Tre registi a dibattito

Tre registi a dibattito Quasi un'antologia del cinema Tre registi a dibattito Non capita spesso di avere a tavola un'antologia del cinema italiano: può essere fonte in ugual misura di ammirazione e di imbarazzo, perché corre quasi un'epoca da Quattro passi tra le nuvole alla Proprietà non è più un furto. Alessandro Blasetti, Roberto Rossellini ed Elio Petri sono stati ospiti l'altra sera per un dibattito conviviale del torinese Circolo degli Alfieri. Gli organizzatori, perché il panorama fosse più pieno e definitivamente rappresentativo, avevano invitato anche Mariangela Melato e Giuliana Calandra, due attrici di cinema rubate al teatro. Blasetti è un gentiluomo di 74 anni, con il dono della curiosità e della vitalità. Lui dice che è «marasma senile», invece è una fresca disposizione a raccogliere le novità e perfino a riscoprire i problemi. Da qualche mese ha incontrato la fantascienza e ne ha ricevuto quella folgorazione e quel turbamento che i patiti conoscono da un pezzo. «Ho visto 200 film, ho letto 250 novelle e 25 romanzi». Perché? Per realizzare un programma televisivo a puntate, che dovrebbe ricalcare lo stile e il metodo dei suoi precedenti, dedicati all'emigrazione e al cinema comico. «Ho saputo — dice Blasetti, fìngendo un grande stupore — che molti autori di fantascienza sono scienziati seri, studiosi ferratissimi. Attraverso l'invenzione vogliono darci un messaggio». Quale messaggio? Qui la moralità fantascientifica si sovrappone ai desideri di Blasetti: «L'uomo deve ritrovare qualcosa che lo sovrasti e comprendere i limiti invalicabili della sua natura. Non si possono continuare all'infinito i giuochi dialettici». Parafrasando Mitscherlitsch, Blasetti vuole una società che abbia ritrovato la figura del padre. Ecco una soluzione che non dovrebbe dispiacere a una parte degli psicoanalisti e ai conservatori illuminati. Elio Petri sta meditando un film, dopo aver provocato un forte dibattito nella critica con le sue accuse (.«siete i poliziotti della qualità»). Ha taciuto, al convegno di Ferrara, sui rapporti tra autori e critici; ha parlato al pranzo dell'altra sera per indulgenza conviviale. I suoi temi sono ripetuti con onesto puntiglio: «Vorrei che anche i critici si interrogassero continuamente sul loro lavoro. Spesso il moralismo è artificioso, nasce da una falsa cosciènza». Petri chiede che il critico riconside¬ ri il suo ruolo sia verso il film (che «è un'opera collettiva»'), sia verso il pubblico, senza sentirsi vincolato ad un formalismo dei giudizi, ad una difesa dei valori estetici spesso intesa come tutela corporativa. Ci sembra che i critici migliori, tra quelli che conosciamo, abbiano da tempo abbandonato l'idea di essere «baroni», unici depositari del buon cinema. Rossellini, tra fantascienza e critica, è stato l'altra sera un segnale di cambiamento e di ricerca. Egli non si accontenta delle inchieste, come Blasetti; dirige telefilm. Rappresenta la vittoria utile e inquietante della televisione. Reduce da Italia anno uno sulla vita di De Gasperi, il regista ha difeso serenamente le risorse della tv (nessuna preoccupazione produttiva, larghissimo pubblico). Solo Mariangela Melato gli ha ribattuto che i rigidi criteri produttivi possono essere una costrizione per gli autori e per la loro libertà. Qualche volta, aggiungiamo, anche un invito alla fretta. La Melato sta ultimando un film della Wertmuller: Travolti da un insolito destino nell'azzurro mese di agosto. Qui anche il titolo vuole il suo spazio. s. r.

Luoghi citati: Ferrara, Italia