LE PRIME VISIONI SUGLI SCHERMI CINEMATOGRAFICI

LE PRIME VISIONI SUGLI SCHERMI CINEMATOGRAFICI LE PRIME VISIONI SUGLI SCHERMI CINEMATOGRAFICI Poveracci, belle donne, avventure Due film con Gassman: "C'eravamo tanto amati", di Scola, storia di tre amici accomunati dall'insuccesso, e "Profumo di donna" di Risi, da "Il buio e il miele" di Arpino - "Finché c'è guerra c'è speranza": satira di Sordi sul traffico delle armi C'eravamo tanto amati di Ettore Scola, con Nino Manfredi. Vittorio Gassman. Stefania Sandreìli. Giovanna Raili. Italiano, colore. Cinema Ideal. Il motivo romantico dei destini umani che si adempiono per conto loro in maniera tutta diversa dalla sperata, è trattato con garbo dal regista Scola (e dagli sceneggiatori Age e Scarpelli) in questa storia di tre amici ex partigiani, che dopo aver combattuto e pericolato insieme, si ritrovano tratto tratto, in veste di «civili», nel lungo dopoguerra, e alla fine, ormai cinquantenni, si ritrovano accomunati da uno stesso sentimento d'insuccesso e frustrazione. Il tempo, il crudo tempo che li ha piegati, è l'unico bene di cui hanno fruito. Ma con ciò è anche un film divertente, gettato nel tono popolaresco (e tuttavia sorvegliato) di Dramma della gelosia, con ribattute, ritornelli e scherzi di regìa, che gli danno l'andamento di una ballata. | Antonio è rimasto al palo del portantino d'ospedale: troppo di sinistra per avere potuto spuntare l'ostilità delle cuffie monacali. Nicola, provinciale di Nocera Inferiore, anche lui è un cervello politico, ma con ambizioni di ideologo. Tifoso del cinema impegnato, inteso come leva per sollevare il mondo, lascia la famiglia, viene a Roma, concorre a «Lascia e raddoppia», sbaglia una risposta per l'appunto su Ladri di biciclette del venerato De Sica (alla cui memoria il film è dedicato), dopodiché intenta alla Tivù cause su cause senza togliere un ragno dal buco. E anch'egli si ritrova, dopo tanti sogni, nelle sue vecchie scarpe. Arrivato è invece Gianni; ma arrivato troppo. Dei tre, è il più solo e il più disgraziato. Studioso di legge, si è infognato nella famiglia d'un industrialaccio reazionario, gli ha tolto la direzione degli affari, ne ha sposato senz'amore la figliola (povera creatura che muore in un incidente d'auto), e ora possiede villa con piscina, ma ha l'animo avvelenato di rimorso (per la moglie) e di rimpianto per la graziosa Luciana, un'attricetta fallita (il suo momento d'illusione è quando si gira a Fontana di Trevi La dolce vita con Fellini in petto e persona) ch'era stata amante dei tre amici l'uno dopo l'altro e che ha finito con lo sposare l'onesto Antonio, dando di bianco a tutte le romanticherie. Per un equivoco, quando i tre si rivedono ai nostri giorni, Gianni è scambiato dagli altri due per un poveraccio come loro, per un guardamacchine. Il ricco non li toglie dall'errore, volendo riassaporare un sorso del passato e riconoscere il sapore dell'amicizia. E rivede Luciana e da quella cara vista misura (un po' troppo romanticamente) il proprio fallimento. Scoperto poi l'inganno, i due amici e la donna non fanno drammi, mettono la cosa sul conto dei tanti «bidoni» avuti e non ci pensano più. Film con qualche svolta in troppo ed eccesso di sviluppo, C'eravamo tanto amati, sicuro nel suo tono agrodolce, è finemente concertato tra un Manfredi (Antonio) toccante di umanità, un Gassman (Gianni) intento e scabro, e un Satta Flores (Nicola) umoristicamente ombreggiato. E non aggiungeremo che la Sandreìli (Luciana) è brava, perché brava, come brava è la creta, lo è costituzionalmente. Ma ecco una Ralli (la povera Elida cui tocca anche una punta onirica) che fa dolere del troppo tempo che i produttori le hanno fatto perdere fra i cascami del neorealismo, come figurina dialettale; laddove (come ha già dimostrato ben prima d'ora) è attrice compiuta, e bella anche e fresca, per una giunta che non guasta. Un po' troppo sbardellata la macchietta di Aldo Fabrizi (l'industriale). * * Profumo di donna, di Dino Risi, con Vittorio Gassman, Agostina Belli, Alessandro Momo. Italiano, colore. Cinema Gioiello e Romano. SdnffIspirato al bel romanzo di Giovanni Arpino // buio e il miele (Rizzoli), sceneggiato da Risi e Maccari, Profumo di donna sembra dischiudere al Gassman cinematografico che tutto lo riempie, nuovi personaggi: sulle ceneri del «divo», figure titaniche. Con un'acquisizione di dolcezza, ecco un bel Don Chisciotte. O un ottime Boris. O un torreggiarne Robinson Crusoe. Ma restiamo al sodo. Grande invalido, monco d'un braccio e cieco, il capitano Fausto scende come un lupo da Torino a Genova, a Roma, a Napoli, via ferrata, per compiere in quest'ultima città certa bisogna che medita da un pezzo. Lo accompagna un soldatino in funzione di attendente e appoggio-pilota (il delizioso Alessandro Momo, tragicamente perito). Scende come un lupo avido di vita: perché, se dentro egli si sente una pietra, dispregiatore di Dio e degli uomini, cinico all'osso, np-1 buio chp lo avvolse la fragranza det sensi che gli ri- fragranza det s^cne^n mangono e iper mente riguardo alla femmina che scolpisce a naso. Nella prima parte (cioè fino a Genova o poco oltre). Risi ha sbozzato una felice coppia picaresca, dove i facili aneddoti che si possono costruire intorno a un cieco che non vuole esserlo e alla sua strapazzatissima guida che però non è uno sciocco e acquista via via perizia negli «a parte», non sono invece punto facili, ma tengono della ferocità di quel Fausto, espressa con perfetta mimesi d'orbo e una vampa di violenza interiore che lo imbianca, dall'ottimo protagonista. La pietà dello spettatore, se mai, verte sulla parte interna di lui, sulla sua professata «cattiveria» e fossilizzazione. Risi non è regista da la- ! sciarsi scappare il destro di divertire il pubblico: quel viaggio è più che colorito e tuttavia afferrato al tema. Nel miele di Napoli, o ci sba- gliamo, il protagonista sem- bra un tantino scaricato; tra- fela delle troppe che ne ha combinate a danno di osti viaggiatori, prostitute e del povero soldatino Ciccio, la sua vittima fissa. Ma è appena una di quelle cesure inevitabili in un film costruito a serpente. In realtà il bello comincia ora. E' colà un'anima buona, la giovane Sara, che innamorata del capitano quando ancora ci vedeva, continua ad amarlo più che mai, e non chiederebbe che di diventare il suo bordone fiorito di tenerezza. Figuriamoci se la cosa è possibile con quel caratteraccio, che non è tanto cieco alla luce quanto vuole esserlo alla dialettica o trappola dei «sentimenti». A Napoli Fausto c'è venuto per incontrare un amico commilitone invalido come lui e portare a termine un vecchio piano: facendosi spalle, uccidersi insieme. Nello sciame di forosette che sculettano intorno ai due imminenti suicidi, Sara soltanto (inutilmente amata da Ciccio) tiene una ■ nota grave, quasi sacra. Ella sente sull'amato la morte ed | è pronta a intervenire. Avviene che l'amico, più mollacelo ■ ne- almeno a sparare ce la fa, ' ma si ferisce soltanto: dove il terrjbile Faust0 ne h „ ■ I coraggio e vergognosamente sopravvive, più irato, più bestiale di prima. Manda via Ciccio, che ha finito la licen- za; farà da sé. Ruzzola invece al primo inciampo, e allora invoca Sara (qui il film s'adempie), che subito accorre, lo rialza, lo accompagna per sempre verso una linea d'orizzonte vagamente chapliniana. L'orgoglio dell'uomo si è spetrato, e la condizione del cieco, che già per slancio vitale non fu mai triste, ora è addi¬ rittura lieta, canta la felicità della vita divisa con quelli che ci vogliono bene. Stesa natalizia indulgenza su qual- che traballone, un film non soltanto vivace, ma spesso vivo, commosso; e una bellissima prova d'interprete. Leo Pestelli j Finché c'è guerra c'è spc rama, di Alberto Sordi, con Alberto Sordi, Silvia Monti, Alessandro Cutolo. Italiano a colori .Cinema Lux. (p.p.) // personaggio di ! italiano meschino e arrivista ideato da Alberto Sordi marcia dritto in avanti. Non cattivo c non vigliacco, mosso però alternativamente dalla paura e dal guadagno. Questo signore si è adeguato ai tempi. Se negli Anni 50 prosperava tra i vitelloni di provincia e nel sottobosco dell'industria cinematografica, negli Anni 60 chiede al boom economico una fetta di benessere e un'avventura esotica. Eccolo dunque smettere i paiini di maestro dì Vigevano per Quelli alla moda di Fumo di Londra, ed eccolo oggi farsi largo in un mondo che sembra rinchiudersi in se stesso solo per scattare e sbranare, meglio gli sprovveduti come lui. Alberto Sordi regista presta ad Alberto Sordi i connotati di un tipo interessante, il mercante in armi da guerra. Questo Pietro Chiocca è insensibile ai travagli sociali, alle differenze tra rivoluzioni e controrivoluzioni; gli basta piazzare la sua merce come farebbe un qualsiasi suo collega specializzato in pompe idrauliche (come . i anch'egli era una voltaj. Luo: ; go di azione di Chiocca è i preferibilmente il Terzo Mondo, dove si muovono altri ' disgraziati come lui presi in j »" ingranaggio mostruoso. Nella parte centrale — la migliore del film — si dimostra che la società dei consumi, sotto forma dei capricci della moglie e dei figli, ha tolto ogni autonomia finanziaria e morale al mite signor Chiocca. Per pagare debiti e affrontare spese, deve passare sopra ogni ideale. Così, è il solo a non scan- ; dalizzarsi per un servizio | giornalistico in prima pagi ! na che lo dipìnge come viag I giatore della morte. Familia n j ri e amici, che fanno i risen titi. sono in fondo peggiori di lui perché ipocriti. Ai suoi Chiocca pone un ultimatum. E' stanco, lo attendono al- l'aeroporto per altri viaggi e altre consegne. Se i suoi sono disposti a rinunciare al benessere, non lo chiamino fino al mattino successivo: tornerà con sollievo alle pompe idrauliche. Naturalmente mezz'ora dopo viene svegliato con rudezza. Sordi dipinge senza mezzi termini e con qualche faci¬ loneria il contrasto tra l'indifferenza del mercante e le sofferenze dei popoli colonizzali. Cerca di avere una credibilità agli occhi del pubblico. Quando l'ha ottenuta, se ne libera con lo sberleffo finale. Nei limiti consentiti dal grande spettacolo, Sordi diverte e. a tratti, ammaestra. ! ■ ■ nStefania Sandreìli, interprete sdi « C'eravamo tanto amati » | è