Il presidente sul divano di Stefano Reggiani

Il presidente sul divano FANTACRONACHE Il presidente sul divano I rapporti tra psicoanalisi e politica non sono mai stati stretti. I politici temono di guarire dai loro vizi, gli analisti di far cadere i governi. Eppure la durezza dei tempi e la crisi delle istituzioni costringeranno le due parti a un'alleanza. E' vero che durante la sua recente visita a Roma il grande psicoanalista Lacan ha incontralo l'onorevole Moro, in procinto di diventare presidente? Che cosa si sono detti? Non si sa nulla di ufficiale, ma alcune indiscrezioni della scuola neofreudiana permettono di ricostruire, con qualche approssimazione, la scena. Lacan sta seduto solennemente contro la finestra, col taccuino in mano e un riverbero di sole negli occhiali. Moro è sdraiato sul divano in modo molto abbandonato, spunta soltanto una ciocca candida dal bracciolo, il resto si confonde col velluto verdone dell'imbottitura. Lacan (rapido) : « Lei conosce la tecnica dell'associazione. Deve dire le prime parole che le vengono in mente, senza riflettere sul loro nesso. Per aiutarla dirò io la prima parola della catena. Moro (in un sospiro). «Sta bene ». Lacan: « Ecco la prima parola. Fanfani ». Moro (tace accuratamente. Nel silenzio si ode una pendola battere le undici). Lacan (innervosito) : « Se lei non collabora, non potrò mai guarirla. Ricominciamo: amore ». Moro (alla rinfusa) : «Puglia, Tavoliere, diritto penale, famiglia, chiesa, moglie, Fiera del Levante, barbiere, stile, rilassatezza, crisi economica, Lollobrigida, Montedison ». Lacan (prendendo nota) : « Basta, è sufficiente. Adesso deve dirmi una serie di parole astratte, come convergenza, strategia, attenzione... Continui ». Moto (felice) : « Organizzazione, determinazione, correlazione, interazione, funzione, sviluppo, trend, burocratizzazione, parallelismo, eurocentrismo, bipolarità, interscambio, evangelizzazione, prudentismo, temporeggiamento, riformismo, destreggiamento, democraticismo...». Lacan (soddisfatto) : « Mi pare che andiamo bene. Adesso passiamo alla seconda parte che nella terapia freudiana tocca ai sogni. Mi racconti nei dettagli l'ultimo sogno che ha fatto ». Moro: «Sogni o incubi?». Lacan: « Non parlo di quanto accade nella realtà, ma durante il sonno ». Moro: « Mi trovavo davanti a una casa. No, non era una casa, ma una piccola villetta con le ringhiere dei balconi in ferro battuto. Ero nel giardinetto davanti all'ingresso, ma non mi lasciavano entrare. Non so chi, forse il custode, che avevo in¬ travisto sotto un faggio intento a dipingere ». Lacan: «Mi descriva il custode ». Moro: « Era piccolo, pelato. Altro non saprei, perché lo vedevo di spalle. Ad un certo punto, la porta del balcone si apre e ne esce una musichimi eccitante ». Lacan: «Eccitante in che senso? ». Moro: « Non so, forse la vecchia canzone "Vipera". Fatto sta che, insieme con la musichino, dal balcone esce una gamba... ». Lacan (impulsivo) : « Una gamba? Oh bella ». (Scrive velocemente). Moro: « Una gamba di donna chiusa in uno stivaletto. La gamba fa alcune movenze come di cari can, poi una mano (di chi?) apre con mossa esperta lo zip e fa volare lo stivaletto oltre il balcone. Io un poco esito, poi raccolgo lo stivaletto e lo accarezzo in modo distratto. In quel momento il custode mi scaccia, aizzandomi contro una muta di cani ». Il paziente appare visibilmente provato dal racconto. Segue un denso silenzio, durante il quale Lacan raccoglie febbrilmente le sue carte e consulta i suoi taccuini. Alla fine lo psicoanalista parla con inconsueta chiarezza. Lacan: « Il caso è abbastanza semplice. Tralasciamo le immagini e i simboli che anche lei ha bene interpretato: la casa democristiana come grembo materno, il custode come segno fallico, la Montedison come femmina dispehsatrice. Veniamo alla sostanza della sua nevrosi. Il suo problema è questo: lei ha le idee chiarissime sulla situazione dell'Italia (lo stivaletto) ma cerca di rimuovere tale coscienza attraverso l'uso delle parole astratte. Il giuoco le riesce sempre più difficilmente, tanto che alla fine è costretto a raccogliere lo stivaletto e ad accarezzarlo. La sensualità supera la razionalità ». Il paziente alza il capo inquieto e guarda l'analista, con l'apprensione di chi chiede un consiglio. Lacan prosegue: «Non solo. Lei soffre di una crisi di identità. Lei crede di essere l'onorevole Moro, ma nello stesso tempo teme di non esserlo. Le crìtiche delle opposizioni, sempre appuntate sul suo modo di parlare, l'hanno portata a uno stalo di angoscia circa il suo nome e la sua persona... ». Moro: « Ma allora, chi sono realmente? ». Lacan: « La terapia sta nella risposta a questa domanda. Ed io le dico serenamente: lei è l'onorevole Moro, deve esserne convinto. Se qualche volta le vengono dei dubbi mi telefoni, e soprattutto coltivi questo pensiero: "Può darsi che io non sia l'onorevole Moro, ma la mia presunzione di esserlo è forse il male minore" ». Il presidente si alzò, pagò e uscì. Quella sera alle trattative lo videro un poco rinfrancato. Stefano Reggiani

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