Jerry Lewis con la Juve

Jerry Lewis con la Juve TELEVISIONE Jerry Lewis con la Juve Scelta tra la partita di Amsterdam e il film « Tre sul divano » Ieri sera, calcio. Il calcio in diretta. Partita internazionale. La squadra italiana era la Juventus... Basta. Non c'è più niente da dire. Di fronte ad un avvenimento simile, il cronista non può che annotare, al critico non resta che ritirarsi. Tutt'al più ci si potrebbe chiedere Quale sia stata, presumibilmente, la consistenza del pubblico sul secondo canale. Un certo pubblico ci dev'essere stato perché va bene che siamo un popolo di santi, navigatori, poeti, canzonettari e tifosi, ma esistono pure dei non tifosi, gente insensibile cui le trasferte della Juventus non dicono assolutamente nulla. A questa gente la tv lia offerto un film diretto e in terpretato da Jerry Lewis, Tre sul divano. Quando usci, nel 1966, leggemmo in un foglio dì provincia, di tendenze edificanti e pie, una violenta critica al titolo accusato di essere indecente, volgare e di suggerire immagini oscene e conturbanti. In effetti Tre sul divano non è la storia di un terzetto, ma assai più castamente è una farsa in cui si sfotte una delle tipiche manie americane, la psicanalisi. Jerry Lewis nei momenti migliori della diseguale pellicola ha modo di scatenarsi e ottiene effetti comici notevoli. Però non c'è niente da fare: scommettiamo qualsiasi cosa che entro quarantott'ore riceveremo lettere contenenti indignate proteste, e frasi come « Io, Jerry Lewis, non l'ho mai potuto sopportare » o « E' troppo cretino, andrà bene per gli americani, non per noi » o « Sarà il doppiaggio balordo, sarà la traduzione impossibile delle battute originali, ma io non sono mai riuscito non dico a ridere ma nemmeno a sorridere ». Lasciano lì Jerry Lewis, che pure di qualche merito, a nostro sommesso avviso, non è sprovvisto, e facciamo un passo indietro, a martedì, al congedo di Giallo vero di Enzo Biagi. Giallo vero, che ha rievocato parecchi truci enigmi di marca estera, per il finale s'è rivolto in Italia dove gli enigmi angosciosi e macchia- ti di sangue non fanno difet- to. Non c'è che l'imbarazzo della scelta, a cominciare dalla morte, per caduta da finestra di questura, dell'anarchico Pinelli. Biagi ha scelto la sparizione del giornalista palermitano Mauro De Mauro. Caso, per altri versi, tremendo anche questo. De Mauro fu prelevato la sera del 17 settembre 1970, e da allora non se n'è saputo più niente. Biagi ha intervistato a lungo la figlia, alcuni prudenti parlamentari, alcuni colleghi. Un colpo della mafia, di sicuro. ma per quale motivo non sisa- legami con la morte di Mattei, o droga, o trame TLSVC" La trasmissione, che è sta- ta anche, in sostanza, un omaggio al giornalismo esercitalo in condizioni e in ambienti particolarmente difficili (il coraggioso quotidiano palermitano « L'ora » ne è un esempio: tre. fra redattori e corrispondenti, uccisi o scomparsi in breve tempo), non ha potuto rispondere a nessuna domanda, risolvere nessun enigma, ovviamente. Ma ha avuto il merito, come le altre inchieste, dì riproporre con chiarezza, incisività e una suspense che non era costruita ma che derivava dai fatti, episodi profondamente inquietanti, « casi » ancora aperti che — come questo di De Mauro — non devono essere dimenticati. u. bz.

Luoghi citati: Amsterdam, Italia