Egli parte da due considerazioni che definisce marxiste, perché le ha dette anche Marx, ma che riprendono concetti propri di altri pensatori, da Vico a Bacone: la lotta di classe può finire con una trasformazione rivoluzionaria della società, ma anche con la rovina comune di tutte le classi; ogni politica deve «muovere dalla realtà delle cose, dalla situazione così com'è». Berlinguer parla di «processo degenerativo», di possibile «collasso economico e finanziario». Al centro della sua analisi c'è la preoccupazione per la drammatica crisi che ci sta soffocando. Arriva a ricordare ai sindacati che non tutti «comprendono sempre le ragioni di tutti gli scioperi». (E' un'osservazione o un richiamo?). Fanfani, abbiamo detto, ha rinviato al consiglio nazionale la risposta della de: anch'egli ha parlato di «ripensamento e di rinnovamento», affrettandosi a precisare, per chiarire le «confuse idee», che il pei rimane la più importante forza «antagonista, in netta contrapposizione, ideale e pratica», con la democrazia cristiana. Rifacendosi a De Gasperi, ha respinto l'accusa di integralismo, poi ha rimproverato i presenti di non essersi intrattenuti «sui problemi della moralità e della formazione religiosa». Sta bene la moralità (e ce n'è tanto bisogno in politica), ma perché un partito deve preoccuparsi di «formazione religiosa»! Perché riproporre elementi di confusione? Sembra poter concludere che il governo Moro non dovrebbe avere ostacoli né dal psi né dal pei: se la de lo sorregge con convinzione, se ha capacità di operare, il terreno politico è propizio. Quello economico è pessimo. Giovanni Trovati

Luoghi citati: Milano, Roma