Incontro Ford-Schmidt un "summit atlantico" di Vittorio Zucconi

Incontro Ford-Schmidt un "summit atlantico" Incontro Ford-Schmidt un "summit atlantico" (Dal nostro corrispondente) Washington, 5 dicembre. I «leaders» delle due maggiori potenze economiche occidentali, Usa e Germania, sono da oggi di fronte, nella capitale americana. Gerald Ford, presidente degli Stati Uniti e Helmuth Schmidt, Canceliere della Repubblica Federale Tedesca, hanno aperto stamani due giorni di colloqui, il cui interesse va ben oltre i rapporti bilaterali fra i due paesi, per investire direttamente la situazione economico-politica del « blocco occidentale », dunque anehe l'Italia. Petrolio, finanziamenti, politica europea, Nato, Medio Oriente: ve n'è abbastanza per giudicare questo incontro SchmidtFord come un «vertice» atlantico. Prima di esaminare in dettaglio i problemi che i due statisti stanno discutendo, si impone una considerazione sulla politica americana: Gerald Ford, il nuovo presidente americano, sembra finalmente deciso ad affrontare seriamente la questione che il suo predecessore Nixon aveva gravemente disatteso: i rapporti con l'Eurona. Nessuno nega più l'esistenza di seri interrogativi nel rapporto interatlantico che Nixon aveva cercato di esorcizzare, più che risolvere, con la vuota formula dell'.Anno dell'Europa» (chiuso con una Carta atlantica che appare alla fine per quello che è, priva di valore concreto). Ford affronta il tema dell'Europa decisamente meglio: ha già incontrato il presidente Leone e l'allora ministro degli Esteri Moro (quindi i rappresentanti dell'Italia, fianco più esposto del sistema occidentale). Oggi vede Schmidt, il 14 dicembre prossimo incontrerà Giscard d'Estaing alla Martinica, nel prossimo futuro chiederà un colloquio con Wilson. Hemuth Schmidt è giunto a Washington con un timore e una speranza. Il timore di vedere l'America precipitare in una crisi economica ancor più grave, dunque assistere alle inevitabili conseguenze e i , e , i o . deflazionistiche, protezionistiche, isolazioniste. E l'economia tedesca, ancor largamente interdipendente con quella Usa non potrebbe sopportarlo senza duri contraccolpi. La speranza è di poter giocare, di fronte a Ford, il ruolo del portavoce dell'Europa, dunque delle paure politico - economiche che percorrono il vecchio continente, e di mediatore fra Usa e Francia. Forte di una leadership euroj pea che nemmeno i francesi contestano più di fatto (le verità economiche sono infine prevalse sulle finzioni della grandeur), Schmidt sa di non poter fare a meno della Francia nel processo di ricostruzione della Comunità europea, e sa anche di dover cercare a Washington l'appoggio necessario per fare, della «nuova Comunità» un organismo spoglio dell'antiamericanismo che sovente caratterizzò la Cee influenzata dal gollismo. In concreto, questa problematica politica si traduce sul piano della crisi energetico-finanziaria. In febbraio, la Francia si schierò decisamente contro le tesi americane in questo settore, scegliendo di rimaner fuori dall'«Agenzia internazionale per l'energia», un embrionale organo di coordinamento fra i Paesi importatori di petrolio. Più di recente, Parigi ha mostrato scarsissimo entusiasmo per il «piano Kissinger», il progetto volto a creare un ente di solidarietà finanziaria sempre fra i consumatori (la cosidetta «petrobanca»), insistendo invece sulla necessità di un dialogo diretto produttori - consumatori. Già filtrano voci che indicano prossimo un mutamento di rotta da parte francese, e Schmidt potrebbe essere la mano che coglie un frutto politico ormai maturo. Si dice che Parigi si prepari a entrare nell'«Agenzia internazionale per l'energia» e Giscard stia riesaminando il suo «no» al piano Kissinger. Fonti del Dipartimento di Stato lasciano trapelare un cauto, ma co stante ottimismo per il futu ro dei rapporti Usa-Francia, con il grosso interrogativo — tuttavia — della politica francese in Medio Oriente (soprattutto vendite di armi) che Washington giudica, ufficiosamente, ai limiti della irresponsabilità. Ma la congiuntura internazionale, proprio per le sue incertezze economiche, sembra offrire ai due statisti di fronte oggi a Washington anche una splendida opportunità: far collimare gli interessi dell'Europa e degli Stati Uniti in una nuovo tipo di rapporto interatlantico. Washington sembra ormai convinta della necessità di una collaborazione fra i Paesi europei, purché sia aperta alle istanze americane e ne accetti la leadership (e questa è una delle tante facce del piano Kissinger). Schmidt, che ne è sempre stato convinto, trova in questi tempi difficili, l'occasione per rilanciare l'idea tedesca di Comunità europea, attorno all'asse Parigi-Bonn (con la Germania ormai affrancata dal mito del «gigante economico, nano politico») e aperta a Occidente. Tanto Ford che Schmidt sanno perfettamente che, quando si parla di assistenza finanziaria alle Nazioni occidentali in crisi (oggi Italia e Inghilterra, domani Francia), si parla di danaro americano e tedesco. E questa assistenza non può venire senza un prezzo politico. Vittorio Zucconi