Maligno pellegrino
Maligno pellegrino Spettacolo di Svampa e Patruno Maligno pellegrino In prima nazionale a Ivrea - Gli affanni di un debutto (Dal nostro invialo speciale) Ivrea, 10 novembre. Uniti o divisi, i «Gufi» non smentiscono la loro spiccata inclinazione per la satira politica. Quando etano miti insieme, menavano colpi a destra c a sinistra, giustamente più a destra | che a sinistra, con le commedie j di Lunari, ora clic il sodalizio si è sciolto da tempo, ecco Nanni Svampa e Lino Patruno, messisi per conto loro, distillare antichi c nuovi veleni in Pellegrin, che vai ci Roma, uno spettacolo scritto dallo stesso Svampa con la collaborazione di Michele L. Straniero e con il quale sabato sera si è riaperto il teatro Giacosa per la tradizionale stagione in abbonamento. Era una prima nazionale, una di quelle «prime» alle quali le nostre compagnie giungono regolarmente con affanno c a corto di preparazione: fallito l'ultimo tentativo di rimandare ancora una volta il debutto, si va in scena con la morte nel cuore, convinti e rassegnali che il disastro sia inevitabile. Poi, naturalmente, tutto va a gonfie vele, o almeno così sembra, dal momento che lo spettatore non si accorge di niente c solo chi ha dimestichezza con queste prove generali truccale da «prime» può subodorare che qualcosa non funziona ancora nella rappresentazione della quale sta seguendo, non senza apprensione, l'accidentato svolgimento. Così è andata con questo Pellegrin: uno spettacolo ancora da «rodare», certo, persino informale sotto diversi aspetti, ma già con una sua fisionomia, determinata non solo dalle ingegnose scene c dai fantasiosi costumi di Tony Stefanucci, oltre che dalla svelta regìa di Fulvio Tolusso (che, se non sbagliamo, si cimentava per la prima volta con rappresentazioni di questo genere), ma dal testo stesso che, scandendo le tappe di un avventuroso viaggio verso Roma intrapreso per l'Anno Santo da un lavoratore italiano in Germania, spara a zero contio obiettivi abbastanza precisi seguendo le lince di un anticlericalismo che, in tempi di compromesso storico (che infatti è qui uno dei più grossi bersagli), non sembra davvero vecchio stile. Accade allora che l'attore Raffaele Fallica, al quale tocca il personaggio del pellegrino mentre i suoi compagni s'avvicendano intorno a lui mutando freneticamente di ruolo, passi da un manicomio, nel quale può ascoltare un dialogo aggiornatissimo tra Cavour-Patruno e Garibaldi-Svampa, a un campo paramilitare dove s'addestrano fanatici e stolti fascisti, da un deposito d'armi delle trame nere, frequentato da Sogno e dal fantasma di Borghese, a una sfilata di moda in Valicano alla quale partecipano Sindona c altri finanzieri di allo bordo. Commentano queste peregrinazioni le canzoni e le parodie del duo Svampa-Patruno c le intervallano alcuni skclches particolarmente azzeccati come un'udienza della Sacra Rota in concorrenza con un tribunale della Repubblica, o la caricatura mussoliniana che, avendo come antagonista uno spassoso cardinale (Patruno), Svampa tratteggia per una rievocazione del Concordato che forse, data la sede, è persino troppo minuziosa nel fissare dati c avvenimenti ma che dimostra la cura con la quale gli autori si sono documentati per questo e per altri quadri. Se poi si pensa agli Anni 50, quando era di prammatica prendere in giro sinistre, centro e de¬ stre, ma gli «sfottò», rigorosamente diretti contro un solo bersaglio alla volta, erano dosati con la bilancia del farmacista perché un partito non ne ricevesse più o meno degli altri, allora si può persino sussultate al canto di «Bandiera rossa» intonato come un inno di chiesa. Ma i tempi cambiano, è giusto che cambi anche la satira. E questa è sempre attualissima nello spettacolo, con nomi freschi delle prime pagine di questi giorni c che freschi rimarranno se appena gli autori avranno l'accortezza di tenere aggiornati i loto sketches. Con Svampa e Patruno, oltre al già citato Fallica, recitano alcuni buoni clementi tra i quali fa spicco per aggressività c grinta Ria De Simone. Augusto Bonardi e il «jolly» dello spettacolo, Grazia Maria Boti, Remo Varisco e Gaetano Liguori completano la poca e lieta brigata. Applausi cordialissimi da parte di un pubblico ben disposto che coglieva a volo, c con compiacimento, le allusioni a questo o quel personaggio. Alberto Blandi
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