Chi diede in ritardo l'allarme per i cospiratori in Viminale?

Chi diede in ritardo l'allarme per i cospiratori in Viminale? Un vuoto di quasi due ore nell'inchiesta Chi diede in ritardo l'allarme per i cospiratori in Viminale? A mezzanotte una telefonata avvertì Miceli, allora capo del Sid, di quanto accadeva - La questura fu informata dell'episodio solamente dopo le due di notte: intervenne, ma tutto era già tornato normale Roma, 9 dicembre. C'è un vuoto di quasi due ore nell'inchiesta sul golpe di Valerio Borghese del 7-8 dicembre 1970. Ed è Vito Miceli che deve darne ragione, se può. L'ex capo del Sid, fatto arrestare dal giudice istruttore Giovanni Tamburino, è ora in ospedale a Padova, fuori della portata dei giudici romani. Ma un suo nuovo interrogatorio viene giudicato piuttosto urgente a palazzo di Giustizia. E a questo punto non è possibile escludere un viaggio dei magistrati romani a Padova. Vito Miceli nella notte del golpe fu avvisato di quanto stava avvenendo. Gli arrivò una telefonata poco dopo mezzanotte. Che cosa fece? A chi trasmise l'allarme? Il capo dell'ufficio politico della questura di Roma (allora era Bonaventura Provenza) lo seppe soltanto dopo le due di notte. A quell'ora Valerio Borghese aveva già dato il contrordine ai complici. Quando gli uomini della questura di Roma arrivarono al Viminale non trovarono nulla di anormale. Fino a poco prima, invece, l'armeria era occupata dai golpisti. La ragione di tanto ritardo non è mai stata chiarita, anche perché fino a qualche mese fa il Sid negava che ci fosse j stato il tentativo di golpe. Le accuse che Giovanni Tamburino ha mosso a Vito Miceli hanno spinto i giudici romani a guardare con occhio più critico (e sospettoso) al ritardo con il quale l'ex capo del Sid gettò l'allarme quella notte. Se Tamburino avesse avuto ragione nel momento in cui ha firmato il mandato di cattura, tutta l'attività del generale andrebbe vista sotto una nuova luce. I giudici romani hanno sempre guardato al Sid con una certa fiducia. Si sono limitati a consegnare a Miceli un indizio di reato, hanno dato l'impressione di prendere per oro colato le dichiarazioni fatte da altri uomini dei servizi segreti. Ma ora questo atteggiamento sta cambiando. Molti dubbi, ad esempio, pesano su Torquato Nicoli, uno degli informatori del Sid. E c'è il sospetto che anche l'avvocato Maurizio Degli Innocenti (l'ultimo «su¬ pertestimone») sia in qualche modo legato ai servizi segreti. Nicoli e forse anche Degli Innocenti avrebbero avuto un ruolo non indifferente nel tentativo di golpe del 1970. Se è così, ci si possono aspettare a breve scadenza altri mandati di cattura. Degli Innocenti, Nicoli, con il capitano del Sid Antonio La Bruna e il colonnello (sempre Sid) Ettore Romagnoli erano presenti alla confessione di Remo Orlandini, che fu uno dei principali collaboratori di Valerio Borghese. Ma non fu questa l'unica volta che si incontrarono. Si sarebbero visti anche ai primi di giugno scorso in un appartamento romano preso in affitto dal Sid. Lo stesso alloggio dal quale uscì una giovane per fare una strana telefonata che è stata poi messa in relazione con l'attentato al treno Italicus. Per vedere chiaro in questa ' to di Vicari. vicenda sempre più ingarbugliata i giudici hanno deciso di ascoltare una serie di personaggi che nel 1970 avevano importanti incarichi: Angelo Vicari, capo della polizia (ora in pensione), Giuseppe Parlato, questore di Roma (ora vicecapo della polizia), Rolando Ricci, capo di gabinet- Anche nella vicenda delle « spie telefoniche » vi sono uomini che hanno lavorato per i servizi segreti. Ad esempio, Alessandro Micheli, prima maresciallo dei carabinieri (e uomo del Sid), poi agente investigativo privato, con sede a Padova, accanto alla liberia di Franco Freda. Micheli potrebbe dire molte co se interessanti, secondo indicazioni arrivate a palazzo di Giustizia. E' sparito dal marzo dello scorso anno, ma ora l'Interpol lo ha ritrovato: è in Svizzera con la famiglia. Andrea Barberi

Luoghi citati: Padova, Roma, Svizzera, Vicari