Il Re borghese di Alfredo Venturi

Il Re borghese LA MOSTRA LUIGI FILIPPO A PARIGI Il Re borghese Dai Giacobini alla monarchia dell'"arricchitevi!" e all'esilio Parigi, novembre. C'è un ospite d'onore, in questi giorni, negli appartamenti dei cardinali di Rohan, nel bel palazzo settecentesco che si leva nel cuore del vecchio Marais parigino. E' l'ultimo re dei francesi, Luigi Filippo d'Orléans, l'uomo che resse questo Paese nei diciotto anni compresi fra due rivoluzioni: quella del 1830 contro il colpo di Stato dei Borboni ansiosi di rimangiarsi la « costituzione elargita », e quella del 1848 contro le ambiguità della monarchia di luglio, « la migliore delle repubbliche », come la vedeva Lafayette. L'«augusto cugino» Le sale preziose dei grandi prelati del Settecento hanno ricevuto le testimonianze di quella vita storicamente eccezionale: una parte del vastissimo materiale che l'ultimo discendente degli Orléans, Henri conte di Parigi, ha do- j nato cinque anni fa agli archivi nazionali. Le stesse memorie di Luigi Filippo, pubblicate l'anno scorso nel secondo centenario della nascita, provengono da quel materiale, disseppellito dai sotterranei di banche e castelli di famiglia in Francia, Inghilterra, Portogallo. Una vita storicamente eccezionale: quest'uomo nato al Palais-Royal, dimora di famiglia, in pieno grand-siècle, ancora sotto il regno del vecchio Luigi XV, educato all'etichetta di Versailles ma anche alla problematica dei philosophes, ha sedici anni ed è « monsignore il duca di Chartres » quando suona l'ora del 1789, e la storia si mette al galoppo. La conversione rivoluzionaria è rapida, entusiasta, ed è un « signor de Chartres » senza più pericolose velleità aristocratiche il giovane che frequenta il Club dei Giacobini, si copre di gloria a Valmy e a Jemmapes, assiste dal fondo di una tribuna della Convenzione nazionale alle scene terribili del processo contro Luigi XVI. Dev'essere con un brivido profondo che questo ragazzo di vent'anni sente la voce di suo padre, il deputato Philippe Egalité, chiedere la morte del re, l'« augusto cugino » degli anni dorati di Versailles. Presto anche la testa di Egalité rotola sotto la ghigliottina, ma i legittimisti ultra, nostalgici dei gigli d'oro e della candida bandiera monarchica, non perdoneranno mai il « tradimento » del ramo cadetto. Ora Luigi Filippo deve prendere la via dell'esilio, e gli avvenimenti che seguono al '93, la rivoluzione che finisce nel cesarismo napoleonico, lo allontanano dall'ideale giacobino. I documenti esposti a Palazzo Rohan raccontano di un esule che s'arricchisce d'esperienze internazionali: viaggia in Svizzera, in Scandinavia, in America. Vive in Inghilterra e poi in Sicilia, dove sposa la principessa Maria Amelia un po' per amore, un po' per esigenze di riconciliazione borbonica. Nel 1817 torna definitivamente in Francia: è ormai duca di Orléans e « altezza serenissima ». Ha 44 anni, riprende a vivere con la numerosa famiglia nel Palais-Royal della sua infanzia, mantiene rapporti corretti e distaccati con le vicine Tuileries, diventa il centro di confuse aspettative politiche. Nel 1830, quando Parigi si sbarazza rapidamente di Carlo X, si diffonde nella borghesia finanziaria e industriale il desiderio di mettere un bel tappo sopra la Rivoluzione, impedirne i temuti sviluppi sociali, fermare il moto a metà. Per arrivare a questo, ci vuole un uomo che rappresenti insieme passato e futuro, che piaccia alla gente, che ispiri fiducia. Uno che sappia frenare la Rivoluzione con autorità monarchica. Che bella opportunità, poter disporre di un principe del sangue che è stato giacobino! Luigi Filippo si presenta all'Ho tel-de-Ville con la coccarda tricolore, ed eccolo re dei francesi « benché Borbone, anzi perché Borbone ». Si apre per la Francia il periodo della crescita economica e delle frustrazioni sociali. Dopo la gloria, e i lutti, della Rivoluzione e dell'Impero, ecco il successo, e le ingiustizie, deìl'enrichissez-vous. E' un'epoca di materiali, scintillanti banalità, senza ideali che non siano quelli ostili destinati, nel '48, a concluderla. La monarchia di luglio secondo Marx: « Una società per azioni per lo sfruttamento della ricchezza nazionale fran¬ cese, i cui dividendi si ripartivano tra ministri. Camere, 240 mila elettori e il loro seguito: e Luigi Filippo ne era il direttore ». Ed è singolarmente analogo il giudizio di Tocqueville. Eppure « il re riuscì migliore della monarchia », se condo Hugo. Sia per le qua lità umane, sia perché il suo era un « possesso in buona fede ». Gli mancò il senso così francese della grandezza, e preferì tenere a freno quelli che Fisher chiama «i due vizi capitali del popolo francese, tendenza rivoluzionaria all'interno e brama di pazzesche imprese militari all'estero ». Fu spietato nella repressione delle numerose sommosse parigine, ma passava intere notti chino sui fascicoli processuali per strappare, con l'esercizio della grazia che aveva ereditato dall'assolutismo, qualche testa alla ghigliottina. Subì otto attentati e sempre se la cavò senza battere ciglio. Le sue abitudini borghesi facevano sorridere gli ultra e insospettivano il popolo: la sua iconografia, comunque, conosce più l'ombrello che lo scettro. Fu un re padre di famiglia per il popolo che aveva idolatrato Napoleone. L'orleanismo, questa specie di legittimismo liberale, non riuscirà a trasformarlo in mito. Un simbolo attuale Resta, oggi, oltre la simpatia umana che ispira questa figura, la sua singolare attualità di simbolo storico-politico. La Francia non ha infatti cessato di ricorrere a « re cittadini » per contenere in un quadro di liberalismo individualista le sue spinte di ulteriore rinnovamento. Ma certi problemi di fondo sono rimasti, e lo si vede anche da alcune straordinarie coincidenze di atteggiamenti, allora e oggi, al vertice di questo Paese. Si tratti d'inalberare la coccarda tricolore all'Hòtel-de-Ville, o di percorrere a piedi gli Champs-Elysées il giorno dell'incoronazione, il risultato del « comportamento sovrano » è sempre lo stesso: quello di denunciare il distacco fra potere e popolo proprio col pretendere di colmarlo. Alfredo Venturi