In Israele si parla di "capitolazione,, di Igor Man
In Israele si parla di "capitolazione,, In Israele si parla di "capitolazione,, (Dal nostro inviato speciale) Gerusalemme, 23 novem. Sconforto c indignazione in Israele, esultanza nel mondo arabo (peraltro turbata dal fosco affare di Tunisi) dopo il voto dell'assemblea generale dell'Onu. In questo shabbat piovoso, l'uomo della strada israeliano si sente « abbandonato alia sua sorte, solo contro tutti ». come mi ha detto un amico, stamane. Solo, abbandonato, però « pronto a far fronte all'ineluttabile: vogliamo la pace, ina non ci spaventa la guerra ». Il voto dell'Onu viene giudicato una « capitolazione davanti ad un gruppo di terroristi, un incitamento a versare altro sangue, a scatenare una nuova guerra in Medio Oriente, il preludio ai disastro universale ». Sono giudizi, questi, espressi a caldo e che trovano, comunque, ampia consonanza nella dichiarazione del portavoce del ministero degli Esteri. Il portavoce ha definito le risoluzioni passate all'Onu « un marchio di vergogna » per l'organizzazione internazionale. Esse irridono lo spirito che mosse i fondatori dell'Onu 29 anni fa, dopo la disfatta della tirannia nazista. Dimostrano una triste verità: « L'Onu, concepita alle origini come una piattaforma per la pace e la fratellanza dei popoli dei mondo, è diventata un centro di incoraggiamento al terrore e di incitamento alla guerra ». Pur riconoscendo il ruolo importante di quei Paesi che hanno votato contro o si sono astenuti — ha proseguito il portavoce — bisogna ammettere che l'ostilità e l'ipocrisia, insieme con l'acquiescenza, la resa al ricatto hanno concorso a condurre l'assemblea generale nell'abisso in cui è precipitata. Tulio questo insieme di fattori ha trasformato l'assemblea in uno strumento di propaganda, di guerriglia politica in conformità con i « capricci » del blocco arabo-comunista. Pertanto Israele respinge le risoluzioni giudicandole non valide, nocive, non degne di alcuna considerazione. E tuttavia — ha concluso il portavoce — Israele continuerà ad adoperarsi per una pace giusta e duratura con tutti i suoi vicini; una pace che possa risolvere i problemi che la dividono dagli arabi, incluso quello di una « costruttiva espressione » dell'identità dei palestinesi. Pur nella salvaguardia dei suoi vitali interessi e dei suoi diritti, Israele non desisterà dal cercar di risolvere il conflitto arabo-israeliano per via politica, in modo da raggiungere quella pace a cui aspira. Il linguaggio è aspro, fermo, ma aperto a prospettive di soluzioni politiche. Ricalcando quanto detto nella sua intervista a La Stampa, il ministro delle Informazioni Yariv ha infatti oggi affermato alla radio che in questo amaro conflitto tra nazioni, fra il sionismo e il nazionalismo arabo, solo il tempo potrà essere il gran medico. « lo penso che col tempo, procedendo per gradi, possa essere trovata una soluzione tra noi e i nostri vicini arabi e fra Israele e ì palestinesi, basata, in quest'ultimo caso, secondo me, soprattutto sui palestinesi che vivono nei nostri territori ». Sempre alla radio, (oggi, shabbat, non escono i giornali) il ministro della Difesa, Peres, ha detto che il popolo ebraico entra forse « nel periodo più eroico della sua esistenza. Io sono pessimista perché so che ci attendono lunghe e dure prove, ma sono, del pari, ottimista perché sono convinto che abbiamo le risorse materiali e spirituali per superarle ». Nei territori occupati la gente è tesa ed esultante. Non ci sono state tuttavia manifestazioni popolari come dopo il discorso di Arafat. Piove a dirotto e Israele ha rafforzato il dispofitivo di sicurezza, anche a Gerusalemme araba. Posti di blocco, pattuglie mobili con l'arma in pugno, soldati in assetto di guerra nei punti strategici. Il silenzio della notte è rotto dai clamori dei transistors sintonizzati a pieno volume sulle stazioni arabe che celebrano il successo riportato all'Onu. Un successo, si osserva qui, temperato dall'alto numero delle astensioni e da una percentuale di « no » superiore ad ogni previsione. Igor Man
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