La polizia dice: "Le indagini cominciano quando l'ostaggio è rimesso in libertà,, di Mario Bariona

La polizia dice: "Le indagini cominciano quando l'ostaggio è rimesso in libertà,, Un'ondata di imprese criminali ha investito la Lombardia La polizia dice: "Le indagini cominciano quando l'ostaggio è rimesso in libertà,, Non devono intralciare (è un ordine della magistratura) i contatti tra parenti e banditi - "Lavoriamo con le mani legate" dichiarano i funzionari - Su sette sequestrati attualmente nelle mani dei malviventi, cinque sono lombardi (Segue dalla 1a pagina) un'ulteriore, ingente somma. E la polizia: che cosa fa? La domanda viene naturale. Ufficio della Criminalpol, piazza San Sepolcro. Il dottor Sgarra dirige il settore. Nella notte tra sabato e domenica ha dormito tre ore. Arriva da Brescia, dove sono in corso le indagini per il rapimento di Giovanni Luc- chini, 22 anni, figlio di uno dei re del tondino (con il più alto reddito in Italia: 709 mi- lioni all'anno d'imposta di famiglia). Arriva a casa alle 4: alle 7 si alza; alle 8 è in via San Sepolcro. Qui lo raggiunge la notizia di un'altra rapina. Non ha ancora riordinato le idee che arriva la telefonata del rapimento di Nicoletta Di Nardi. Poi un'altra rapina. E c'è ancora in sospeso il sequestro di Luigi Genghini, 28 anni, via Settembrini 11. Milano, figlio del proprietario di un autosalone. Da Roma è arrivato il dottor Li Donni. Si è portato dietro uno stuolo di agenti siciliani e calabresi. «Adesso — dice — scrivete anche ' questo e la psicosi sarà com- pietà». ! Sono le 17,30. Arriva una telefonata. Dottor Sgarra: «Un orefice? Ferito sulle scale di casa?». Dispone per le indagini. Un attimo dopo, si apre la porta e arriva il dottor Li Donni. Sgarra lo informa. Il telefono squilla di nuovo. «Come? E' morto? Da un'ora? Ci sono testimoni?». Il i dottor Li Donni vuole paria j re con il funzionario che è ; all'altro capo del telefono, i Non ci sono testimoni della morte dell'orefice. Nessuno ha visto nulla. Torniamo al rapimento di Nicoletta Di Nardi. Dice Li Donni: «Siamo in un mo mento di crisi. Bisogna tene re i nervi a posto. Passerà» Quando era capo della Mo bile a Torino, Sgarra aveva rischiato di essere trasferito dopo una rapina, la prima della banda Cavallero, in piazza Rivoli, il 22 gennaio del '64, nel corso della quale venne gravemente ferita l'impiegata Giovanna Freccino, perché era arrivato sul posto dopo quattordici mi- miti. Ricorda che lo aveva salvato una fotografia che fissava l'ora del suo ingresso in banca su un orologio a muro. Ci aveva messo di meno: L'ispettore inviato da Roma si era rimangiato così quel «quattordici minuti sono troppi». — C'è chi domanda la pena di morte — chiediamo — o un inasprimento delle pene. Che ne pensate? «Non è questo il fatto. Il delinquente che agisce non pensa alla pena, è convinto di farla franca — è la risposta —. Crede di essere il più furbo. Pnittosto: lavoriamo con le mani legate; gli uomini sono sfiduciati perché i banditi vengono rimessi in libertà. Anche uno degli uccisori del carabiniere in banca era un rapinatore in libertà provvisoria. Le carceri sono piene e non c'è altro da fare». Polizia e carabinieri sono alle dipendenze del magistrato e per non mettere in peri- | colo la vita degli ostaggi hanno l'ordine di non intralciare i contatti fra i parenti e i banditi. Se teoricamente riuscissimo a sorprendere i sequestratori mentre incassano il denaro non potrem mo intervenire. E così le in dagini praticamente iniziano soltanto quando il rapito torna a casa ed i banditi sono già lontani. — Ma che garanzia abbiamo, allora? Per il rapimento Torielli era arrivata una «soffiata» di questo tenore: «I Guzzardi, personaggi noti della mafia, sospettati di omicidio e di nitri reati, allevano maiali ma hanno anche altri incontri, stanno preparando qualcosa». Viene chiesta l'intercettazione telefonica. Si pen sava, allora, che preparassero una rapina, non un rapi mento. I motivi per la richiesta non sembrano pei o suffi cienti; il magistrato nicchia: due ore dopo, i banditi portano via Torielli. Guzzardi viene interrogato tutta la notte. Ad ogni domanda si alza e fa un inchino, sembra prendere in giro gli inquirenti tanto è ossequioso. Vuole collaborare, ma l'indomani già si parla di «sevizie»: «Non è tuia sevizia interrogare una persona per tutta la notte? Vi siete anche alternati, magari?», chiede un magistrato. Quando Taviani apprese che uno degli accusati del rapimento di Torielli, certo Piromallo, pezzo da novanta, mammasantissima, era rimesso in libertà provvisoria, disse: «Vuol dire che invece di avere una rapina alla settimana, come stava avvenendo in questi ultimi giorni, ne avremo una al giorno». Da una parte c'è chi chiede più sanzioni, dall'altra chi piomba nell'apatia e nell'indifferenza. «I familiari dei rapiti chiedono la sospensione delle indagini. In realtà, che sospendiamo? Non sospendiamo niente. Ma dove mettere le mani? Dove cercare? I sospetti da sempre S0710 sulla "niafia", ma il fucile è scarico. Andiamo a interrogare un "clan", poco ci manca che ci buttino giù per le scale. Silenzio o non silenzio, non cambia nulla. Voi prendete un calabrese sradicato e diventa un buon cittadino. Ma voi lo sapete meglio di me: se in una casa di cinque piani ci sono dieci famiglie, c'è un capo e allora si dorme come in Calabria, si mangia come in Calabria, si ama e si odia come in Calabria e si riformano regole e leggi della "Ndrangheta"». Chiediamo: E perché proprio a Milano? «Perché in Lombardia c'è più ricchezza». E la polizia che fa, allora? La polizia e i carabinieri, naturalmente. Polizia e carabinieri indagano o, come scrive il cronista più grigio: la polizia brancola nel buio. Mario Bariona