Dilettanti solitari

Dilettanti solitari Barche a vela Dilettanti solitari A Castiglione della Pescala un apposito comitato festeggia il ritorno in Italia di Ambrogio Fogar, il solitario che ha compiuto II giro del mondo a vela da Est a Ovest, lottando contro i venti dominanti. Fogar ha compiuto un'Impresa degna di Chay Blyth, che lo aveva preceduto nella circumnavigazione del globo in senso opposto a quello tradizionale. Ma non si è impegnato nella ricerca di un'affermazione: ha usato piuttosto la vela e la solitudine come mezzi per la scoperta personale di mondi sconosciuti, senza clamori pubblicitari. Assisteremo a un rilancio dei solitari? Lo scorso anno la regata Genova-Baleari-Genova aveva provocato tali drammi da consigliare maggior prudenza. Era apparsa evidente l'impreparazione di molti partecipanti, messi a durissima prova da una burrasca nel Golfo del Leone. Ma la navigazione in solitario non richiede necessariamente uomini eccezionali, pronti ad affrontare qualsiasi mare. Per l'estate 1975 sono in programma regate su percorsi ridotti, nelle acque toscane e lungo le coste liguri. Non è importante attraversare da soli il Golfo del Leone con mistral a 40 nodi; può essere bellissimo bordeggiare da soli fra l'Elba e l'Argentario. Ai solitari dilettanti va suggerita la sola navigazione diurna, con sosta nei porti per il riposo. Si diminuisce la fatica. I problemi dell'alimentazione rientrano in limiti accettabili. Non c'è bisogno di pilota automatico: se la barca è ben equilibrata si può lasciare la barra per lungo tempo, magari aggiungendo I consueti elementari accorgimenti (un gioco di scotte e paranchi, un semplice elastico). Eliminando la navigazione notturna si elimina anche il rischio di collisioni in mari affollatissimi come il Tirreno, l'Adriatico. Sarebbe da incoscienti navigare a vela col timone automatico, profondamente addormentati, tra la Corsica e le coste liguri o le coste toscane. Una buona barca da crociera, lunga da 7 a 9 metri, può essere adattata con facilità alle esigenze del solitario che si limiti a brevi crociere in acque di casa: tutte le manovre rinviate nel pozzetto, qualche richiamo per accelerare la sostituzione dei fiocchi, winches efficienti e abbondanti, una serie di ancoraggi in copertura per la cintura di sicurezza con doppio moschettone (il cavetto d'acciaio corrente da prua al pozzetto può causare qualche fastidio). La riduzione della superficie velica preoccupa e affatica il solitario più di ogni altra cosa. E' bene rinunciare all'uso di grandissimi genoa, se si vuol vivere in pace. Rinunciare anche allo « spi », se il tempo non è perfetto. Meglio, in poppa, due flocchi gemelli tangonati. Sono più semplici da manovrare, non richiedono una tensione continua, si ammainano facilmente se il vento passa i limiti. E' importante saper lavorare sulla randa, per farla scaricare con venti freschi o forti, guadagnando in stabilità e ottenendo una barca meno dura. Ci sono alcune leggi elementari, mai abbastanza ripetute. Con vento leggero la randa deve essere « grassa », perciò le tensioni dei patarazzi e della randa (sull'albero e sul bome) devono essere minime. Lasciando in bando il cavetto che regola la tensione della randa sul bome, e il caricabbasso, spariscono le brutte pieghe e la vela lavora bene anche con poca aria. Con vento fresco le tensioni sono ricercate per ottenere l'effetto opposto: la randa si appiattisce, la balumina si apre, il vento viene «scaricato», tanto più se si usa accortamente il carrello della scotta, portandolo all'esterno. Contemporaneamente si deve agire sul volantino o sul paranco del patarazzo, per curvare l'albero verso poppa. Chi non conosce queste tecniche? Eppure molti, solitari e no, navigano con rande belle grasse e vento forte, sbandati da far paura. Altri tirano il patarazzo al massimo, affascinati dal volantino, e non lo toccano più per l'intera stagione. Mario Fazio

Persone citate: Ambrogio Fogar, Blyth, Castiglione, Fogar, Mario Fazio

Luoghi citati: Corsica, Italia