Biotti è interrogato sul "caso Calabresi,, di Francesco Santini

Biotti è interrogato sul "caso Calabresi,, Il giudice sotto accusa a Firenze Biotti è interrogato sul "caso Calabresi,, E' imputato d'avere strumentalizzato un processo che avrebbe potuto far luce sulla morte dell'anarchico Pinelli - Invitato a "risposte precise e non reticenti", l'anziano magistrato reagisce (Dal nostro inviato speciale) Firenze, 6 novembre. Sul banco degli imputati, Carlo Biotti, 71 anni, giudice a Milano negli anni roventi di Calabresi e Pinelli, perde lo smalto di magistrato temuto e integerrimo, di sapiente moderatore di grandi processi. E' accusato di aver strumentalizzato per interessi di carriera il processo Calabresi Lotta Continua, che forse avrebbe finito col fare luce sulla morte del ferroviere anarchico, e si confonde alle domande del presidente, divaga nelle risposte, non viene al sodo, tanto che il dottor Cassano, che guida il dibattimento, lo invita all'essenziale e commenta: «In penale, dottor Biotti, meno si parla e meglio vanno le cose». Potrebbe essere un consiglio prezioso, ma per l'ex presidente della pi, ma sessione penale di Milano la frase del collega è una doccia fredda. Si agita sulla sedia in legno alquanto sconnessa, arrossisce, sino a esplodere quando il p.m., tagliente, esige «risposte precise, non reticenti». E' in corso un piccolo scontro tra difesa e pubblico accusatore e ai più sfugge la frase del magistrato, ma non all'imputato che esplode: «Guttadauro, caro lei, insorge Biotti, con tono di superiorità, non le consento questa parola, io reticente non lo sono mai stato». Poi di rincalzo aggiunge: «Il mio comportamento è sempre stato cristallino, non è apparso reticente ad alti magistrati, a presidenti di corte». Questo che si celebra a Firenze, certo non è un processo alla magistratura, ma a chi domandi al presidente del tribunale se è imbarazzante giudicare un collega, il dottor Cassano allarga le braccia e risponde: «Nella vita se ne sono viste tante, la legge, comunque, è uguale per tutti». Più che a un magistrato infedele, disposto a barattare un processo politico con una promozione in Cassazione per concludere la carriera, questo di Firenze appare il processo a una certa classe dirigente, ai suoi modi, alla sua mancanza di chiarezza, alle sue preoccupazioni di non apparire sgradita nel periodo a cavallo degli anni '70, alla regola della carriera al primo posto. «In questo dibattimento si dovranno chiarire molte cose, ha detto stamane il p.m. Troppe le sfumature, troppe le ombre». Poi rivolto all'imputato, ha domandato: «Allora, dottor Biotti, perché lei non riferì al consiglio superiore della magistratura che l'avvocato Lener le aveva esposto la sua preoccupazione per il possìbile "intrufolamento" del dottor Pulitanò nel collegio giudicante?». Il giudice Pulitanò compare soltanto di sfuggita nei fascicoli dell'istruttoria. Contro questo giovane magistrato l'avvocato Lener aveva provocato una inchiesta del consiglio superiore della magistratura proprio nel timore che fosse inserito nel collegio al processo Lotta Continua-Calabresi. Pulitanò era noto a Milano, negli ambienti di Palazzo di Giustizia, per le sue idee di sinistra e Lener temeva che ciò potesse nuocere all'imparzialità del giudizio. Biotti su questo punto non è stato esauriente. Si è limitato a ricordare che il consiglio superiore della magistratura lo ascoltò per quattro o cinque ore, ma che fu stilato soltanto un verbale riassuntivo dal presidente della seconda commissione referente, dottor Curatola. La questione è importante perché, secondo Lener, fu proprio per parlare del «caso Pulitanò» che il dottor Biotti, la sera del 20 novembre del '70, andò in casa sua. In realtà, secondo il penalista milanese che poi chiese la ricusazione e sollevò lo scandalo, Biotti si era presentato all'ingresso di servizio del suo appartamento per parlargli del processo, per scusarsi delle pressioni ricevute per assolvere Pio Baldelli, direttore di Lotta Continua, e sconfessare in sostanza il funzionario di p.s. Luigi Calabresi, al centro della campagna di stampa scatenata da Lotta Continua che gli attribuiva la morte di Pinelli. «Io e i giudici a latere — avrebbe rivelato Biotti all'amico avvocato — siamo inclini a credere all'episodio del karaté e del bulbo spinale, nonché alla sparizione dell'orologio fantasma che sarebbe stato portato via dal cadavere di Pinelli per non rivelare l'ora o della caduta o delle percosse». Ma allora, e a questa domanda dovrà rispondere il tribunale. Biotti aveva effettivamente ricevuto pressioni o si era convinto assieme ai giudici a latere che la campagna di stampa contro Calabresi si basava su un margine di verità? E' questa la domanda di fondo posta dal processo. Il momento della verità si avvicina; venerdì Lener e Biotti sEgbsl«rsc saranno l'uno contro l'altro. E' in gioco il prestigio di un grande penalista e la rispettabilità di un giudice che ha servito per quasi 50 anni la legge ed ora afferma di avere «sete e fame di giustizia»: il rischio per lui è di pagare pesantemente la smania di far carriera. Francesco Santini

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