Anarchici e paura per televisione di Tito Sansa

Anarchici e paura per televisione In carcere 89 membri del gruppo Baader-Meinhof Anarchici e paura per televisione (Dal nostro corrispondente) Bonn, 6 dicembre. Sono 89 in tutto i membri del gruppo anarchico Baader-Meinhof rinchiusi nelle carceri tedesche in attesa di processo o già condannati, ha comunicato il ministero degli Interni; 31 dei 59 che avevano cominciato lo sciopero della fame il 13 settembre rifiutano ancora il cibo; due di essi (non se ne conoscono i nomi) sono in imminente pericolo di vita. Sono poco più di una ventina i militanti del « duro nucleo » ancora in libertà, un cartello con 23 foto segnaletiche (12 ragazze e 11 giovanotti) tappezza le anticamere dei commissariati di polizia e degli uffici pubblici, sono «forse tremila» (secondo il ministro degli Interni Werner Maihofer) i simpatizzanti, da lui definiti « utili idioti », disposti ad aiutarli; tutto il resto del Paese, abitato da 62 milioni di persone, è contro gli anarchici della « Frazione Armata Rossa » e reclama a gran voce « Legge Ordine ». Tuttavia il Paese trema, come due anni e mezzo fa, quando Andreas Baader, Ulrike Meinhof e il loro ma¬ nipolo di « desperados » (Willy Brandt li ha definiti « paranoici politici ») si muovevano attraverso il Paese, preparando attentati. Stavolta il colosso Germania trema benché alcuni uomini politici dei più responsabili (tra essi il presidente della Repubblica, Walter Scheel, l'ex capo dello Stato, Gustav Heinemann, l'ex cancelliere Willy Brandt e il ministro degli Interni Werner Maihofer) vadano ripetendo che lo Stato di diritto non è minacciato, i terroristi sono un gruppuscolo numericamente insignificante, senza seguito, i quali vanno farneticando una «strategia politica idiota » e che la loro identificazione e cattura è — tutto sommato — un problema di polizia. E questa — lo si vede dappertutto — ha impiegato una massa enorme di mezzi e di uomini per garantire la sicurezza e rassicurare i cittadini. Responsabili primi dell'eccitazione e dell'isterismo che si sono diffusi nel paese sono i giornali e la televisione. Se ne rende conto stasera anche l'agenzia di notizie Dpa, la quale intitola uno dei suoi innumerevoli servizi sul Baa- der-Meinhof «surriscaldamento emotivo ». Da settimane i giornali tedeschi (con un paio di eccezioni) vanno diffondendo la paura dei terroristi con titoli enormi e con una valanga di notizie sovente inventate di sana pianta. E i due programmi nazionali della televisione (più quelli regionali) si fanno una spietata concorrenza sull'argomento, smentendosi a vicenda. E' un martellamento continuo. Si legge « Gli assassini viaggiano verso la loro prossima vittima », « La Chiesa evangelica complice dei terroristi » (perché il vescovo berlinese Scharf ha fatto una visita pastorale a Ulrike Meinhof in carcere), «Bombe a mano sotto la tonaca » (un sacerdote è stato arrestato, definito complice, poi liberato perché innocente), « Lasciateli morire in carcere, costano troppo al contribuente ». Si schiaccia il bottone del televisore, e che si vede e si sente? Un documentario sulla « banda », un documentario impressionante sulla alimentazione forzata. Sull'altro programma c'è un dibattito parlamentare sul gruppo Baader-Meinhof, seguito da una tavola rotonda sui pericoli che corre il Paese. Un altro giorno: documentario sulle azioni dei criminali, sull'altro programma un dibattito sulla strategia per combatterli. Si vedono uomini politici, sociologhi, teologhi, giornalisti, dibattere in tutta serietà (e litigare tra di loro) se quelli del BaaderMeinhof debbano venire definiti « banda », « associazione a delinquere » (come vuole il codice) o « grupp„ <>. Dalla disquisizione filologica viene fuori che i cittadini tedeschi si dividono in tre categorie: quelli che usano la parola « gruppo » sono «simpatizzanti climatici» (tra di loro bisognerebbe allora annoverare l'ex presidente della Repubblica Gustav Heinemann); quelli che usano il termine « associazione a delinquere » sono i legalitari; coloro che dicono « banda » sono la maggioranza del Paese, che reclama ordine. Lo reclama anche a costo di diffamare sacerdoti, professori universitari, scrittori, i quali invitano alla calma fino a quando Andreas Baader, Ulrike Meinhof e gli altri verranno processati. Allora si vedrà se sono colpevoli — dicono — soltanto allora si potrà dire che lo sono. Intanto i giudici si armano e frequentano corsi accelerati di tiro rapido, i deputati si muniscono di impianti di allarme e si fanno scortare, decine di migliaia di poliziotti fanno la guardia giorno e notte trascurando il normale servizio, 4500 fedeli escono sdegnati dalla chiesa evangelica di Berlino, il governo vara frettolosamente leggi speciali « antiterrorismo » di riforma del codice di procedura penale (non lo ha fatto per le grida di protesta del partito del lavoro), i telefoni dei commissariati sono « roventi » per le telefonate di denuncia di persone sospette. E dai giornali e dagli schermi continua implacabile il martellamento di notizie vere e false (si smentiscono a vicenda, accusandosi di menzogna) sulle azioni terroristiche della « banda » o del « gruppo ». Tito Sansa

Luoghi citati: Berlino, Bonn, Germania