Un nuovo codice?

Un nuovo codice? Rimedi per la giustizia Un nuovo codice? Non bastano buone norme per risolvere i problemi dell'ordinamento giudiziario - Occorre anche riordinare gli uffici Nell'espone alle Camere il programma del suo governo, il presidente Moro ha indicato tra i vari provvedimenti che intende portare a compimento l'emanazione del nuovo codice di procedura penale. Benissimo. Se ne sente un gran bisogno, soprattutto dopo le ultime leggine che hanno ancor più appesantito gli attuali meccanismi processuali. La Commissione per l'apprestamento del nuovo codice è già al lavoro da qualche tempo. Anzi, le Commissioni sono due. Il compito non è agevole; ma, come si vede, l'impegno non manca. Sarebbe, tuttavia, un'autentica illusione credere che basti un buon codice di procedura penale per offrire automatica soluzione ai molti e gravi problemi che assillano l'amministrazione della giustizia penale nel nostro Paese. Senza adeguate innovazioni strutturali ed organizzative, anche il più splendido dei codici correrebbe il rischio di rimanere lettera morta, cadendo per così dire nel vuoto. Purtroppo, la delega per la riforma del processo penale non contiene nessun punto concernente la ristrutturazione e il riordinamento degli uffici giudiziari, a differenza di quanto assai opportunamente e coraggiosamente il Parlamento si era indotto a fare nell'estate del 1973, allorché aveva dato il via al nuovo processo del lavoro. . Bisognerà, dunque, prepararsi a colmare la lacuna in tempo utile, anche perché proprio l'esperienza, per tanti versi positiva, delle nuove controversie di lavoro ha dimostrato che gli aggiornamenti di carattere organizzativo sono sempre i più difficili e lenti da realizzare. Le resistenze, le vischiosità, le abitudini del passato trovano, in questo settore retrostante ma basilare (i codici sono la facciata dell'edificio, l'organizzazione giudiziaria ne è la struttura portante), il terreno più proficuo per rallentare l'attuazione delle riforme veramente innovatrici. Un contributo determinante all'analisi dei suddetti fenomeni l'ha fornito il Convegno svoltosi a Torino con il preciso scopo di tracciare, come è già stato illustrato su queste colonne da Gino Giugni, una sorta di consuntivo spregiudicato e realistico del processo del lavoro di nuovo tipo al termine del suo primo anno di vita. Il gruppo di studio incaricato di esaminare i problemi dell'organizzazione giudiziaria è giunto, come ha riferito il giudice Borre, all'amara conclusione che « almeno per l'Italia centro-meridionale, il quadro è preoccupante, tanto da far ritenere che la riforma sia seriamente in pericolo ». Da un lato, vi sono gli inconvenienti di sempre: troppi uffici inutili, cattiva distribuzione territoriale delle sedi, assenza di seri e generalizzati parametri di rendimento dei magistrati (i rapporti tra ufficio e carico lavorativo sono così variabili da rendere privi di significato gli indici di rendimento professionale), e, per finire, una « incredibile insufficienza delle attrezzature », che costringe la maggior parte dei giudici ad operare come « pro¬ duttori a domicilio dei testi contenenti la motivazione delle sentenze » anziché come « protagonisti della vita del rispettivo ufficio giudiziario ». Dall'altro lato, vi sono gli inconvenienti di matrice più recente, dovuti cioè ad un non puntuale adeguamento alle nuove esigenze. Essi sono essenzialmente di due tipi: il primo, addebitabile al legislatore, discende dalla mancata revisione dei rapporti tra giudici dei tribunali e giudici delle preture (in materia civile le competenze di queste ultime si sono fortemente accresciute); il secondo, addebitabile ad organi diversi da quelli legislativi, deriva dall'incompletissima realizzazione delle disposizioni di carattere organizzativo inserite a completamento della legge che ha riformato il processo del lavoro. Le lacune e, quindi, le carenze sul piano della legalità costituzionale sono molteplici: l'aumento dell'organico dei magistrati (300 unità) è rimasto sulla carta; i concorsi per l'aumento degli organici dei cancellieri e dei coadiutori giudiziari sono lungi dall'essere ultimati; non si conosce se e come siano stati distribuiti gli stanziamenti straordinari di bilancio, pari a 1750 milioni di lire. Risulta addirittura che spesso non sono state nemmeno rispettate le regole concernenti la distribuzione interna del personale già disponibile. Così il rapporto tra il numero dei cancellieri e coadiutori destinati ai magistrati del lavoro e il numero di quelli destinati agli altri magistrati è stalo quasi sempre violato a scapito dei primi. Ancor più grave, anche se meno frequente, l'inosservanza della norma che, per eliminare l'arretrato, ha imposto di destinare « almeno un terzo » dei magistrati incaricati della trattazione degli affari civili alla esclusiva trattazione delle controversie di lavoro, e ciò sino a quando non saranno stati decisi tutti i processi di lavoro pendenti in primo grado al momento dell'entrata in vigore della nuova legge. Poiché, ovviamente, una ripartizione del genere presuppone l'esistenza di più sezioni, è talora accaduto che, per eludere il predetto obbligo della destinazione minima di un terzo dei magistrati alla sezione lavoro, sono state frettolosamente sciolte le sezioni preesistenti! Intanto, cominciano a profilarsi all'orizzonte i problemi di domani. Ultimate le vecchie cause, la composizione delle sezioni lavoro correrà il rischio di subire riduzioni. Sarà bene sostenere fin d'ora la necessità che, per quanto riguarda le sezioni di pretura, siano mantenuti fermi gli attuali organici: per fronteggiare i tempi brevi voluti dal legislatore ci vuole un numero adegualo di giudici. Invece, per le sezioni lavoro del tribunale, restando affidata ad esse la sola competenza in grado d'appello, si potrà addivenire ad un'opportuna contrazione. Oltretutto, nei processi di lavoro gli appelli stanno calando di numero, il che è un buon sintomo di successo per il procedimento di primo grado, almeno là dove vien fatto funzionare. Giovanni Conso

Persone citate: Borre, Gino Giugni, Giovanni Conso

Luoghi citati: Italia, Torino