Il "fuorigioco,, non è suicidio

Il "fuorigioco,, non è suicidio Il "fuorigioco,, non è suicidio Appena il tempo (la scorsa settimana. In questa rubrica) di sottolineare il nuovo ruolo alla Jongbloed di Carmignani, di ricordare che la tattica del fuori gioco « richiede la partecipazione intelligente di tutti i difensori », ed ecco la Juventus giocare a tennis sull'erba meglio degli australiani, e rifilare un abbastanza secco 6-2 agli uomini di Vinicio. Tutto da rifare, quindi, ma soprattutto per il Napoli: la tattica del fuori gioco — che pure comporta rischi grossissimi come del resto era stato da più parti sottolineato — non è precisamente quel goffo e maldestro tentativo tattico applicato dai difensori azzurri contro i bianconeri. Lo stesso Ajax definito chissà perché « distrutto » (forse per sminuire il passaggio del turno degli atleti di Boni perti) applicando In modo più corretto lo schema o'e//'offside ha subito due reti dai torinesi in due partite, una mentre si trovava in inferiorità numerica per l'incidente a Blankenburg (k.o. nell'andata per la staltilata di Anastasi) e la seconda su penalty. Dunque, prima di gettare nel ridicolo un tipo di sistema difensivo occorre guardare un po' a fondo. Dalle squadre ungheresi di venti anni la a quelle olandesi di oggi, mai nessuno ha interpretato la tattica del fuori gioco con la faciloneria del Napoli visto (per la prima volta) a Fuorigrotta. Quella della difesa in linea è una situazione che non la si può accettare, o addirittura cercare, sempre. E' sfruttabile solo in determinati momenti. Facciamo un passo indietro, consideriamo l'Ajax vero, quello di Cruyff. di Neeskens, di Hulsholf pre-menisco. La squadra se attaccata, mandava Hulsohlf sul centravanti e faceva compiere a Blankenburg i passi indietro necessari per tarlo di¬ ventare un vero libero all'italiana, ovvero spazzatutto. La dilesa si disponeva in linea (mandando avanti Hulshoff o alternativamente lo stesso Blankenburg) quando entrava in possesso della palla e comandava il gioco; la tattica dell'oflside era attuata quando gli avversari erano pressati, quando la retroguardia dell'Ajax poteva spingersi sulla metà campo. Duali le differenze? Le ha esperimentate la Juve nella finale di Coppa a Belgrado: nelle poche occasioni In cui gli avanti bianconeri (due volte Altafini, ci par di ricordare, e nient'altro) riuscirono a sorprendere gli avversari con il viatico di Gugulnvic, si trovarono con trenta metri di campo libero davanti, ma in quei trenta metri Blankenburg con il suo scatto riagganciò l'avversario. Magari lo stese con un «utile fallo» prima dell'area, ma comunque II pericolo venne contenuto nei limiti minimi. Il Napoli usa il fuori gioco come arma di dilesa anche dieci metri davanti la propria area: se un avversario va via sul tempo, in quella frazione di secondo che può determinare o meno l'oltside, sono guai seri. Ed inoltre gli elementi della retroguardia partenopea hanno dimostrato una lentezza clamorosa nei movimenti, una incapacità di scatto sorprendente. Se è frutto della fatica in Coppa a Ostrava... ulteriori elogi a Parola visto che i suoi non hanno minimamente accusato Amsterdam. Se si tratta di un errore tattico di Vinicio, allora le responsabilità del tecnico sono gravi. Merita precisare ulteriormente che, tenendo conto della vena dei bianconeri, la tattica del fuori gioco (pur conservando rischi che la rendono sconsigliabile) non è la stolida manovra difensiva attuata dal Napoli domenica scorsa.

Persone citate: Altafini, Anastasi, Carmignani, Cruyff, Neeskens, Parola

Luoghi citati: Amsterdam, Belgrado, Blankenburg, Ostrava