Tradita dall'abito una giovane è arrestata per l'omicidio di un gioielliere milanese

Tradita dall'abito una giovane è arrestata per l'omicidio di un gioielliere milanese La cattura ieri mattina in un alloggio di via Lessolo Tradita dall'abito una giovane è arrestata per l'omicidio di un gioielliere milanese Ha 29 anni, era in libertà provvisoria per un'altra rapina - Accusata di aver ucciso, per rapinarlo, l'orefice Vittorio Renar, di Milano - Nell'appartamento di via Lessolo gli agenti avrebbero trovato i vestiti che la giovane indossava al momento del delitto - Con lei è stato fermato un uomo, che sarebbe estraneo al "colpo" Una giovane donna è stata arrestata ieri mattina a Torino per omicidio a scopo di rapina: sarebbe stata lei ad uccidere con un complice l'orefice assassinato con cinque colpi di pistola al petto otto giorni fa a Milano. Si chiama Agata Argentiero, ha 29 anni, è originaria di Ceglie Messapico (Brindisi), ma ha recapito a Milano in via Betti e a Torino in via Lessolo 30. A quest'ultimo indirizzo è I I ! stata sorpresa dai marescialli Ciarini ed Embrioni, della polizia milanese, e da agenti della mobile di Torino, alle 10 di ieri. L'Argentiero si trovava in compagnia di un uomo, di cui non è stato fornito il nome, ma che dovrebbe essere estraneo al delitto. La coppia è stata subito trasferita a Milano, a disposizione della magistratura: la donna, perché colpita da mandato di cattura, l'uomo per chiarimenti. La polizia sarebbe già sulle tracce del complice dell'Argentiero, la i sua cattura dovrebbe essere ; imminente. Alta, bruna, il volto scavaj to, elegante, la giovane ha seguito gli agenti senza pronunciare parola. Dall'anno I scorso si trovava in libertà provvisoria, per decorrenza I dei termini di carcerazione 1 preventiva, essendo implicata in un'altra rapina ad un gioielliere, avvenuta nel settembre '71. L'omicidio di cui la giovane è accusata, è avvenuto il 16 novembre scorso. La vittima, Vittorio Behar, 62 anni, nativo di Torino, abitava con la moglie Olga Adriante, in un appartamento al quinto piano di corso Vercelli 62, a Milano, nello stesso ca- seggiato dóve il delfttoTstaTo compiuto. L'oreficeria, un mo- desto negozio che dà su un vicoletto laterale di corso Vercelli, era già stata assalita dai banditi il 24 novembre '72: in quell'occasione il Behar, dopo una colluttazione, benché ferito alla testa con il calcio di una "pistola, | I era riuscito a mettere in fu! ga i malviventi. Da quel giorno aveva adoti tato particolari misure prei venti ve: illuminava l'ingresso con una potente luce al neon e azionava lui stesso, dall'interno, l'apertura della porta per evitare spiacevoli sorprese. Ma i rapinatori conoscevano questi accorgimenti, e sono ricorsi ad un trucco. La sera prima, infatti, (venerdì), una donna — quasi certamente l'Argentiero — si era recata nel negozio dicendo che aveva intenzione di acquistare una collanina o una catenina d'oro per fare un regalo. Dopo averne esaminati alcuni esemplari, se n'era andata assicurando che sarebbe ripassata il giorno dopo. Si spiegherebbe così j perché il gioielliere ha aper | to la porta senza alcun ti | more. Che cosa sia accaduto, non j ti sa, perché non ci sono stati testimoni. Alle 17.30 la moglie del Behar è scesa in negozio pe: prendere i soldi per la spesa del sabato, ha trovato I la luce spenta e la porta blinI data, con cristalli antiurtoI ar erta. Ha intuito che dovesI se essere successo qualcosa di grave. Pochi attimi dopo scopriva il corpo del marito stese a terra, davanti al balcone, in una pozza di sangue. Caricato su un'ambulanza, l'uomo è morto prima di giungere all'ospedale San Carlo. Cinque proiettili calibro 7,65, sparati — pare — da due pistole diverse, l'avevano fulminato. Secondo la ricostruzione fatta dalla polizia milanese, il Behar, quando si è trovato davanti i rapinatori, ha reagito, provocando cosi la loro spietata sparatoria. Prima di allontanarsi gli assassini — è ormai certo che si trattava di due persone — hanno svuotato la cassaforte e i plateaux che si trovavano sul bancone, portando via bracciali, anelli e orologi per alcuni milioni di lire. Nel negozio la polizia aveva trovato un foulard blu, un sacchetto di plastica contenente frutta, un paio di calze da donna e un bastone avvolto in carta da regalo. Il foulard e le calze avevano subito fatto pensare alla presenza di una donna: circostanza, questa, avvalorata da altri elementi. Lo stesso Behar, il giorno prima, aveva raccontato alla moglie della visita di una cliente che aveva intenzione di acquistare una catenina d'oro e che sarebbe ripassata sabato. Un'altra testimonianza risultò assai preziosa: un meccanico, che lavora accanto al negozio del delitto, disse che verso le 16 di sabato aveva visto aggirarsi attorno alla gioielleria un uomo e una donna, in atteggiamento sospetto. Un altro testimone riferì che verso le 16,30 una donna era uscita di corsa dalla gioielleria ed era salita su una «124» color beige, della quale aveva rilevato i primi tre numeri della targa. Un controllo al pubblico registro automobilistico consentì agli inquirenti di rintracciare il proprietario dell'auto, il quale confermò di aver dato un passaggio a una donna che gli era apparsa molto agitata e gli aveva chiesto di portarla in centro per fare alcuni acquisti. Ma dopo alcune centinaia di metri, la donna era scesa. La descrizione della giova- ne — alta, bruna, volto affilato, elegante — corrispondeva a quella di Agata Argentiero, che la polizia ricordava di aver arrestato due anni prima, in seguito a una rapina compiuta con due complici a'.''orefice Luigi Cecchini, 1*11 settembre '71. Anche in quell'occasione, la donna si era presentata il giorno prima dicendo di voler fare un acquisto e se n'era andata affermando che sarebbe ripassata successivamente. Ritornò, legò e imbavagliò il gioielliere, mentre i complici ripulivano il negozio. Rimasta in carcere fino all'anno scorso, l'Argentiero era uscita per scadenza dei termini di carcerazione preventiva. Il giudice le impose di recarsi, tutti i sabati, nel commissariato San Siro, per firmare i: registro dei «liberi vigilati», ma sabato la donna non si è fatta vedere. La polizia sapeva che la ragazza aveva un'abitazione a Biandrate (Novara), ma a questo indirizzo non è stata trovata. Nell'alloggio, però, gli agenti trovarono l'indicazione di un recapito torinese, via Lessolo, dove appunto ieri mattina l'Argentiero è stata catturata. Nell'alloggio sarebbero stati rinvenuti oggetti «molto interessanti» per le indagini: pare l'abito che la donna indossavi' al momento della rapina ; 11'orefice Behar. Secondo la magistratura, la Argentiero avrebbe esploso alcuni colpi di pistola insieme con il complice. A tarda sera la giovane è stata rinchiusa nel carcere di San Vittore.