I tifosi della Lanterna con il veleno in corpo

I tifosi della Lanterna con il veleno in corpo I tifosi della Lanterna con il veleno in corpo (Dal nostro inviato speciale) Novara, J4 novembre. Tutto il veleno che hanno in corpo, i tifosi del Genoa cercano di tirarlo fuori alla stazione, in attesa del treno speciale che li porterà a casa. Gruppi di giovani, le sciarpe rossoblu strette intorno al capo e la nebbia negli occhi, sostano davanti all'atrio, irridendo con gesti provocatori i passanti e facendo esplodere gli ultimi mortaretti rimasti nel tascapane. Hanno ì lattine di birra in mano, la voce roca, e la rabbia repressa di chi a fine partita ha dovuto ricacciare dentro un'amarezza senza sfoghi. Sul campo, già un'ora prima dell'inizio, il tifo si dispone invece in due schieramenti fisicamente contrapposti. Da una parte i novaresi, bandiere azzurre spiegate al vento, e tamburi, trombe, campanacci; dall'altra i genoani, più pittoreschi e rumorosi, più « caldi », meno disposti a sopportare alcune decisioni dell'arbitro. Incitano la loro squadra con passione i sostenitori del Genoa, e l'aiutano quasi, scandendo il ritmo dell'azione con il movimento delle braccia, con l'ondeggiamento del corpo. E poi inveiscono contro l'arbitro, gettano mele e arance in campo, non restituiscono il pallone capitato in mezzo a loro, tentano anche, nella ripresa, di scavalcare la rete. Respinti tornano a cantare, a sostenere e, proprio perché traditi dai loro idoli, a soffrire. Sull'altro fronte, dietro la rete opposta, i novaresi vivono la loro grande giornata con meno drammi, con più riservatezza, anche se talvolta una rivalità antica e mai morta dà fuoco e colore alla loro passione. In tribuna c'è tensione, nervosismo latente. Scoppia anche qualche tafferuglio, vola qualche schiaffo, un giovane tifoso genoano, colpevole di aver tentato di colpire un guardalinee con il lancio di una bottiglietta, viene scortato fuori dallo stadio dalle forze dell'ordine, in mezzo alla folla che applaude con ironia. Un gruppo di genovesi, belle ragazze in pelliccia e giovani dai capelli lunghi e dai colletti alti, sono al centro di un cerchio che si fa ogni istante più stretto e minaccioso, ma il tutto rimane a livello di provocazione, di inoffensiva minaccia verbale. In campo, prima Bittolo e poi Pruzzo invitano i sostenitori rossoblu alla calma, avvicinandosi alla rete e parlando loro con ampi gesti delle braccia. Quelli del Novara per il momento tacciono, messi sotto dalle prepotenti anche se effimere folate offensive degli avversari, ma si scatenano al gol della vittoria riempendo di azzurro un cielo grigio di pioggia. Poi. alla fine, la gioia, gli applausi, gli abbracci. Seghedoni però, negli spogliatoi, si presenta ai giornalisti con gli occhi colmi di lacrime: « Stamane a Oggiono è morto il padre di Ferrari. Abbiamo taciuto, il giocatore ha saputo la verità soltanto pochi istanti fa, all'uscita dal campo ». Sull'atteggiamento tenuto sono tutti d'accordo, l'allenatore e anche i compagni di squadra: « Che cosa si doveva fare? — dicono —. Purtroppo la triste realtà non poteva essere mutata, e per noi Ferrari oggi era una pedina insostituibile ». Un realismo che forse non può essere messo in discussione, ma che lascia ugualmente un fondo di tristezza. C'è la ragion di stato, d'accordo, e le esigenze della squadra, lo spirito di sacrificio, la serietà professionale, ma un atleta (perlomeno per chi scrive) prima di essere tate e prima di diventare una macchina disumanizzata, deve essere soprattutto un uomo, e come tale deve avere il diritto di soffrire quando è tempo e non quando lo decidono gli altri. « Fate voi le domande — continua Seghedoni — io non riesco a pensare ». Poi la gioia della vittoria comincia ad affiorare, e con la contentezza anche le parole: « La mia squadra — sorride — ha giocato in maniera eccezionale, svolgendo sul campo i temi tattici che insieme avevamo studiato in settimana. Il terzo posto è il giusto riconoscimento al valore del miei giocatori ». Carlo Coscia

Persone citate: Bittolo, Carlo Coscia, Pruzzo, Seghedoni

Luoghi citati: Novara, Oggiono