Sono trecento e tutti artisti di Marziano Bernardi

Sono trecento e tutti artisti Mostra alla Promotrice Sono trecento e tutti artisti La prima Quadriennale della Società Promotrlce delle Belle Arti di Torino risale al 1902. Questa che s'è ora aperta nella sede sociale al Valentino porta il numero 12. In quella rassegna di settantadue anni fa figuravano 1040 opere, erano presentati con imponenti complessi Antonio Fontanesi, Carlo Follini, Pier Celestino Gilardi, Giacomo Grosso, Mose Bianchi, Telemaco Signorini, Giuseppe Ricci, Vittorio Cavalieri, Marco Calderini, Andrea Tavernier, Gaetano Previati. Tutto ciò aveva un senso critico e un'utilità conoscitiva. La mostra d'oggi conta 589 opere, ed a ciascuno dei 278 espositori (tutti invitati) sono stati concessi due o tre metri di « cimasa », come dicono i francesi. Ciò non ha né senso critico né utilità conoscitiva. Quindi si potrebbe dire che queste pletoriche esposizioni che dopo un'ora di contemplazione lasciano intontito e annoiato il visitatore perché organizzate senza scelte e criteri culturali hanno fatto il loro tempo. L'hanno fatto, in effetti, per il motivo che non rispondono più alle esigenze del presente. Un secolo fa, o quasi, erano l'unico mezzo (già lo diceva Manet a proposito dei Salons parigini) per informare il pubblico sulla situazione dell'arte contemporanea, per rivelargli un giovane artista, per procurare vendite a chi del proprio lavoro artistico doveva vivere. Ma a Torino pare vi siano adesso 125 gallerie d'arte (di più, noi riteniamo), forse 200 e passa a Milano e a Roma, e si sale a migliaia considerando l'Italia Intera: il che significa una gigantesca rotazione di mostre personali ogni quindicina circa. Biennali, Triennali, Quadriennali, per non dire Annuali, Invernali, Primaverili, Autunnali, eccetera, sono dunque diventate nient'altro che occasioni di « presenze »: come per quei signori della società « bene » torinese che, quand'ero bambino, immancabilmente stazionavano a mezzogiorno, per l'aperitivo, davanti a Baratti & Milano sotto I portici di piazza Castello, e se uno mancava gli altri domandavano: « E' ammalato? E' partito? Ha litigato con sua moglie? ». Presenze, sia pur belle e piacevoli, quelle, qui, della Martellini o della Rlvera, di cui si son viste pur ieri grosse o piccole « personali ». Idem nei casi degli scultori Terracini e Alloati, Aldo Greco e Nervo, Martinazzi, Saglietti e Bagna, Plccolis e Carmassl, dei pittori e pittrici Scroppo, Spinosa, Galvano, Schieroni, Gribaudo, Alessandri, Merlo, Carena, Giunni, Soffiantlno, Albano, Pippo Pozzi, Longaretti, e via dicendo. Per qualcuno c'è addirittura la contemporaneità del biglietto di visita alla Quadriennale e della « retrospettiva » in una galleria a cinque minuti d'auto dal Valentino. E la cosi detta « vecchia guardia » del Peluzzi, del Manzone, dei Tomaselli, del Morando, degli Audagna, dei Levrero, dei Terzolo, dei Morbelli, del Martelli, del Quaglino, dei Michelettl, degli Emprln, dei Solavaggione, chi non l'ha osservata per decenni far quadrato imperterrita contro certe • nouvelles vagues »? Come veterani di vecchie battaglie rleccoll in corteo lungo queste sale; e naturalmente con le ben note bandiere decorate. Dalle loro file, un po' dissimulati, spuntano gli Ughetti, i Corsetti, i Martinotti, I Corbelli, i Martinengo, i Lisa, I Bertola, I Selis, gli Eandi, i Taliano, gli Aime, la Platone, Ugo Pozzo, la Audoli, Filippi, Baretta, la De Agostini, la Prelle, la Rocci, Proverbio, Viarengo, tutti simpatiche conoscenze per le quali si dovrebbe ora ripetere cose dette e ridette in un breve giro di tempo. E non è che si chieda a un Le Voci, per esempio, di apparire diverso da ieri; spesso, anzi, i mutamenti possono riuscire deludenti. Piuttosto, l'insoddisfazione che accompagna queste passeggiate tra centinaia di dipinti, sculture, saggi di bianco e nero, deriva dal fatto di trovarsi in presenza di altrettanti brandelli di personalità artistiche, non sufficienti ad un approfondimento di giudizio, all'esame di una situazione culturale. E per di più si prova II tedio di ritrovare sempre « le stesse facce », come avviene col notabili politici. Abolirle, dunque, queste periodiche, pleonastiche rassegne, sciogliendo all'occorrenza le arcaiche società promotrlci di stampo ottocentesco? Non ricorriamo alle condanne a morte. A nostro avviso esse potrebbero svolgere ancora una utile funzione qualora ritornassero alle origini, cioè agli scopi per cui furono fondate, ch'erano di far conoscere gli artisti ancora oscuri ma meritevoli d'incoraggiamento, di favorire « lo spaccio » (come si leggeva nel primo statuto della Promotrice torinese) del loro lavori. Perché è vero che nelle grandi città italiane le gallerie commerciali d'arte pullulano a dozzine o a centinaia, senza contare quelle dei centri minori provin doli, sì che ad ogni artista è praticamente offerta la possibilità di esporre. Ma è altrettanto vero che quest'offerta ha un prezzo tutt'altro che modesto, che non sempre un giovane agli Inizi di carriera può sborsare. Potrebbe invece associarsi a una locale promotrice (la quota d'associazione a quella torinese è di 10.000 lire annue), completamente riformata nel suo statu to, nel suo consiglio direttivo, e quindi nei suoi intenti. A poco a poco i vecchi soci dovrebbero scomparire; dovrebbero subentrare soci nuovi, naturalmente In prevalenza giovani, al quali — e soltanto ad essi, magari istituendo un limite d'età — sarebbero riservate le mostre collettive o individuali, scelte e ordinate da giurie elettive qualificate, che potrebbero mettere in luce valori inediti, coltivando un terreno di esperimenti e di scoperte. Una slmile trasformazione è forse un'utopia? Non lo pensiamo. Abbiamo fiducia che si rinnoverebbe per mostre siffatte un pubblico interesse che le attuali hanno perduto; e che i collezionisti stessi, se intelligenti, vi troverebbero aria per il loro fiuto. Tornando ora a questa Quadriennale è giusto notarne il livello decoroso. GII organizzatori, ed in particolare il Tornaseli!, sono riusciti ad ottenere partecipazioni non piemontesi notevoli: da Guttuso (con un quadro che non dà l'adeguata misura d'un pittore di tanto nome) alla Raphael Mafai, da De Rocchi a Brindisi, da Breddo a Spreafico, da Borsato a Brunori, da Rognoni a Longaretti, da Corazza a Scialoja, da Mandelli a Giunni, da Tommasi Ferroni a Enzo Morelli, a Xavier Bueno. Tre sale riservate al bianco e nero Interrompono opportunamente le lunghe sequenze cromatiche. E sarà poi una gradita sorpresa per il pubblico torinese l'incontro con un pittore di tendenza non figurativa ma non staccato da una radice naturalistica che risponde al nome di Mauro Leone, ed è II figlio del Presidente della Repubblica. Marziano Bernardi

Luoghi citati: Brindisi, Italia, Milano, Roma, Torino