Una Parigi tutta proustiana di Alfredo Venturi

Una Parigi tutta proustiana Una Parigi tutta proustiana Parigi, dicembre. Al Théàtre des ChampsÉlysées, nel cuore della Parigi proustiana, la danza si è liberamente impadronita dei magici simboli della Recherche. Gli artisti della compagnia marsigliese diretta da Roland Petit hanno presentato Le intermittenze del cuore, un balletto in tredici quadri, il racconto delle avventure di amore e di società che consentirono allo scrittore la scoperta del « tempo ritrovato ». Swann, Odelte, Gilberte, Charlus, le « fanciulle in fiore », la folla di personaggi insieme fittizi e reali, che certamente avevano in platea qualche consapevole discendente, hanno danzato di fronte al narratore, ruolo affidato a Rudy Bryans, seguendo musiche ben note ai lettori di Proust. Erano brani di Fauré, Debussy, Saint-Saéns: altrettanti originali del Vinteuil la cui petite plirase è una delle occasioni che fanno scattare il meccanismo della memoria involontaria. C'erano anche le musiche di Reynaldo Hahn, che avevano in questo caso un preciso valore di testimonianza. Fu proprio Hahn, al quale ieri l'Ortf ha dedicato, nel centenario della nascita, una serata di gala col Con¬ certo per piano e orchestra, il giovane pianista di origine venezuelana che, dopo il fallimento delle esperienze eterosessuali di Marcel, avviò lo scrittore ad una sempre più rapida discesa verso le « città della pianura ». Nell'anfiteatro del conservatorio d'arti e mestieri, in un ambiente molto meno proustianamente snob, la coreografia ha ceduto il passo alla prosa. Ma il soggetto, il fertile terreno d'ispirazione, era sempre il grande affresco psicologico della Recherche. Non è stata, come le Intermittenze del cuore, una novità: queste otto sequenze drammatiche sui momenti più significativi dell'avventura proustiana conobbero la loro « prima » tre anni fa, nel centenario dello scrittore. Sala ricolma, pubblico giovane: questo spettacolo di Bernard Goupil ha dimostrato di reggere oltre l'occasione celebrativa. Quella che si direbbe un'impresa disperata, ridurre in scene o quadri il senso di un'opera di vastissimo respiro, pazientemente costruita nella sua compiutezza, è dunque riuscita a Petit come a Goupil, sia pure con le limitazioni dei rispettivi approcci di genere. Ma è una riuscita che evidentemente presuppone, nel pubblico, una buona conoscenza del testo d'origine. Non c'è niente di meno proustiano dello scadenzario anagrafico, che lega le occasioni di cultura agli appuntamenti con un tempo cristallizzato nelle date: vero tempo « perduto ». Eppure, sullo scadenzario figura oggi non solo il nome di Reynaldo Hahn, ma anche quello di Gabriel Fauré, morto cinquantanni fa, autorevole direttore del conservatorio negli anni di Proust, uno degli uomini di punta della cultura parigina di allora. Anche queste celebrazioni, dunque, ripropongono aspetti non indifferenti dell'universo proustiano. E riaprono tanti discorsi lasciati a metà, come quello fondamentale del rapporto fra cultura tradizionale e cultura d'avanguardia, che già è stato abbordato con le grandi mostre parallele degli impressionisti e dei loro paludati contraddittori. Che ruolo ha, in questa visione dialettica della cultura immersa nel suo tempo, il raffinato cantore dell'alta società parigina negli anni dell'affare Dreyfus? Forse anche il cinema, con le sue ben note possibilità di fissaggio storico, contribuirà a risolvere il problema. Il progetto della Recherche cinematografica è uno dei sogni di Joseph Losey. Lo sceneggiatore che ha adattato il libro alle esigenze del film, Harold Pinter, è stato visto aggirarsi più volte nelle vie tortuose di Illiers, principale modello di Combray. Gli ostacoli alla realizzazione non sono di natura culturale, ma finanziaria: si tratta di un'opera per forza di cose « colossale », e richiede un'adeguata mobilitazione di denaro. Ma Losey ha ripetuto di recente che non intende rinunciare, e che un giorno vedremo sullo schermo le « due strade » di Combray, i salotti scintillanti del Faubourg, la spiaggia ventosa di Balbec, il dramma psicologico dell'uomo rifiutato che trova la salvezza impadronendosi del tempo. Alfredo Venturi

Luoghi citati: Parigi