Vannucchi, Sbragia e Lajolo difendono il "loro" Pavese

Vannucchi, Sbragia e Lajolo difendono il "loro" Pavese In arrivo a Torino "Il vizio assurdo 99 Vannucchi, Sbragia e Lajolo difendono il "loro" Pavese "Non volevamo costruire un personaggio biografico" ■ Secondo gli interpreti, il mondo letterario non accetta il successo dello scrittore « Il vizio assurdo » ha già raggiunto 147 mila spettatori, in 136 recite; e si prepara ad aggiungerne altre migliaia con le prossime rappresentazioni a Torino; la « prima » è fissata per martedì sera al Carignano. Alla fine della stagione, si calcola, lo avranno visto in duecentomila: una cifra superiore alle tirature raggiunte dalla maggior parte dei libri di Pavese. « E riusciremo ad accontentare soltanto il 70 per cento delle richieste », ricorda Fulvio Fo, che amministra la compagnia. Il pub- blteprFachglspsocoglCpustSgìsuri blico ha reagito positivamente, nonostante le polemiche provocate dalla riduzione di Fabbri e Lajolo e, forse, anche per merito di esse. Ma gli Associati, che recitano lo spettacolo da due anni, non sono del tutto soddisfatti. La conferenza stampa tenuta dagli attori ieri pomeriggio al Carignano ha avuto tratti pungenti, e anche aspri. « Dall'anno scorso a quest'anno — dice Giancarlo Sbragia, che ha curato la regìa — molti dei giudizi dati sui nostri spettacoli, si sono ribaltati. L'anno scorso erano consensi, quest'anno a Milano e Genova, sono riserve. Abbiamo una critica d'annata, evidentemente, come i vini. Ma siamo stupiti e ci chiediamo il perché. Che cosa è cambiato? ». Alla domanda polemica, Sbragia dà una risposta ancora più polemica, ricordando un articolo scritto lo scorso anno da Natalia Ginzburg, che in nome della personale amicizia con Cesare Pavese aveva pronunciato la più dura condanna contro « Il vizio assurdo ». « Quando abbiamo esordito a Milano molti critici si sono ri/atti ptoprio a quello scritto della Ginzburg». Vannucchi, che nello spettacolo impersona « Cesare », riprende l'argomento: « L'articolo della Ginzburg ci ha fatto più male del previsto, perché ha messo molta gente in soggezione ». E, secondo l'attore, in Italia c'era tutto un mondo che non aspettava di meglio. « Io sento le invidie, le gelosie del mondo letterario più feroci di quelle che ci sono fra noi attori. Un certo establishment culturale italiano ha detto di no a Pavese, e gli dà fastidio che il pubblico lo segua. Ricordiamo che cosa aveva detto Moravia, dopo la morte dello scrittore. Perché la Ginzburg non ha reagito allora? ». Vannucchi difende il personaggio, che incarna ogni sera sul palcoscenico. Non è un personaggio naturalistico, egli ricorda, nessuna volontà di ricostruzione biografica precisa: « Io mi sono inventato un Pavese che amavo. Non l'ho mai conosciuto di persona, ho visto solo 150 fotografie. Abbiamo costruito, insieme con gli autori, un certo tipo di intellettuale che ci stava a cuore ». Davide Lajolo, presente come autore, conferma: « Non era Pavese Cesare abitante in via Lamarmora il personaggio che noi volevamo mettere in scena. Era il personaggio dello scrittore che si è ucciso, l'emblema dell'intellettuale che è rimasto isolato, dopo avere combattuto per tanti anni ». E' vero, con- fessa, a questo isolamento abbiamo contribuito anche noi comunisti, in quegli anni difficili. L'ex direttore dell'Unità torinese acconsente a fare l'autocritica, ricorda gli errori di alcuni compagni. Una accusa Lajolo respinge oggi, con fermezza: quella di avere assecondato, sul nome di Pavese, un'operazione di « compremesso storico ». E' vero, ha scritto il testo teatrale con Diego Fabbri: ma non ci vede nulla di strano: « Se avessi trovato un comunista che non conosceva Pavese, non avrei accettato di lavorare con lui. Ho trovato un cattolico, abile uomo di teatro, che conosceva Pavese, e la collaborazione è andata bene ». Quanto pesa la voce di Fabbri nella stesura definitiva? gli è stato domandato. Si parla spesso di problemi religiosi, di cristianesimo. Vengono da Fabbri, queste battute? « Sono tutte tratte dalle lettere di Pavese — risponde Lajolo —. Fabbri non ha modificato la struttura del testo per inserire problemi religiosi, come io non l'ho forzato per inserire problemi di partito ». Se si parla di cristianesimo e di storicismo, ricorda l'autore del Vizio assurdo, è perché questi temi c'erano tutti in Pavese. E forse, anche questo, sarà nuovo motivo di dibattito. g. c.

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