Ritorno di Evita di Livio Zanotti

Ritorno di Evita IL SIGNIFICATO DI UN RITO Ritorno di Evita (Dal nostro corrispondente) Buenos Aires, 17 novembre. All'interno dell'aeroporto metropolitano chiuso al traffico di linea la presidentessa della Repubblica, Maria Estela Martinez de Perón, attende circondata dai ministri del suo governo, una comitiva ristretta c silenziosa. Fuori, oltre il duplice cordone di poliziotti armati, una folla non enorme partecipa di lontano all'attesa. Su tutti il cielo grigio della incerta primavera argentina, una cappa rigida che con il sordo ronzio degli elicotteri dei servizi di sicurezza rimanda a terra l'eco di una tensione esasperata dalle violenze degli ultimi mesi. Sono quasi le dieci del mattino, sta per giungere dalla Spagna il «Boeing» della compagnia nazionale d'aviazione che riporta in patria la salma di Eva Duarte, seconda sposa del generale Perón, eroina dei « descamisados ». A ventidue anni dalla morte, dopo diciannove di macabri trafugamenti e gelosi misteri, il ritorno di un corpo tanto a lungo disputato come un ostaggio di guerra è avvolto ancora dai dubbi della manovra politica non meno che da un'appassionata pietà. E' più che un rito funebre, ancorché solenne, più che il compimento postumo di una volontà dello scomparso presidente Perón: l'immagine della donna che accompagnò l'ascesa al potere del « leader » giustizialista è un mito vivissimo nelle masse argentine, che la ricordano come « il vessillo degli umili ». La sinistra peronista grida: « Si Evita viviera seria montonera ». E la restituzione della sua salma è tra le prime condizioni poste dai « montoneros » per sospendere la guer riglia e trattare con il gover no il loro ritorno alla legalità. Ma a riportare il corpo di Eva Duarte è José Lopez Kega, ministro della Previdenza sociale, segretario particolare del Capo dello Stato e irriconciliabile nemico delle tendenze che dichiarano di combattere per la « patria socialista ». La sua missione, mantenuta segreta fino all'ultimo momento, si è conclusa stamane in una cerimonia rapida e contenuta, circondata ormai non più dal riserbo, ma da un eccezionale servizio d'ordine. I dirigenti della centrale unica dei sindacati, la « Confederación general del trabajo » (Cgt), se ne sono sentiti esclusi, sostanzialmente alla pari degli altri. Per espresso desiderio della defunta, fu nella sede della Cgt che durante giorni e giorni centinaia di migliaia di argentini andarono a rendere il loro estremo omaggio ad Evita. Era il luglio 1952. Tre anni dopo, in novembre, i militari che avevano deposto e costretto all'asilio Juan Domingo Perón ordinarono che fosse trasportata fuori del Paese anche la salma imbalsamata della sua ex moglie. Il generale Pedro Aramburu, allora presidente provvisorio della Repubblica, volle che fosse inumata in Italia, nel cimitero di Milano, sotto il nome di Maria Maggi De Magistris. Al peronismo veniva sottratto l'ultimo altare della venerazione. La sorte dei resti mortali di Evita diviene un segreto di Stato. Fino al 1971. Quando in segno di buona volontà se non di riconciliazione il governo militare fa in modo che vengano restituiti a Juan Domingo Perón, nel suo esilio di Madrid. Tornato il peronismo al go¬ verno con la vittoria elettorale dell'undici marzo 1973, il recupero della salma di Evita diventa una delle prime e maggiormente insistenti rivendicazioni del «Movimiento». Poche settimane addietro, un «commando» dei «montoncros» si spinge fino a violare la tomba del generale Aramburu, da essi stessi sequestrato e ucciso quattro anni fa, facendone scomparire i miseri resti. «Siamo pronti a restituirli in cambio di quelli della nostra compagna Evita», scrivono nottetempo sui muri di Buenos Aires. E oggi, puntuali, lasciano l'urna funeraria in una strada del centro cittadino, avvisando la polizia con una telefonata anonima. Il cappellano del reggimento «granatieri di San Martin» pronuncia una breve orazione funebre, la presidentessa e i ministri, i dignitari e la guardia del corpo che hanno accompagnato Lopez Rega a Madrid ascoltano diritti davanti al feretro appena scaricato dall'aereo. Poi il corteo si mette in marcia: i motociclisti della brigata antiguerriglia in testa, dietro i «patrulleros» della polizia federale, il carro funebre, le automobili con il capo dello Stato, i familiari di Evita, i ministri, le varie personalità presenti, gli uomini dei servizi di sicurezza con le armi spianate da ogni parte. In attesa della definitiva sepoltura, la salma di Eva Duarte sarà posta accanto a quella del generale Perón, nella residenza presidenziale di Olivos, di fronte alle acque grigie del Rio de La Piata. Livio Zanotti Buenos Aires. Isabelita Perón davanti al feretro di Evita

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