Malipiero, fantasia e sogno di Massimo Mila

Malipiero, fantasia e sogno "I capricci di Callot,, in scena al Teatro Regio Malipiero, fantasia e sogno L'opera esprime tutto il nero pessimismo del compositore - Una ottima esecuzione, diretta da Nino Sanzogno, con la regìa di Sandro Sequi ■ Interpreti principali Fedora Barbieri e Mirto Picchi, Gianna Amato e Carlo Bini, coreografie di Susanna Egri Dopo la parentesi delle opere dedotte da classici teatrali (Shakespeare e Calde- tirimrón), I capricci di Calìot. se- agnano, nel 1942, il ritorno di Malipiero ai suoi temi prediletti d'ispirazione fantastica, dove la realtà della vita è schivata, anzi, dispettosamente negata. Scrivere un'opera, per Malipiero, voleva dire fabbricarsi un mondo totalmente diverso da quello in cui ci tocca vivere, per il quale egli sentiva immenso fastidio e disprezzo. Rifugiarsi in un mondo dove la fantasia fosse regina, e la noiosa, seccantissima ragione fosse spodestata. Se è vero che l'irrazionalismo è una delle correnti e delle forze che dominano il nostro tempo, ebbene, Malipiero ne è stato il maggiore, forse l'unico esponente musicale. Non c'è barba d'espressionista tedesco o nordico che possa stargli a paro in questo rifiuto del realismo razionalistico: Schoenberg e Berg sembrano, al suo confronto, dei veristi sfacciati, e il purissimo Webern fa figura d'un raziocinante calcolatore. Per questo la musica di Malipiero vive: continuerà a vivere e a indispettire la gente per molto tempo, per la totalità con la quale aderisce a uno dei caratteri più temibili e più preoccupanti della nostra epoca Nei Capricci di Callot il clima prediletto il compositore lo attinge da quel principe del racconto fantastico che fu il musicista e novelliere romantico E. T. A. Hoffmann, e precisamente dal racconto La principessa Brambilla, che reca il sottotitolo: «Capriccio sulle Maschere di Jacopo Callot», ed è infatti una -specie d'interpretazione ideale della serie di disegni I balli di Sfessania del secentesco artista francese, altro campione della più sfrenata fantasia. (Una sontuosa edizione torinese della Principessa Brambilla, con la riproduzione accuratissima delle tavole di Callot, si può vedere opportunamente esposta in una delle bacheche nel foyer del teatro). E' dunque attraverso un doppio ordine di relazioni culturali che Malipiero perviene alla concezione di questa che si potrebbe definire una contro-opera, se si pone mente al deliberato disprezzo di tutte le convenienze teatrali, e di quella strategia dell'effetto in cui gli operisti italiani, grandi e piccini, sono sempre stati maestri. Niente è più lontano dalle intenzioni di Malipiero che divertire la gente, oppure impressionarla, colpirla con la rappresentazione della vita nei suoi casi più sensazionali e altisonanti. Per Malipiero scrivere un'opera vuol dire raccontare a se stesso una cantafavola che gli permetta di evadere da questa vita e da questo nostro mondo per inoltrarsi nella regione del sogno: in questa scelta c'è tutto il suo sarcastico e nero pessimismo; di qui la malinconia profonda, anzi, la pena segreta che sta sotto, come un pedale incrollabile, a tutte le apparenze espressive, talvolta anche gaie e luminose, che l'opera attraversa. Un ultimo particolare costituisce l'originalità dei Capricci di Callot rispetto ad altre opere di Malipiero, come quel capolavoro assoluto che è il Torneo notturno. Nei Capricci il rifiuto della razionalità si accompagna a una vena di affetto e di pietà per le creature, che costituisce l'altra vena, quella goldoniana, dell'arte di Malipiero. Anche se l'azione si svolge a Roma (e nel second'atto Malipiero tenta, con molta misura e con scarsa convinzione, il suo carnaval romain), la piccola vicenda della sognante sartina Giacinta, che non resiste alla tentazione di indossare un meraviglioso abito confezionato per chissà quale principessa, del suo innamorato Giglio, squattrinato attore da strapazzo, e della linguacciuta serva Beatrice, vrilasePtechLmsfMpoTrebbé"stare""in una" coni-1 media di Goldoni. La com- ! media e il fantastico, i due | poli dell'arte di Malipiero si ! affiancano lungo i tre brevi; atti dell'opera, in una convi- ! venza talvolta difficile. I L'ottima esecuzione del Regio riprendeva quella scaligera d'alcuni anni or sono, con qualche miglioramento nella compagnia vocale, perché il | soprano Gianna Amato e il tenore Carlo Bini riescono bravamente a non sfigurare di fronte a quei diabolici veterani, il contralto Fedora Barbier e il tenore Mirto Picchi, che nell'esecuzione milanese spadroneggiavano senza rivali, e anche qui continuano a far faville, tetragoni all'età. I baritoni Giancarlo Montanaro e Teodoro Rovetta completano la compagnia in maniera abbastanza soddisfacente. Direttore, come a Milano, Nino Sanzogno, un figlio spirituale di Malipiero, che dipana con proprietà e con gusto la trama di quella partitura gracile e discorsiva, fluente in un chiaccherio con¬ tinuo, fiorito qua e là di curiose reminiscenze d'un immaginario oriente musicale alla Rimsky-Korsakov, e di- vagante in un perenne autorinnovamento, come il pullulare d'un'acqua di pianura senza un corso ben definito, j Perché ne sono accuratamen-1 te espunti i bassi d'armonia, che in musica costituiscono I il nesso logico della ragione, inviso a Malipiero. Scene, figurini e regìa sono quelli di Milano, rispettivamente di Luigi Samaritani e di Sandro Sequi: molto belli, sebbene trascurino un eie mento, forse grottesco, forse inattuabile, richiesto dall'au tore. Malipiero voleva che i mimi raffiguranti le otto ma- schere di Callot (il Capitano Spessa Monti, Bagattino, Riciulina, Mezzetin, ecc.) uscissero da una gigantesca zampa di pianoforte, e per questo appunto aveva affidato al pianoforte una parte preponderante nel Prologo mimico dell'opera. Opera che si potrebbe quasi intendere come un balletto cantato, ed a questa esigenza soddisfa ottimamente la coreografia di Susanna Egri per le evoluzioni dei bravi mimi nei bianchi costumi delle maschere di Callot. Il pubblico ha accolto l'insolito spettacolo con molta comprensione ed ha applaudito festosamente i valorosi interpreti. Massimo Mila

Luoghi citati: Milano, Roma