Ancora senza volto in Etiopia il nuovo regime dei militari di Sandro Viola

Ancora senza volto in Etiopia il nuovo regime dei militari Massicci movimenti di truppe in Eritrea Ancora senza volto in Etiopia il nuovo regime dei militari (Dal nostro inviato speciale) Addis Abeba, 27 novembre. L'Etiopia è sempre senza capo del governo, e il volto del potere (i nomi, i gradi, i progetti politici della leadership del «consiglio militare») è ancora invisibile, ignoto. A quattro giorni dall'uccisione del capo del governo provvisorio, generale Andom, ì militari sono dunque incapaci di esprimere il nome di un successore. E ciò può significare soltanto due cose: o gli nomini del «consiglio militare» non sono riusciti a convincere le due o tre personalità civili che — stando ad alcune voci — avvrebbero avvicinato per offrire loro il posto di Andom, oppure le divisioni al vertice del Derg (come si chiama in amarico il comitato) sono tali da non consentire, almeno per ora, l'ascesa di un capo. Come sempre, in situazioni di tale incertezza, la capitale è percorsa da voci continue, contraddittorie, spesso fantastiche. Ma le sole che convenga riferire (perché ormai piuttosto attendibili, e in una certa parte addirittura controllate) sono quelle che riguardano i movimenti di truppe. Grossi reparti della prima divisione, la ex guardia imperiale di stanza ad Addis Abeba haìino preso la strada del Nord, in direzione del confine con l'Eritrea. Nello stesso tempo, uomini e mezzi della quarta divisione di stanza a Neghelli (il resto della quarta divisione sta attorno alla capitale) stanno affluendo su Addis Abeba, come a colmare i vuoti creati dal trasferimento di parte della prima divisione. Un dettaglio da tenere presente è che a Neghelli, tra gli uomini della quarta brigata corazzata, si accese il dodici gennaio di quest'anno la miccia del sollevamento militare. Qual è il significato dì questi movimenti? In assenza di dati che consentano una risposta precisa, si può solo procedere per ipotesi. Di queste, una delle più frequenti è che il Derg prepari un'offensiva contro la guerriglia nazionalista in Eritrea, l'azione di forza che Andom avrebbe cercato di evitare, convinto che le uniche soluzioni possibili del conflitto eritreo fossero politiche, non militari; nel Derg prevarrebbe invece la convinzione che il distacco dell'Eritrea (sia pure per dar vita a una federazione) metterebbe in moto nel Paese ima reazione a catena, una spinta centrifuga che altre province (prima di tutte il Tigrai) sarebbero pronte a recepire, col rischio d'una balcanizzazione dell'impero del Leone di Giuda. Da qui la decisione di tentare un'offensiva contro i guerriglieri dei due fronti nazionalisti eritrei. Se queste sono per ora pure ipotesi, è certo invece che la suspense, la fase di immobilità in cui il Paese è entrato dopo le esecuzioni in 7nassa di sabato scorso, sono ancora il connotato precipuo della situazione. Non c'è attività dì governo, né del «Comitato consultivo», vale a dire i cinquanta tecnici civili che il Derg aveva chiamato per affiancare l'operato del governo provvisorio. Si sa che nei ministeri circolarlo parecchi militari, ufficiali e sottufficiali fai ministero degli Esteri un maggiore controlla le richieste di visti d'uscita avanzate da cittadini etiopici) ma non ci sono notizie di una qualun que decisione politico-amministrativa. Il programma di «educazio ne nelle campagne» che i militari avevano imposto agli stu denti, in pratica un invio forzoso degli universitari nelle province rurali (dove avreb bero dovuto diffondere la «filosofia dell'Etiopia innanzi tutto»), è sospeso. Esso doveva aver inizio ieri, con la par lenza dei primi camion di studenti e soldati verso le campagne, ma nessini rappresentante del Derg si è fatto vivo all'università a dare il via all'operazione. Altro segno di incertezza, una nuova esitazione del «consiglio», perché la massa studentesca è certo impaurita, ma orinai contraria nella sua maggioranza all'idea d'un regime militare. Ed è noto che uno degli scrolloni più forti al potere di Haìlé Selassié venne proprio dall'università. Una delle domande a cui da vari giorni si cerca dì rispondere è quella che riguarda la collocazione del movimento militare etiopico in questa sua fase, la più scopertamente rivoluzionaria dai giorni in cui esso ebbe inizio, nove mesi fa. Stamane, un articolo comparso sul bimensile della polizia. Il Poliziotto, ha fatto nascere qualche supposizione. L'articolo parla delle ingerenze dei servizi segreti america¬ ni in Cile, e lo fa in termini di dura condanna. Bisogna dedurne che il Derg vada assumendo posizioni antiamericane? Per ora, ripetiamo, non sì tratta che di congetture. D'altra parte, l'editoriale di oggi del quotidiano di lingua inglese (il mezzo attraverso il quale si esprìme normalmente il «Consiglio militare») parla di riforma agraria in modo così iwgo e cauto da non far pensare che ci si trovi di fronte a un movimento rivoluzionario marxista. In ultimo c'è da registrare il distacco che l'eccidio della sera di sabato ha provocato tra la popolazione (quella della capitale, di cui in modo più o meno diretto si possono cogliere gli umori) e il gruppo dei militari. Ci viene assicurato che inolio donne delle classi più modeste hanno preso il lutto, e che dinanzi all'abitazione di Ras Mesfin (uno dei sessanta giustiziati, eroe della guerriglia contro gli italiani) hanno sostato nei giorni scorsi decine di persone in atteggiamento di cordoglio. Quanto alla sorte di circa duecento notabili ancora agli arresti sembra che non vi saranno altre esecuzioni e che il loro processo dovrebbe essere imminente, forse alla fine di questa settimana. Sandro Viola

Persone citate: Mesfin