I magistrati contrattaccano di Franco Giliberto

I magistrati contrattaccano Riuniti in assemblea I magistrati contrattaccano Replica a Taviani - Perché è libero un complice di Liggio - Il capo Criminalpol certo di avere individuato una banda dei sequestri (Dal nostro inviato speciale) Milano, 22 novembre. Un'assemblea di magistrati milanesi ha rinfocolato le polemiche sull'uso degli strumenti legali per combattere la malavita ed in particolare per assicurare alla giustizia i responsabili di rapimenti. E' una risposta indiretta al ministro dell'Interno Taviani. La settimana scorsa il ministro aveva pubblicamente affermato che le forze dell'ordine avrebbero potuto ottenere ben pochi risultati, se i giudici avessero continuato a scarcerare individui pericolosi, prima che finissero sotto processo. Qualche giorno più tardi c'era stata una ordinanza del dott. Giuliano Turone, il magistrato che indaga sul rapimento Rossi di Montelera, che ha concesso a Ignazio Pullara, presunto complice di Luciano Liggio, di lasciare la prigione di San Vittore per « decorrenza dei termini di carcerazione preventiva ». L'episodio aveva destato parecchie perplessità, proprio nel momento in cui in tutta Italia i titoli dei giornali sui sequestri di persona campeggiavano nelle prime pagine. Ora, i giudici istruttori milanesi, ricordando quella vicenda e rifacendosi ad alcune dichiarazioni del capo della polizia, hanno reso noto un documento approvato ieri sera al termine di una loro riunione. Contemporaneamente, però, il giudice Turone ha emesso un nuovo mandato di cattura contro Giuseppe Pullara, zio di Ignazio, che aveva ottenuto la libertà provvisoria l'estate scorsa. Farà la stessa cosa nei confronti del nipote? « Da tempo si sviluppa una campagna politica — si legge nella nota dei giudici istruttori — contro la magistratura milanese, tendente a gettare sospetto e discredito sull'attività di magistrati impegnati in complesse e scottanti inchieste. Lo sprezzante riserbo mantenuto finora in ordine ad insinuazioni tanto gravi non è più sufficiente di fronte alle ultime, clamorose manifestazioni di questa campagna denigratoria ». A questo punto il documento ricorda come il giudice Turone abbia lasciato libero Ignazio Pullara per obbligo di legge, essendo « decorso il termine massimo della custodia preventiva ». La nota prosegue: « Alle accuse contro la Magistratura si è associato ora anche il capo della polizia, il quale, secondo quanto hanno riferito i giornali, ha deplorato che non sia stato ancora processato il Bertoli, imputato per la strage di via Fatebenefratelli, e ha attribuito secondaria importanza alle indagini sull' "entroterra del crimine", rispetto all'esigenza di un immediato giudizio esemplare. I giudici istruttori di Milano ricordano che il Bertoli è stato rinviato a giudizio fin dal luglio scorso in stato di detenzione e che il collega Lombardi, sviluppando l'istruttoria verso la genesi dell'attentato e dei probabili complici, ha adempiuto al preciso dovere di ricerca della verità che la legge assegna al giudice istruttore e che è particolarmente importante soprattutto di fronte ad atti ed organizzazioni criminali da cui è messa in pericolo la convivenza democratica ». Ma come attuare la difesa della legalità senza processi rapidi e sentenze esemplari? I giudici istruttori milanesi nel loro documento rispondono che non lo si può fare « con giudizi sommari, bensì con una seria ricerca di tutti i responsabili delle sue violazioni. E in questo compito cerchiamo di andare fino in fondo, pur fra grandissime difficoltà già tante volte denunciate ». Un elenco di manchevolezze completa questo discorso: spesso importanti indagini vengono praticamente bloccate — sostengono i magistrati — dal venir meno della disponibilità del personale di polizia. « Fra le altre, persino l'istruttoria sulla mafia e i sequestri è stata gravemente pregiudicata nei suoi sviluppi dal trasferimento ad altra sede dell'ufficiale della Guardia di finanza che più strettamente ha collaborato col collega Turone nelle indagini che hanno portato alla liberazione di Rossi di Montelera e alla cattura di Liggio (il primo prigioniero da mesi e il secondo latitante da cinque anni e mai scoperti dall'attività autonoma delle forze di polizia) ». Il documento si conclude con questa affermazione: Franco Giliberto (Continua a pagina 2 in quinta colonna)

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