L'acqua ci salverà dal "black-out,, di Edoardo Ballone

L'acqua ci salverà dal "black-out,, Nel mare e nei laghi il futuro per le centrali elettriche L'acqua ci salverà dal "black-out,, Dalla prima, spaventosa notte di buio a New York, le interruzioni di corrente si sono moltiplicate - In un convegno internazionale ad Asti si è fatto il punto sulle tecniche per risolvere la crisi energetica Ascensori carichi di persene si bloccarono improvvisamente tra le mura dei grattacieli; i vagoni della metropolitana restarono imprigionati nelle gallerie; tutti i televisori si spensero; i polmoni artificiali cessarono di gonfiarsi negli ospedali; nove milioni di persone rimasero al buio per un'intera nottata. Era un giorno di novembre, nel 1965, a New York. Si compiva, così, in un'atmosfera di incubo e allarme, il primo «black-out» in una grande città americana. Era stato come una prova generale per un avvenimento che i futurologi da anni stavano predicando e che tuttora ammettono potrebbe accadere in ogni momento, in qualsiasi angolo del mondo. Nel caso di New York si trattò di un computer completamente impazzito, ma le stesse scene di terrore potrebbero ripetersi se tutti gli abitanti di un'intera metropoli decidessero, nello stesso istante, d'accendere la luce. In poche parole, la domanda d'energia elettrica supera di gran lunga l'offerta e l'in¬ cubo del «black-out», per forza di cose, sta diventando una voce comune che ormai ha ben poco dell'accadimento eccezionale. Basta guardare tra le pareti di casa nostra, in Italia, dove il problema esiste ed è grande anche se non ha ancora raggiunto il segnale di j allarme come nei Paesi più industrializzati. In luglio, a Milano, la vita restò paralizzata per alcuni minuti per un mini «black-out». Si parlò di un guasto ad una centrale ma l'allarme ci fu. Un mese dopo, precisamente il 27 agosto, le vacanze degli italiani furono turbate per un «black-out» durato un paio d'ore su tutto il Centro-Sud. La stessa capitale visse, fortunatamente su scala ridotta, il dramma di New York nove anni prima. Altro oscuramento totale a Roma, dalle nove fino a mezzogiorno, il sabato del 2 novembre. In questi casi si continuò a parlare di incidenti casuali ed imprevedibili in alcune centrali cittadine ma, ormai, un'altra realtà stava venendo alla luce. L'Italia ha poche centrali nucleari, comunque insufficienti; le centrali idroelettriche sono ormai sfruttate al massimo; infine la crisi d'approvvigionamento dell'olio combustibile rende critiche le scorte per far funzionare tutti .gli impianti nazionali. Lo stesso Enel non ha escluso, per il futuro, sospensioni forzate di energia elettrica, a Nord come a Sud, per equilibrare la crescente richiesta. Una situazione difficile se si considera che l'ente elettrico consuma dai 15 ai 16 milioni di tonnellate di olio combustibile, oltre a mezzo milione di altri distillati petroliferi, per produrre 76 miliardi di chilowattore. E' quasi il 70 per cento dell'energia che serve a rifornire i suoi 27 milioni di utenti. Problema del «black-out», dunque, e crisi energetica. In questo contesto di ansie e preoccupazioni si sta svolgendo in questi giorni ad Asti un congresso internazionale per studiare nuove macchine capaci di produrre energia elettrica «pulita». Sono giunti ricercatori e tecnici da ogni parte del mondo ed i lavori si prospettano interessanti. Anche da questo convegno possono emergere contributi per risolvere nel prossimo futuro i difficili problemi del «blackout». Per motivi politici ed economici c'è deficienza di petrolio. Il gas metano è poco. Le risorse idroelettriche mondiali sono quasi tutte sfruttate. Esistono le centrali nucleari che lavorano l'uranio: producono copiosa energia ma lasciano residui radioattivi che non si sa dove «nascondere», quindi sporcano l'ambiente. Il futuro quantitativo e qualitativo dell'energia elettrica sta dunque nelle cosiddette «centrali della seconda generazione». Esse non utilizzeranno più l'uranio radioattivo ma l'acqua del mare, dei laghi e dei fiumi. Sarà un'energia pulita e abbondante. Ma quando? «Siamo ancora in fase di studio, cioè di laboratorio -- sottolinea il dottor Cesare Cortese, ricercatore al Galileo Ferraris di Torino —; in questo convegno astigiano stiamo proprio discutendo sui tipi di macchine adatte per immagazzinare l'energia elettrica capace di mettere in moto l'intero processo di lavoro per le centrali della seconda generazione. La grande scoperta è stata il plasma, un gas altamente ionizzato che va a temperature che superano i 100 milioni di gradi». Ma questo gas ha vita breve: «vive» un milionesimo di secondo. Compito degli scienziati è appunto prolungargli l'esistenza. Spiegata ai profani, la faccenda va così. Dall'acqua si fa derivare l'energia elettrica capace di provocare una reazione nucleare fra isotopi dell'idrogeno (deuterio e trizio). Gli atomi si ionizzano e nasce il plasma. Questo gas, a sua volta, emette forze energetiche nonché raggi infrarossi, ultravioletti, x e microonde. Tutte forze capaci di «mandare avanti la vita» dell'uomo. «Il problema — aggiunge il dottor Cortese — è appunto "confinare" il plasma per poi tenerlo in vita per tempi più lunghi. E' uno dei principali temi che discutiamo qui ad Asti. Ma è un lavoro ancora lungo e disancorato da qualsiasi scadenza». L'acqua dunque ci salverà dai «black-out». Edoardo Ballone

Persone citate: Dall', Galileo Ferraris