Va in clinica a trovare la madre malata e la uccide: "Adesso non soffrirà più,, di Filiberto Dani

Va in clinica a trovare la madre malata e la uccide: "Adesso non soffrirà più,, Allucinante caso di eutanasia in un ospedale di Genova Va in clinica a trovare la madre malata e la uccide: "Adesso non soffrirà più,, E' un impiegato di 43 anni: ha baciato la donna (64 anni) sulla fronte, poi, quando si è assopita, le ha esploso un colpo di pistola alla tempia - La vittima aveva un male inguaribile (Dal nostro inviato speciale) Genova, 27 novembre. «Adesso non soffre più», ha continuato a ripetere in questura per più di mezz'ora Pietro Mignoli, 43 anni, dopo aver ucciso con un colpo di pistola la madre di 64 anni in una camera della clinica Villa Serena, nel quartiere residenziale genovese di Albaro. E' un caso di eutanasia. Caterina Eianchi vedova Mignoli, la vittima, aveva un tumore all'intestino, era stata operata sei giorni fa, ma il male aveva rivelato la sua natura maligna. La donna era torturata da crisi molto dolorose, aggravate da altri malanni che da lungo tempo l'affliggevano. Pietro Mignoli l'amava troppo per restare inerte davanti alle sue pene, ha resistito finché ha potuto, ma giorno dopo giorno è maturata in lui l'assurda decisione di darle la «morte per pietà». La tragedia si è consumata in pochi attimi questa mattina. Pietro Mignoli si è affacciato alla porta della camera della madre, al secondo piano della clinica, poco prima delle 8, si è avvicinato al letto e ha baciato la donna sulla fronte. L'ammalata, che aveva passato una brutta notte, ha trovato la forza per rivolgergli un sorriso, poi ha chiuso gli occhi e si è assopita. E' stato a questo punto che l'uomo, levata di tasca una pistola, le ha sparato un colpo a bruciapelo, alla tempia destra. Caterina Bianchi non s'è accorta della morte. Lo sparo ha fatto accorrere :a suora che presta servizio al secondo piano della clinica, la scena che le si è presentata davanti agli occhi le ha mozzato il fiato: la testa dell'anziana donna reclinata sul cuscino macchiato di sangue; l'uomo in piedi, accanto al letto sul quale aveva gettato la pistola, con lo sguardo fisso, spento. La suora è corsa a telefonare al 113, sono arrivati gli agenti della «Volante», i funzionari della squadra mobile. Pietro Mignoli era sempre lì, immobile, si è scosso soltanto quando gli hanno fatto scattare le manette attorno ai polsi. Ha detto con voce incolore: «Adesso non soffre più». Pallido, quasi cereo, ha stretto le labbra, come se volesse convincere chi gli stava vicino di aver fatto bene. Un delitto adatto più a un trattato di psicologia che a una pagina di cronaca. L'imputazione formale mossa al matricida è di omicidio volontario, ma la valutazione della responsabilità verrà probabilmente legata al responso della perizia psichiatrica. La stessa personalità di Pietro Mignoli suggerisce questo atto: timido, introverso, viveva da sempre con la madre, aveva per lei un attaccamento morboso, non si era sposato perché gli sarebbe sembrato di tradirla proprio quando aveva più bisogno di aiuto. Abitavano entrambi in via Alessandro Sacheri 14, nel popolare quartiere di Marassi: lui era impiegato presso l'acquedotto De Ferrari - Galliera, lei non si muoveva quasi mai di casa per via delle tante infermità che l'opprimevano. Vedova da una decina d'anni, sofferente, tra l'altro, d: crisi depressive, Caterina Bianchi aveva tentato, tempo addietro, di togliersi la vita gettandosi da una finestra di casa. Era stata salvata, ma l'articolazione delle gambe era rimasta menomata, tanto che muoversi le costava molta fatica. Era affetta anche da osteoporosi, una malattia che cagiona il disfacimento delle ossa per la mancata fissazione del calcio, e, ultimamente, da un tumore. «E' stato un duro colpo per mamma: pativa già le pene dell'inferno e quando le hanno detto che aveva quel brutto male ha subito capito che per lei si preparavano giorni di dolore ancora più tremendi», ha raccontato in questura Pietro Mignoli. Egli aveva tentato il tutto per tutto per risparmiare alla madre nuove sofferenze. D'accordo con la sorella (che vive a Genova con il marito e due figli), aveva fatto ricoverare in clinica l'anziana donna e, sei giorni fa, un chirurgo aveva reciso il tumore. Gli esami istologici avevano però fatto naufragare ogni speranza di sopravvivenza: il tumore era maligno. «Curavo mamma da ven- Vanni. Avevo vissuto i suoi dolori, ì suoi patimenti, il suo sconforto. Che cosa dovevo fare? Costringerla a sopportare altre sofferenze, a finire ì suoi giorni in un letto, e per quanto tempo ancora?», si è chiesto Pietro Mignoli, affondando il viso tra le mani. Ecco dunque maturare nella sua mente il piano allucinante dell'eutanasia: la pistola è a portata di mano (ne aveva una in casa, calibro 9, che aveva conservato dopo il servizio militare prestato col grado di tenente), basta premere il grilletto una sola volta e tutto è finito, dolori, patimenti, sconforto. «So che la giustizia mi condannerà — ha detto con tono rassegnato il matricida, prima di lasciare ]a questura per le carceri —, ma non mi dò pensiero per la sorte che mi attende. Adesso mamma non soffre più, è in Paradiso e prega per me». Filiberto Dani Genova. Pietro Mignoli (Telefoto Nazzaro) La madre Caterina Bianchi

Persone citate: Caterina Bianchi, Caterina Eianchi, De Ferrari - Galliera, Nazzaro, Pietro Mignoli

Luoghi citati: Genova