I due bambini di Manzù sfuggono al rapimento di Gianfranco Franci

I due bambini di Manzù sfuggono al rapimento Feroce aggressione ieri mattina presso Roma I due bambini di Manzù sfuggono al rapimento L'episodio ad Ardea, paese nell'Agro Pontino - Quattro banditi armati e mascherati assaltano l'auto che porta la bimba di 12 anni e il fratello di 10 a scuola - L'autista reagisce e viene ferito con un colpo di pistola al collo - I banditi, dopo aver trascinato in strada i ragazzi, sono fuggiti credendo di aver ucciso il loro accompagnatore (Nostro servizio particolare) Roma, 18 novembre. Quattro banditi armati e mascherati hanno tentato di rapire i due figli dello scultore Giacomo Manzù mentre stavano andando a scuola. Uno dei malviventi ha ferito gravemente al collo, con un colpo di pistola sparatogli attraverso il vetro della macchina, l'autista che accompagnava i ragazzi. L'impresa è fallita proprio per il coraggio dell'uomo che il ministro dell'Interno, Taviani, proporrà per la medaglia d'argento al valor civile. Il tragico episodio è accaduto stamani, poco dopo le otto, nelle vicinanze di Ardea, un paese dell'Agro Pontino dove al sommo di una collina sorge la villa del celebre scultore bergamasco. Giulia e Mileto Manzoni (è questo il vero cognome di Manzù) frequentano le scuole del centro: lei, dodicenne, fa la seconda media; lui, 10 anni, la quinta elementare. Ogni mattina li accompagna Ermenegildo Mauro, un uomo di quarantasei anni, sposato, padre di un ragazzo di sedici anni, autista e uomo di fiducia da quasi vent'anni dell'artista. Sembrava un giorno come gli altri: Mauro che sale alla villa, il cui parco è recintato da una rete metallica ed al quale si accede attraverso un cancello comandato elettricamente dall'interno, a bordo della sua 850 ed i due bambini che lo attendono setto il portico con le cartelle dei libri. Insieme salgono sulla Mercedes marrone scuro di Manzù. Giulia si mette accanto all'autista, Mileto dietro. Per giungere alla strada principale bisogna percorrere un vialetto lungo qualche centinaio di metri, con molte curve, ai cui lati crescono ciuffi di cactus e siepi di bosso. E' qui che viene tentato il rapimento. Uscendo da una curva, Ermenegildo Mauro ha visto la strada sbarrata da una rudimentale scala a pioli e sta per fermarsi quando vede sbucare da dietro ai cespu- gli quattro uomini armati di mitra e di pistole con i volti coperti da passamontagna. Giulia, urlando di paura, si rannicchia sul fondo della macchina ed è un gesto che le salva la vita. Il Mauro, infatti, accelera per superare l'ostacolo ed il malvivente che si era avvicinato allo sportello dove si trovava la bambina spara attraverso il vetro. La pallottola raggiunge al collo l'autista il quale ha però ancora la forza di guidare per un centinaio di metri prima di tarmare la macchina sulla via principale e accasciarsi sul volante. Uno dei banditi prende i due ragazzi conducendoli verso una 128 bianca, nascosta dietro ad un canneto. Gli altri trascinano a terra l'autista che perde molto sangue dalla ferita. Lo credono morto e fuggono verso il complice gridandogli: « Andiamo, andiamo. Presto ». Mentre i due bambini, lasciati lì sulla strada, si dirigono di corsa verso la casa di Adelmo Cremonini, il giardiniere delia villa dei Manzù. Il Mauro riesce ad alzarsi ed a raggiungere barcollando la villa per dare l'allarme. Non è in condizioni di parlare, il proiettile gli ha trapassato il collo da parte a parte, ma prima di svenire è riuscito a far capire a gesti quanto è accaduto. Lo hanno trasportato in una clinica di Pomezia, dove le sue condizioni vengono giudicate gravi ma non disperate, dopo l'intervento chirurgico cui è stato sottoposto per bloccare l'emorragia. Nel giro di mezz'ora la villa dei Manzu è piena di polizia e carabinieri per dare inizio alle indagini. Si cercano impronte digitali sulla Mercedes: si organizzano blocchi stradali; si raccolgono testimonianze (la 128 usata dai banditi sarebbe stata vista nel medesimo luogo fin da sabato); si avanza anche la ipotesi che i malviventi vi abbiano trascorso l'intera notte come dimostrerebbero i resti di cibo e i numerosi mozziconi di sigarette che gli investigatori hanno ritrovato. Poi arrivano i giornalisti e i fotografi, decine di volte Giulia e Mileto devono ripetere il racconto della loro « avventura ». Dapprima agli investigatori, poi ai giornalisti. Dai loro volti sembra or¬ j;Ij mai scomparso il terrore. Giulia indossa un paio di .jeans, un maglioncino blu con applicato un grande cuore rosso e scarpette da ginnastica. Mileto, un ragazzino biondo e vivace, pantaloni di velluto marroni. Li incontriamo sotto il portico della villa. « E' stato davvero bravo Ermenegildo — dice Giulia — e pieno di coraggio. Quando ho visto i banditi ho pensato che fossero dei pastori per come erano vestiti ». « Io stavo mettendo dentro la cartella la mia colazione — ha osservato il fratellino — quando sono sbucati i banditi ». Giacomo Manzù e la moglie Inge Schabel sono accanto a loro. Lo scultore è pallido abbattuto. Ha gli occhi rossi. « La serenità che leggo sui volti di Giulia e di Mileto non basta a confortarmi. Sono troppi i genitori costretti in questo periodo a vivere nell'angoscia ». Gianfranco Franci A pagina 11 altri servizi R Gi Mù Roma. Giulia e Mileto Manzù, i figli dell'artista sfuggiti al rapimento (Tel. Ansa) Roma. Giacomo Manzù

Luoghi citati: Agro Pontino, Ardea, Mileto, Roma