Irlanda, rischio di Vietnam di Sandro Viola

Irlanda, rischio di Vietnam L'INGHILTERRA DI FRONTE A TRE NAZIONALISMI Irlanda, rischio di Vietnam Il terrorismo individuale sostituisce le bombe, ma Tira colpisce fino a Londra - Cresce la minaccia di una guerra civile (Dal nostro inviato speciale) Belfast, novembre. Una lunga fila di gente dinanzi alla biglietteria d'un cinema dove si proietti L'Esorcista, è da varie settimane uno spettacolo consueto in tutta Europa. Ma vederla, come ci è successo, a Belfast, questo è già più straordinario. Erano cinque anni che nella capitale dell'Irlanda del Nord erano scomparse certe forme di vita, gli usi collettivi (il cinema la sera, per esempio) che compongono l'aspetto « normale » d'una città. Dall'agosto 1969 la provincia irlandese procede al ritmo regolare di quasi trecento morti ammazzati all'an no, e Belfast sembra ormai avviata a un record, quello della città per più tempo stravolta da una guerra civile. Non che ora siano cambiate molte cose. Le zone centrali sono sempre chiuse da griglie e reticolati dove vigilano uomini in armi, agli angoli delle strade c'è la garitta-trincea dei soldati di guardia, continuo è il via vai degli automezzi dell'esercito nei quali le pattuglie siedono col mitra imbracciato. Di nuovo c'è appunto questo, che la gente (i più giovani soprattutto) hanno ricominciato ad andare al cinema, che l'altra settimana s'è riaperta una balera sulla strada dell'aeroporto, e che insomma — anche se a mezzanotte la città ritorna in mano ai killers — si ricomincia ad uscire, a fare almeno una parte delle cose che si facevano un tempo. Un paio di elementi spiegano questo piccolo salto di qualità nella interminabile, sanguinosa e sempre aggrovigliatissima « questione irlandese ». Uno psicologico, per così dire naturale, e cioè la capacità d'adattamento che permette a una massa urbana come a una truppa in guerra di vivere dopo un po' — attutitasi la coscienza del pericolo — una vita «quasi» normale nelle situazioni di maggiore emergenza. L'al¬ tro è che a partire dalla primavera scorsa, quando lo sciopero generale indetto dalle organizzazioni dell'estremismo protestante fece cadere il governo di coalizione di protestanti e cattolici (l'unico risultato politico che Londra fosse riuscita a ottenere qui in cinque anni), nell'Ulster s'è stabilito una specie di equilibrio del terrore. Come se tutti i contendenti avessero compreso di non potersi eliminare totalmente, quasi che il lungo logorio di questa assurda carneficina avesse imposto una nuova visione tattica, i metodi della guerriglia si sono notevolmente modificati. Diminuiscono le bombe con preavviso (nei pubs dell'opposta fazione) col loro strascico di vittime innocenti. Più rari sono anche gli agguati alle pattuglie inglesi, le sparatorie improvvise che scoppiavano a Ardoyne, a Shankyll, nella Falls Road, e a volte costavano la vita all'adolescente troppo curioso, a un passante. E si va sempre più precisando lo schema degli «obiettivi selezionati », vale a dire l'omicidio singolo, « pulito », la sventagliata di mitra da un'auto in corsa, il sequestro di persona con esecuzione finale (rivoltellata nella nuca), persino il colpo di carabina sparato attraverso una finestra, in casa, mentre l'uomo da abbattere siede tranquillo con la famiglia. / protestanti Sedici sono stati gli omicidi di questo tipo nel mese d'ottobre, ma avrebbero potuto essere molti di più; i quaranta feriti di cui parlano le statistiche del mese scorso sono ancora in vita, infatti, soltanto per l'imperizia dei killers, che non avevano certo mirato a ferirli ma ad ammazzarli, e la maggior parte di essi sono cattolici, a dimostrazione che in questo momento è più attivo il terrorismo delle grandi e piccole organizzazioni protestan¬ ti che non quello dell'Ira Provisional. L'Ira, in queste settimane, guarda per i suoi obbiettivi fuori dell'Ulster, al cuore dell'Inghilterra. Sono i suoi uomini che stanno facendo della Gran Bretagna, in questo autunno che è uno dei più cupi della storia della nazione, una « bombing Britain », un Paese come l'Italia — né più né meno dell'Italia — dove una bomba può scoppiare ogni giorno, in qualsiasi luogo e momento. La strategia dell'Ira Provisionai è sufficientemente chiara, e potrebbe rivelarsi molto efficace. Essa si basa sul fatto che nell'opinione pubblica inglese cresce da oltre un anno la spinta a disinteressarsi del cancro irlandese, la voglia di vedere ritirare le truppe dall'Ulster, di farla finita, insomma, con « la macchina infernale » che costa tante vite di giovani soldati e una quantità di danaro (circa 1600 miliardi l'anno) divenuta insopportabile per le spalle cadenti dell'economia britannica. L'Ira intravede cioè la possibilità di imprimere, esacerbando questo sentimento sempre più diffuso nella società inglese, uno scossone alla linea dei governi di Londra sul problema dell'Ulster. Ed eccola sgranare il suo rosario di bomoe, portare in casa dello stesso establishment la prova che gli irlandesi — come dicevano alcune delle persone interrogate in un recente sondaggio d'opinione — « sono pazzi, gente con cui è impossibile qualsiasi rapporto ragionevole ». E' questa la « bombing Britain». La bomba in uno dei clubs più esclusivi di Londra, il « Brook's », un segno a forte contenuto patetico di come cambino i tempi (e cambi l'Inghilterra), perché il rumore più forte che si fosse mai sentito al « Brook's » dacché esiste dev'essere stato quello d'un bicchiere infranto, non altro. O la bomba ad Harrow, Public School leg¬ a i e a e a a i o r a o e . n e n e . i , e i e » o d g¬ gendaria, culla di tante generazioni di classe dirigente. O, ancora peggio, le bombe di Birmingham: due applicate alle auto di altrettanti magistrati, la terza alla macchina del ministro per lo sport Denis Howell, che per un pelo, l'altro giorno, non ha fatto a pezzi la moglie e il figlio decenne dell'esponente laborista. Bombe persino più conturbanti di quelle di Guidford (cinque morti e sessantacinque feriti) o di Ballykinlar (in Irlanda del Nord: due morti e trenta feriti), perché queste miravano a personale militare, in prossimità di caserme e ritrovi per soldati, ed erano dunque la « norma » di questi cinque anni. Mentre le esplosioni di Londra, Harrow e Birmingham (tutte degli ultimi dieci giorni) sono un colpo severo al sistema nervoso d'una società che — chi potrà negarlo mai? — è stata la più composta, sicura e raziocinante di quant'altre ne conosciamo. Gli uomini forti Nessuna meraviglia che tutto questo finisca con l'avere conseguenze pesanti sull'umore, la mentalità, il linguaggio della gente. E' con una fitta di malinconia che s'ascolta il compagno di viaggio, il vicino di pub, il calzolaio che visitiamo da vent'anni, parlare (come fossero portoghesi, italiani, turchi, bavaresi) della necessità d'« un uomo forte », ed è con un soprassalto che si leggono le notizie (nulla di davvero concreto, per ora, ma certo un altro segno del nervosismo generale) di gruppi di ex ufficiali decisi «a rimboccarsi le maniche ». Ecco il gruppo « Unison » che fa capo al generale Walter Walker, ex comandante di settore della Nato (dunque una specie di Birindelli locale), che si dice pronto a sostenere coi suoi « specialisti », in caso di sciopero generale, il governo; ed ecco il « G. B. 75 » del colon¬ nello David Sterling, che si vanta di disporre di « centomila militanti ». Forme d'intervento (o almeno velleità d'intervento) che questo Paese non aveva mai conosciute, e oggi costituiscono un'altra delle deformazioni che il declino politico-economico infligge alla sua fisionomia. Deformazioni leggere, è vero: ma che la « grande crisi » rischia di accentuare oltre il prevedibile. Intanto, nell'Ulster, c'è in pratica un vuoto di potere. L'efficienza dell'esercito non basta a celare la mancanza di idee, di iniziative che il governo Wilson (come qualsiasi altro governo che sedesse oggi a Westminster) mostra nei confronti del problema della provincia irlandese. Il tentativo di far coesistere politicamente le due comunità protestante e cattolica, è ormai tramontato. Adesso si aspettano le elezioni d'una « convenzione » che a primavera dovrebbe decidere il futuro dell'Ulster, presentando al Parlamento di Londra una bozza di costituzione. Ma il tracollo del campo protestante moderato (profilatosi alle elezioni di febbraio e divenuto clamoroso a quelle di ottobre) rende oltremodo improbabile l'eventualità d'una soluzione decente. La « convenzione » sarà dominata dall'oltranzismo protestante, e la bozza di costituzione non potrà proporre altro Ulster di quello ante 1969, l'Ulster contro cui si è sollevata la popolazione cattolica allineandosi dietro i gunmen dell'Ira. Sarà come se questi cinque anni non fossero trascorsi, come se non ci fossero state le distruzioni, le cataste di morti, nulla. Allora si avvierà, forse, la parte più tragica dello scenario: il ritiro delle truppe inglesi, Dublino costretta a intervenire per non lasciare i cattolici in balia delle organizzazioni paramilitari protestanti, una sorta di Vietnam. Sandro Viola