Da indisciplina a "pirateria,,
Da indisciplina a "pirateria,, Scala di asocialità Da indisciplina a "pirateria,, Si comincia col bruciare un divieto, passare col giallo, truccare il "disco" - Si può finire con uccidere e poi scappare Sulla morte del bimbo di 4 anni, travolto sabato da un'auto in strada delle Cacce, si possono fare due osservazioni. La prima: solo il caso ha permesso di individuare l'investitore che poi ha preferito costituirsi anziché attendere l'arresto: 200 metri prima i vigili avevano annotato il numero di targa della sua «128» perché viaggiava ad elevata velocità. E purtroppo, non si registra sempre (anche per questioni d'organico) una presenza così tempestiva dei custodi del traffico. La seconda: spesso siamo portati a valutare simili episodi come fatti Isolati, frutto di un concorso di fattori imprevedibili, oppure di una vera e propria tendenza a delinquere, che rimane circoscritta comunque nell'ambito di una singola personalità. Si tratterebbe dunque di fatalità o di eventi estranei a tipi di condotta normali. In realtà, morti come quelle di sabato rappresentano lo sbocco finale e violento di comportamenti generalizzati. Ci troviamo di fronte ad una scala di « valori - negativi, in cui le manifestazioni asociali si rivelano con un'infinita gamma di sfumature. Nei gradini più bassi troviamo ineducazione, indisciplina quasi congenita. Basta guardarci attorno. La strada si restringe, poniamo, per lavori in corso? Si può essere certi che il 90 per cento dei guidatori preme sull'acceleratore per attraversare «l'imbuto» prima di tutti. E se gli altri sono costretti a brusche sterzate o ad improvvise frenate, che importa? E la precedenza? Se tocca a noi, è un diritto assoluto. Se tocca agli altri è una menomazione della nostra personalità. Per non parlare dei semafori. Una volta si diceva: « Che automobilisti impazienti, passano con il giallo ». Oggi c'è stata un'evoluzione: non li ferma neppure il rosso. E i divieti di svolta? I sensi unici? Imboccati a cuor leggero. I fari anab¬ baglianti ih città, di notte, al posto delle luci di posizione sono diventati regola: « Così mi vedono, mi fanno strada subito ». Come ormai è regola sostare in luoghi vietati o oltre i limiti di tempo consentiti. (Furbescamente si sposta in avanti il disco orario). Fenomeni che interessano tutte le grandi città. Se n'è discusso per tre giorni, la scorsa primavera, durante un convegno a Bologna: e recentemente a Torino, al quinto simposio sull'educazione stradale. L'urbanista Chaudières ricordò, ad esempio, che a Parigi almeno 300 mila automobilisti viaggiano o sostano in zona vietata, in particolare sui marciapiedi. Aggiunse: « Ogni cittadino si crede in diritto di avere a disposizione 8-9 metri quadrati di parcheggio davanti al negozio, all'ufficio, al teatro ». Sono i primi gradini delle manifestazioni di asocialità. Più oltre, troviamo i gravi gesti d'intolleranza, l'aggressione con il cacciavite o la pistola per una questione di precedenza, la « pirateria ». Una scala, dunque, ben salda: una serie di episodi collegati e consequenziali. Se ne occupano psicologi, sociologi, psichiatri. Si parla di effetti della nevrosi, di inconscio senso di rivolta contro le frustrazioni di una esistenza piatta e monotona, mentre gli urbanisti cercano affannosamente soluzioni razionali ai problemi del traffico. Ma anche se le trovassero, come potrebbero funzionare quando manca la disponibilità psicologica dell'uten te della strada ad accettare regole e divieti? Forse la prima valida linea di difesa consisterebbe nel punire con rigore, in modo più incisivo e sistematico, ogni violazione del Codice stradale, anche la più piccola. E' sempre notevole l'efficacia intimidatoria delle multe. Contribuisce a formare un habitus mentale, può impedire l'irreparabile: un bimbo ucciso da un'auto « pirata ». cl. gr.
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