Tanti danno l'addio a Lugano di Remo Lugli

Tanti danno l'addio a Lugano IN PERICOLO STAGIONALI E FRONTALIERI ITALIANI Tanti danno l'addio a Lugano (Dal nostro inviato speciale) Lugano, 28 dicembre. Anche la Svizzera vacilla. E' sempre stata considerata, economicamente, un punto fermo, un'ancora. Tempi passati. « Non dobbiamo drammatizzare — dice Jean-Pierre Bonny, direttore dell'ufficio federale dell'industria, delle arti, del mestiere e del lavoro — ma dobbiamo ammettere che in alcuni settori c'è una grande recessione: edilizia in primo luogo, poi tessili, arti grafiche, turismo. Una commissione appositamente nominata sta studiando i modi di rianimare il lavoro, evitare la disoccupazione. Certo non si potranno fare miracoli. Ovviamente daremo la priorità alla protezione della manodopera indigena ». I primi colpiti Indigena, naturalmente, sta per svizzera. Ecco quindi i molti e giustificati allarmi fra i nostri emigrati. I lavoratori elvetici hanno un'ottima valvola di sicurezza che li protegge: prima che perdano il posto loro, saranno respinti ai Paesi di origine gli stranieri, quelli che in definitiva hanno decisamente contribuito alla realizzazione del miracolo economico svizzero. Maggiormente in pericolo sono gli stagionali e, subito dopo, i frontalieri (complessivamente 309 mila alla fine dell'agosto scorso, dei quali almeno la metà italiani). Gli stagionali un tempo lavoravano undici mesi all'anno, da febbraio o marzo a metà dicembre. Dopo le restrizioni sulla manodopera straniera decise con decreto federale, il periodo si è ridotto a nove mesi. Ma il contratto, già al momento della partenza, veniva rinnovato per l'anno dopo e quasi sempre con migliorie. Ora, invece, la situazione si è capovolta: non si parla di rinnovo, si parla invece, eventualmente, di un ritorno al lavoro a condizioni salariali peggiorate. Nei giorni scorsi da Zurigo, da Berna, da Lugano sono partiti i treni speciali degli stagionali che rientravano ai Paesi d'origine per la fine del contratto. Erano i treni dell'amarezza e della vaga speranza, portavano gente che andava a riabbracciare i parenti, in occasione delle festività, con il cuore gonfio di cupa incertezza. Sono rientrati in Italia 150 mila italiani. Sicuramente 40 mila non torneranno fra due o tre mesi, come invece spererebbero. A tutti o quasi tutti è stata fatta una promessa: «Vi spediremo una lettera, vi manderemo a chiamare». Lettera che in molti casi non arriverà. Dice Felice Lazzaretto, segretario della Società svizzera Impresari e Costruttori: « Nel Canton Ticino, limitatamente al settore dell'edilizia, si registrerà l'anno prossimo una riduzione di tremila lavoratori su dieiassettemila ». Tremila che saranno sottratti interamente dai cinquemilacinquecento stagionali. I motivi, ovviamente, sono quelli della recessione. Scrive Willy Messmer, presidente della citata Società, in un « appello » inviato nei giorni scorsi alle ditte affiliate: <t Nell'edilizia e nel Genio civile le riserve di lavoro va¬ lutate al 1" luglio '74 hanno registrato un regresso reale del 34% e rapportate a quelle del luglio '72. E la situazione continuerà a deteriorarsi nel corso dell'anno prossimo ». L'appello dà inoltre questi suggerimenti: « Se il proprietario dell'impresa si vede obbligato a proseguire l'attività della sua azienda con un volume di lavoro sensibilmente ridotto, la riduzione dell'effettivo dei collaboratori va preparata con la massima cura. Sono da evitare licenziamenti spettacolari. Una adeguata riduzione della mano d'opera straniera dev'essere prevista già all'inizio dell'anno ». Tagli ai salari Si parla di tagli al salario, cerne s'è detto. Afferma Verner Carobbio, segretario del partito socialista autonomo: «Già è chiaro die almeno quarantamila stagionali non torneranno; le sorti di altri venti-trentamila saranno segnate negativamente ai primi del 75. perché, oltre al settore dell'edilizia, è molto in crisi quello tessile. E chi torna ha la prospettiva di guadagnare meno. So di certi datori di lavoro che hanno indirizzato ai loro dipendenti una lettera con la quale li informano della difficile situazione economica; e alla fine fanno una proposta per evitare il licenziamento: accettare una paga ridotta. Talvolta la riduzione è di mezzo franco all'ora, in altri casi di più. Ad un muratore pagato 12 franchi si propone una riduzione di 1 franco e SO ». Accadono fatti che si rite¬ nevano impensabili nella opulenta Svizzera. In una fabbrica metalmeccanica della zona di Bellinzona, la Cattaneo, non c'era liquido per pagare le tredicesime: maestranze e direzione si sono accordate sulla corresponsione di un 60"0 adesso e il rimanente 40"o a gennaio. La Fatati, abbigliamento, di Quartino (Locamo), ha proposto licenziaì menti. S'è raggiunto un ac! cordo: nessuno verrà licenziato, ma gli operai rinunceranno all'aumento di paga che era già programmato per il 1975. Altrove si è accettato di lavorare mezz'ora in più senza essere pagati. C'è chi cerca di attenuare la portata di questi provvedimenti facendo notare che le diminuzioni vengono applicate su paghe che sono al di sopra dei minimi contrattuali: cioè, si toglie una parte di quello che si era concesso in più. Le cose non vanno certamente bene, ma non è improbabile che talora ci sia chi approfitta del senso di smarrimento che pervade la classe lavoratrice per instaurare dei contratti sotto banco. « Il fatto è che siamo tra l'incudine e il martello — dice uno stagionale siciliano, padre di quattro bambini —. Se perdiamo questo posto, al paese nostro non ti oviamo certamente un altro lavoro. E per di più noi stagionali e frontalieri, una volta senza occupazione in Svizzera, non godiamo nemmeno dei diritti di assistenza e di disoccupazione: no. siamo esclusi qui, nella Confederazione, e in Italia ». Remo Lugli

Persone citate: Bellinzona, Carobbio, Cattaneo, Felice Lazzaretto, Jean-pierre Bonny, Verner, Willy Messmer