Disubbidienza civile e deficit pubblico

Disubbidienza civile e deficit pubblico L'autoriduzione delle tariffe Disubbidienza civile e deficit pubblico Ne /.ioni rispondere alle avanzale contro obicauto- riduzione delle tarifTe pubbliche dal prof. Gino Giugni, il segretario provinciale di Torino della Cisl, Dclpiano, ha difeso su La Stampa di sabato l'adesione delle organizzazioni sindacali a questa nuova pratica sostenendo che essa non comporta problemi di ordine istituzionale e rappresenta una forma propria di lotta sindacale. L'autoriduzionc, secondo Dclpiano, sarebbe giustificala dal fatto che le modificazioni tariffarie dell'Enel e di molte aziende di pubblico trasporto non sono state discusse con le organizzazioni dei lavoratori. L'obicttivo dcH'autoriduzionc sarebbe, tuttavia, non solo la protesta contro questi aumenti, ma lo stimolo alla « riorganizzazione, riforma, efficienza del settore investito, nell'ambito del quale si colloca la politica tariffaria ». Conseguenze E' chiaro che nella posizione espressa dal Dclpiano c da altri esponenti sindacali vi è anche la preoccupazione di incanalare verso obiettivi specifici lo stalo d'animo di protesta, per le prospettive dell'occupazione e per la gravità dei fenomeni inflazionistici, che ormai c largamente diffuso nel nostro Paese e. in questo senso, Pautoriduzionc può evitare quello « scollamento » di cui parla Dclpiano. E' necessario tuttavia valutare responsabilmente le conseguenze di questa iniziativa sia da un punto di vista economico che da un punto di vista politico, perché nello sforzo di incanalare le proteste si possono creare condizioni di maggiore disordine e, quindi, di maggiore adesione futura. Dal punto di vista economico, è evidente che la pratica dell'autoriduzionc scardina qualsiasi criteri di fissazione dei prezzi dei servizi pubblici senza garantire, peraltro, un miglioramento delle condizioni di vita delle categorie investite dall'autoriduzionc. Se non si vogliono utilizzare criteri di fissazione dei prezzi dei servizi pubblici, che pure trovano una giustificazione nella teoria economica (come quello di stabilire prezzi pari ai costi marginali del servizio), le tariffe finiscono per incorporare clementi di redistribuzione del reddito: di sostegno se il prezzo è inferiore al costo; di tassazione se è superiore. Ma l'effetto complessivo sulle condizioni di vita della popolazione, nel caso in cui il prezzo sia inferiore al costo, come nella pratica corrente delle pubbliche imprese italiane, dipende dal modo in cui è coperta la differenza tra prezzo e costo. Se, per esempio, il maggiore deficit delle aziende pubbliche, come è probabile, si scarica sul deficit complessivo della finanza pubblica, è da ritenere possibile che il tutto finisca in maggiore inflazione e. quindi, in un aggravamento delle condizioni di malessere, per combattere le quali il sindacato accetta la spinta verso l'autoriduzione. A questo proposito, va ricordata la decisione del governo laborista inglese, di qualche giorno fa, di portare progressivamente al pareggio la gestione delle imprese pubbliche deficitarie come elemento di attenuazione delle pressioni inflazionistiche che va esattamente nella direzione opposta a quella suggerita dall'autoriduzione. Inefficienza Diverso è l'argomento, che pure Delpiano, solleva, se le imprese pubbliche siano oggi ben gestite e se in qualche, o in molti casi, i costi di produzione riflettano inefficienze che possono essere ridotte con vantaggio generale. Questo è un aspetto che merita un'attenzione da parte del governo e delle forze politiche e sindacali, al di là e, direi, in alternativa alla pratica dell'autoriduzione che non individua queste zone di inefficienza, ma rischia al limite di consentire un'implicita loro copertura attraverso una condizione più generalizzata di dissesto. Il secondo argomento è di ordine politico. La partecipazione del sindacato alla discussione delle lince di politica economica del Paese è positiva e necessaria. Vi si insiste da molti anni, anche se non sempre questi contatti hanno dato risultati soddisfacenti dal punto di vista delle conseguenze operative sia nell'azione di governo, sia nell'azione sindacale. Le decisioni Tuttavia, la politica economica come tale spetta al Parlamento ed al governo e deve essere formulata in maniera unitaria. Se la si frantuma, come è spesso avvenuto in questi anni attraverso rivendicazioni particolari, leggine ed ora l'autonoma modificazione delle condizioni della finanza pubblica, alla fine e evidente che non è più definibile una politica economica. Così come ognuno riconosce che, dopo aver discusso con le organizzazioni sindacali della loro politica salariale, le decisioni in questa materia le assume il movimento sindacale e non il governo; in materia di politica economica, il governo ed il Parlamento hanno e debbono avere la piena responsabilità e su di esse il giudizio dell'opinione pubblica e la volontà di modificarne le caratteristiche passa attraverso le elezioni. Queste sono le considerazioni principali che la discussione sull'autoriduzione suggerisce. Delpiano conclude il suo articolo dicendo che il sindacato non rifiuta il dibattito su questi temi. Vorrei raccogliere la proposta e suggerire che si tenga al più presto un pubblico dibattito tra sindacati e partiti democratici su questo problema e sulle sue implicazioni economiche e politiche. Proprio perché lo stato di malessere dell'opinione pubblica è molto vasto, è necessario che le forze politiche e sindacali discutano a fondo le conseguenze immediate e quelle più lontane delle loro decisioni. Giorgio La Malfa

Persone citate: Delpiano, Gino Giugni, Giorgio La Malfa

Luoghi citati: Torino