Non fu peculato per appropriazione: i clinici fecero bene a tenersi il miliardo contestato

Non fu peculato per appropriazione: i clinici fecero bene a tenersi il miliardo contestato E finita con l'assoluzione una delle più clamorose vicende giudiziarie Non fu peculato per appropriazione: i clinici fecero bene a tenersi il miliardo contestato "Il fatto non sussiste" - Appena udito il verdetto che li proscioglie con la formula più ampia possibile, i professori Dogliotti, Brunetti, Midana (Roccia era assente per malattia) si sono gettati nelle braccia dei difensori - Il dispositivo della sentenza - II pg annuncia: "Ricorrerò" I professori Giulio Cesure Doglienti, Faustino Brunetti, Bernardo Itocela e Alberto Midana sono stati assolti dall'accusa di peculato per appropriazione in danno dell'Università « perché il fatto non sussiste ». La sentenza è slata pronunciata martedì scorso, vigili» di Natale, alle 14,40, dopo quasi cinque ore di camera di consigliò, dalla seconda sezione della corte d'appello presieduta dal dott. Germano (rei. Buraggi. consiglieri Mortarino. durarlo, Sacelli: cane. Tedesco). Pubblichiamo il testo del « dispositivo » della sentenza: « La corte dichiara inammissibili, per mancata presentazione, dei relativi motivi, gli appelli proposti dagli imputati Morino. Torre. Ciocatto. Beretta Anguinaia, Dardanello, Giovacchini e Durando, nonché l'appello in cui viene a risultare convertito il ricorso per Cassazione proposto dall'imputato Vecchietti: dichiara il diletto dì giurisdizione del giudice penale in ordine alle domande proposte, quale parte civile, dall'Ospedale Maggiore San Giovanni Battista contro gli imputati Dogliotti e Brunetti e la conseguente nullità della costituzione di tale Ospedale come parte civile: « dichiara la nullità della sentenza appellata nella parte in cui ha pronunciato sull'addebito di peculato mosso all'imputato Dogliotti in riferimento alla complessiva somma di lire 10 milioni SOn mila, indicata come provento di " ricerche e relazioni di sperimentazioni di farmaci "; nonché la nullità di tutti ì precedenti atti del relativo procedimento penale, a partire (questo incluso) dal decreto di sequestro di detcrminati documenti presso numerose ditte produttrici di farmaci, tra cui le società Farmitalia e Farmalabor. emanato dal p.m. il 1" febbraio 1972. e ri7ivia al detto p.m. gli atti relativi all'addebi to in parola: « assolve gli imputati Dogliotti Giulio Cesare e Roccia Bernardo, perché i fatti non sussistono, dall'addebito di peculato: «assolve l'imputato Brunetti Faustino, perché i fatti non sussistono, dall'addebito di peculato ascrittogli, nonché da quello di falsità ideologica: e, perché il fatto non costituisce reato per mancanza di dolo, dall'analogo addebito di falsità ideologica in riferimento all'inventario del Consiglio nazionale delle Ricerche; « assolve l'imputato Midana Alberto, perché i fatti non sussistono, da ambedue gli addebiti, di peculato e di interesse privato in atti d'ufficio a lui ascritti; « conferma nel resto la impugnata sentenza, ossia per quanto concerne la declaratoria di non doversi procedere contro gli imputati Brunetti Faustino e Gìovacchinì Otello, in ordine al reato di truffa, per essere lo stesso estinto da prescrizione ». Quando il relatore Buraggl ha finito di leggere, dal pubblico (una ventina di persone: mogli, iigli, amici dei clinici) si è levato un applauso. Scavalcando, come agili giovanetti, i banchi degli imputati c degli avvocati, i tre professori assolti (mancava soltanto Itocela, in convalescenza a San Remo) si sono gettati nelle braccia dei congiunti e dei difensori, commossi per la gioia. li rappresentante dell'accusa, dottor Buscaglino Strambio, se li'è andato in uno svolazzo di toga, piuttosto seccato. Aveva chiesto, come si ricorderà, l'assoluzione del clinici «perché il fatto non costituisce reato per mancanza di dolo». Nella sua replica aveva detto: «Non credo alla buona fede di costoro, ma non sono riuscito a provare la loro malafede». La decisione della corte è andata oltre alle sue stesse richieste. «Ricorrerò in Cassazione, è certo», ha annunciato. Anche l'avvocato Tortonese, di parte civile, ha manifestato l'intenzione di far ricorso contro la sentenza. La corte, come si è detto, ha dichiarato la sua estromissione dalla causa, sostenendo che l'ospedale San Giovanni non poteva costituirsi parte civile, poiché i clinici dovevano rispondere di peculato in danno dell'Università, e basta. Con una formula assolutoria totale, i giudici d'appello hanno dunque spazzato via quattro anni di indagini, un'inchiesta colossale, un castello di accuse da far paura. Hanno trasmesso alla procura soltanto una piccola frangia — peculato di 10 milioni e rotti — a carico di Dogliotti per le sperimentazioni. Gli atti sono nulli perche non fu dato comunicazione giudiziaria all'imputato. Un processo analogo riguarda il professor Beccari, uno dei più illustri farmacologi italiani. In attesa di conoscere la motivazione della sentenza, si possono fcdndcLi dscD Illllll 111 ■ 11 ! Il 1111 II ( 11111l II M II Il fare alcune considerazioni. La corte d'appello, in sostanza, ha dette: i clinici hanno fatto bene a non versare neppure una lira all'Università; erano nel giusto, il peculato non esiste. Risulta capovolta la decisione del tribunale, che aveva ragionato cosi: il peculato c'è, per tutti. L'articolo 49 del Testo unico sull'Istruzione superiore (che tratta i delle prestazioni di natura universitaria) è legge primaria. I clinici che hanno partecipato alla stesura della convenzione del '51, circa i rapporti tra cliniche, ospedale e Università, non potevano ignorare che i soldi andavano versati parte all'Università e parte all'ospedale Coloro che hanno preso parte a quel consiglio dei clinici (Dogliotti, Brunetti, Roccia, Midana) devono essere condannati. (E li condannò a 4 anni ciascuno). Gli altri che vennero dopo e seguirono la prassi instaurata dai «maestri», hanno peculato, si, ma in buona fede, senza dolo. Per questo devono essere assolti. Il p.g. Buscaglino, pur rappre¬ sunlrrgttasls sentando l'accusa, ha fatto fare un passo avanti alla difesa dei clinici. Ha sostenuto: i soldi (1 miliardo 212 milioni) dovevano essere versati all'Università; non ci sor.o dubbi sull'appartenenza. Ma il groviglio di leggi ambigue e contraddittorie ha travolto gli imputati, i quali non sono mai riusciti a capirci nulla. Hanno peculato si, ma senza dolo». «Chiedo l'assoluzione di tutti e quattro, anche se, moralmente, il loro comportamento mi disgusta». E la corte, cos'ha deciso? Lo si saprà leggendo, fra qualche mese, la motivazione della sentenza. E' probabile, però, che abbia accolto totalmente la linea del difensori (meritano di essere citati, hanno fatto un « en plein » notevole: gli avvocati Chiusano, Accatino, Zaccone, Gianclaudio Andrete, Altara, Moreno dì San Remo, 1 professori Gallo e Plsapla, di Milano). E cioè: l'articolo 49 deve essere buttato a mare, non conta nulla, perchè risale al '33 e tiene conto di una situazione che, col tempo, è radicalmente mutala. La clinica, sorta come istituto a. ricerca e di studio sugli ammalati, si è trasformata a poco a poco in reparto ospedaliero di cura e d'assistenza. L'aumento della popolazione e l'avvento delle mutue hanno riversato un numero eccezionale di malati negli ospedali, i quali non sono riusciti a recepirli tutti. Si sono rivolti così alle cliniche, per chiedere aiuto. E i direttori di clinica sono diventati primari ospedalieri, a tutti gli effetti. Cosa c'entra, allora, l'Università? I clinici hanno trattenuto quelle somme, e le hanno divise con i loro assistenti, perché erano i soldi che gli appartenevano. Il peculato non esiste. Tra tante titubanze — il dolo c'è, non c'è, la buona fede, la malafede, le leggi confuse, eccetera — la corte ha scelto la strada che ha tagliato via tutte le incertezze. Restano da fare due brevi osservazioni. Primo: con la formula «il fatto non sussiste», i clinici sfugI gono a qualsiasi vertenza civile. L'Università, qualora lo volesse, non potrebbe fargli causa per rientrare in possesso dei denari. Ed è chiaro: di quali denari, se il peculato non c'è mai stato? I colleghi di Dogliotti, Brunetti. Roccia e Midana, invece, quelli cioè assolti in primo grado con la formula «il fatto non costituisce reato per mancanza di dolo», hanno ancora sopra la testa una spada eli Damocle. L'Ateneo e l'ospedale potrebbero pretendere la restituzione delle somme non versate. E' molto diffìcile che ciò accada, ma non impossibile. Secondo: adesso, dopo il tornado dell'inchiesta, la legge De Maria ha stabilito, in modo chiaro, che l'Università deve soltanto gestire i soldi, cioè distribuirli ai clinici. Ma non lo fa. E' quasi un anno che le casse dell'Ateneo ricevono soldi (i clinici non li toccano più, ne hanno un sacro terrore), ma non li ripartiscono. E i clinici stanno per perdere la pazienza, e già meditano di far causp all'Università. Sergio Ronchetti I clinici professori Dogliotti, Midana e Brunetti ascoltano la lettura della sentenza - Caldo abbraccio con l'avvocalo Chiusano, uno dei difensori

Luoghi citati: Milano, San Remo