Forse poteva essere salvata la ragazza che si è uccisa con iI gas per amore di Giuseppe Fedi

Forse poteva essere salvata la ragazza che si è uccisa con iI gas per amore La tragedia della studentessa avvelenatasi a Roma Forse poteva essere salvata la ragazza che si è uccisa con iI gas per amore Aveva 18 anni, era stata lasciata da un giovane, pochi giorni fa aveva confidato alla madre: "Quando si soffre è meglio morire" - La donna dice: "L'idraulico che era con me tentava di abbattere la porta, nessuno è venuto ad aiutarci. Prima d'entrare, sono passati 25 minuti" Roma, 29 novembre. Due stanzette disadorne in un seminterrato buio: Carmela Sturcio, 18 anni, e un amore impossibile. Abitava lì con la madre e due fratelli. «Quando si soffre troppo è meglio morire», aveva confidato alla mamma alcuni giorni fa. Ieri mattina s'è uccisa con il gas nel suo alloggio di via Brunate 22, a Monte Mario. Da mercoledì, per una leggera indisposizione, Carmela non andava a scuola. Rimasta sola in casa, ha aperto il rubinetto del gas e ha staccato la luce. Era già morta quando è giunta al pronto soccorso del «Policlinico Gemelli». «L'ho trovata sdraiata sul divano letto dell'ingresso, dice in lacrime la madre, Adele Moccia. Sono arrivata a casa alle 12,15, ho cercato nella borsa le chiavi per aprire: non c'erano, le aveva prese Carmela per chiudersi dentro. Il campanello non suonava. Ho bussato più volte, poi ho sentito l'odore del gas e ho capito. Ho cominciato a gridare, mentre l'idraulico ch'era con me, inutilmente, tentava di abbattere la porta. Nessuno è venuto ad aiutarci. Saranno passati almeno ventiventicinque minuti prima di poter entrare. Un'eternità, e per Carmela era ormai troppo tardi». Sono trascorsi minuti forse decisivi dall'attimo del primo allarme: nessuno, infatti, nonostante le esalazioni di gas, si decideva a scardinare la porta. Lo ha fatto l'operaio, ma la ragazza era già in fin di vita. Rimane il drammatico interrogativo: si poteva fare qualcosa per salvare la giovane? «Abbiamo dovuto aspettare l'auto del "113" — spiega Adele Moccia —, nessuno ha preso una macchina per portarla via». Franco, 13 anni, uno dei fratelli di Carmela (l'altra, Marina, ha 9 anni), sfoglia sul letto un album di foto. Alcune ritraggono la sorella morta.: magrolina, non molto alta, bionda, due occhi gonfi di malinconia. «Era molto chiusa — confessa la madre —, con me parlava poco, diceva solo che soffriva per Roberto. L'aveva conosciuto quest'estate e se n'era innamorata. Da tempo non lo vedeva più. Un mese fa Roberto le mandò a dire dal fratello Franco che sarebbe venuto a trovarla appena in possesso del motori1.0 nuovo. Era però passato senza fermarsi a salutarla; per lui era tutto finito». Carmela Sturcio era nata il 20 settembre di 18 anni fa a Sedan, in Francia, dove i genitori lavoravano in un'azienda agricola. Poi la famiglia tornò in Italia; nel '71 Pasquale Sturcio era emigrato in Germania per andare a lavorare in una fabbrica d'automobili a Baden Mariemberg. Doveva finire di pagare la casa e mantenere agli studi i tre figli. La madre aveva trovato lavoro come domestica a ore. Carmela frequentava l'ultimo anno dell'istituto magistrale « Sacro Cuore », un collegio privato in via Forte Trionfale. «Abbiamo fatto tanti sacrifici per istruirla — dice Adele Moccia. A luglio avrebbe preso il diploma di maestra d'asilo. Era molto ambiziosa e aveva deciso d'iscriversi all'università per fare pedagogia e insegnare. Si considerava diversa dalle compagne di scuoia, stentava a legare». «Le facevano pesare la diversa estrazione sociale — racconta la madre — le umili origini della famigliu. Era convinta d'essere tollerata in un ambiente che sentiva lontano, ostile. In via Stresa, vicino a casa, alcune ragazze per scherzo la chiamavano la sorella Materassi». A far precipitare il suo equilibrio dev'essere stata la storia d'amore finita nel nulla. S'era innamorata d'un ragazzo-bene: sedici anni, figlio d'un imprenditore edile. All'inizio, probabilmente, Roberto, fratello d'una sua compagna di scuola, le aveva detto che certe cose non hanno importanza, ma finita la breve stagione del loro flirt, era tornato ai suoi amici e alle sue moto, dimenticandola. Carmela aveva cercato d'incontrarlo ancora, gli telefonava a casa, sempre senza risultato. In due lettere destinate ad amiche, scritte due settimane fa ma mai imbucate, la ragazza parlava della morte come di una liberazione dalla «sofferenza della carne e dello spirito». «Quando si muore — aveva scritto — è solo il corpo che va via». Ieri mattina, quando la madre l'ha lasciata in casa per andare a lavorare, Carmela l'ha salutata, rassicurandola sul proprio stato di salute. Nulla lasciava trapelare da parte sua la minima intenzione di uccidersi. «Mi ha detto di non preoccuparmi — spiega Adele Moccia — che si sentiva meglio, era calma e sorridente». Invece, appena la donna è uscita, Carmela ha costruito e portato a termine il proprio suicidio. Procuratasi alcuni stracci, ha tappato tutte le fessure degli infissi delle porte e delle finestre dell'appartamento. Poi è andata in cucina, ha chiuso l'interruttore della luce, ha aperto la chiavetta del gas, aspettando la morte sdraiata su un divano. «Mio marito ignora la verità — dice la madre —. Gli abbiamo inviato un telegramma informandolo che la nostra figlia sta male. E' partito stamane in treno: non sa che Carmela ha voluto morire». Giuseppe Fedi Roma. Adele Sturcio, 35 anni, madre della ragazza

Persone citate: Adele Moccia, Baden Mariemberg, Carmela Sturcio

Luoghi citati: Francia, Germania, Italia, Roma