Golpe Borghese: i telefoni-spia erano al servizio dei cospiratori di Fabrizio Carbone
Golpe Borghese: i telefoni-spia erano al servizio dei cospiratori Ripresa a Roma l'inchiesta sulle intercettazioni Golpe Borghese: i telefoni-spia erano al servizio dei cospiratori Interrogato il questore di Como, che fu capo della Criminalpol all'epoca delle indagini a Milano - Mandati di comparizione per cinquanta indiziati, primo fra tutti: Tom Ponzi Roma. 7 dicembre. Ha ripreso slancio, dopo un anno e mezzo di letargo, l'inchiesta sulle intercettazioni telefoniche. Oggi, a Piazzale Clodio, non si fa mistero dei collegamenti che questa inchiesta avrebbe con quelle «nere». Un filo (telefonico) collegava i centri dell'eversione fra loro e serviva a controllare le mosse dei personaggi più in vista (politici, sindacalisti, magistrati) in attesa del colpo di Stato. L'inchiesta è ripartita oggi con l'interrogatorio, in veste di testimone, del questore di Como, Mario Nardone. E' il primo di una serie di atti giudiziari che il pubblico ministero, Domenico Sica, ha chiesto al giudice istruttore, Giuseppe Pizzuti. Dopo cinque ore Nardone ha lasciato il tribunale e non ha fatto dichiarazioni: i magistrati sono apparsi visibilmente soddisfatti. Quando Mario Nardone era capo della Criminalpol di Milano ebbe alle sue dipendenze Walter Beneforti, incriminato poi per intercettazioni telefoniche illegali. Nardone deve aver fornito alla magistratura tutte le spiegazioni che poteva dare sull'attività del suo vice (Beneforti era stato commissario capo). Sono stati emessi nuovi mandati di comparizione per la maggioranza degli imputati coinvolti nella indagine: primo tra i cinquanta indiziati, il super-investigatore privato Tom Ponzi. Vale la pena di ricordare che in Svizzera la magistratura locale tiene sotto sequestro casse di nastri registrati, di proprietà di Tom Ponzi. Poco prima di essere arrestato la prima volta, il detective era riuscito a far partire tutto il materiale scottante per Lugano. Tra questo materiale vi dovrebbe essere la prova concreta dei collegamenti fra le «telespie» e i personaggi coinvolti nei tentativi di eversione fascista contro la Repubblica. Per arrivare a queste casse si dovranno superare difficoltà procedurali. In Svizzera l'intercettazione telefonica non è reato. Il magistrato elvetico potrebbe quindi respingere la richiesta di r i e r a e a a e i » i ii i « est radiatone » delle bobine e riconsegnarle solamente al signor Tom Ponzi. In base a queste indagini anche per quanto riguarda le intercettazioni non si escludono novità per la prossima settimana. Quest'indagine cominciò a Roma nell'autunno del '72. Dopo una serie di accertamenti, il pretore Luciano Infelisi incriminò, con mandato di arresto, Ponzi, Beneforti, l'esperto in elettronica Bruno Mattioli e l'ex maresciallo del Sid, Alessandro Micheli. Per competenza (in quanto il reato previsto era superiore ai tre anni) l'indagine passò dalla pretura alla procura. Fu presa in mano da Domenico Sica, il quale convalidò i mandati d'arresto, emettendo altrettanti ordini di cattura. Nello stesso momento prese avvio a Milano la stessa indagine; la procura incriminò numerose altre persone. Sorse il conflitto di competenza. Lo risolse nel luglio del '73 la corte di Cassazione, assegnando tutte le istruttorie a Roma. Emerse dalle prime indagini che le spie telefoniche avevano creato una gigantesca rete d'ascolto « sul filo » (tra Milano, Roma e altre città) per ascoltare le conversazioni private di uomini politici, sindacalisti, finanzieri, esponenti delle forze armate, magistrati e giornalisti. Tom Ponzi, come s'è detto, fece in tempo a spedire a Lugano i nastri più importanti. Poi fu arrestato; passò in clinica, sostenendo di soffrire di diabete e finì con l'essere scarcerato. L'inchiesta restò bloccata per 18 mesi. Oggi riparte perché proprio dalle indagini sulle « trame nere » sono emersi contatti di estremo interesse. Gli indiziati di allora dovrebbero sapere molte cose a proposito degli episodi più raccapriccianti della strategia della tensione a partire, lo si dice con insistenza, dalla strage di piazza Fontana. L'inchiesta sul « golpe Borghese » ha intanto segnato oggi un punto importante: è a verbale la lista completa e definitiva dei partecipanti al tentativo eversivo del 7 dicembre 1970. L'ha fornita ai magistrati Torquato Nicoli, l'odontotecnico spezzino informatore del Sid. Nicoli, interrogato per ore, ha spiegato di essere arrivato il 7 dicembre del '70 a Roma. Credeva che vi sarebbe stata una manifestazione di protesta per la visita del maresciallo Tito e, come rappresentante del « Fronte nazionale », era sceso nella capitale. Si trovò invece di fronte allo stato maggiore dei « golpisti », pronti a far scattare l'operazione: partì l'ordine per far muovere le guardie forestali di Cittaducale e quello per l'occupazione del Viminale. Così Nicoli si rese conto di quanto stava per accadere. Ai giudici, l'ex informatore Sid ha fornito l'elenco dei presenti alla riunione cruciale. Finora la lista non era mai stata completata. Non si escludono, dopo queste ennesime rivelazioni, provvedimenti giudiziari per i prossimi giorni. Fabrizio Carbone Tom Ponzi (Publifoto)
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