Il malessere del Sud

Il malessere del Sud Preoccupazioni per l'economia Il malessere del Sud La crisi del meccanismo industriale, dicono gli esperti, metterà in forse i modesti progressi realizzati finora - Gli investimenti della Cassa del Mezzogiorno - Il nuovo volto del Meridione Roma, 1 novembre. « La crisi economica che colpisce il nostro Paese avrà ripercussioni molto pesanti nelle regioni meridionali, rimettendo in forse i pur modesti progressi realizzati negli ultimi anni ». Il duro giudizio di Marcello Vittorini, docente di urbanistica a Venezia, e da qualche mese capo della segreteria tecnica del ministero degli Interventi straordinari nel Mezzogiorno, l'ho sentito ripetere da amministratori regionali, sindacalisti, imprenditori, dirigenti aziendali, economisti, sociologi legati alla realtà quotidiana del Sud. . Lo condivìde la popolazione locale, toccata marginalmente e solo di recente dal progresso materiale conosciuto dagli abitanti del resto dell'Italia. Grave è il dubbio che i cosiddetti piani straordinari di intervento non diano risultati apprezzabili di fronte alla rapida svalutazione dì fatto della lira. Inoltre il rientro degli emigrati che, costretti negli anni passati a lasciare in massa il Meridione, scemando le possibilità di lavoro nei Paesi europei che li ospitano o nel triangolo industriale Torino-Milano-Genova, potrebbero essere spinti a tornare. Il passato « Vedi — mi dice Giuseppe Alvaro, incaricato di statistica economica dell'università di Roma — è probabile che il passato si ripeta. In fase di alta congiuntura il governo diceva alle regioni del Sud: "Non possiamo aiutarvi come vorremmo per evitare ttn aumento inflattivo dei consumi". Mentre alla presenza di andamenti recessionistici il ragionamento era che mancavano i mezzi finanziari necessari... ». Che l'Italia meridionale non sia una "spugna" di fondi pubblici, lo conferma il prof. Saraceno. L'illustre economista ha calcolato a meno deU'1% del reddito italiano il totale degli investimenti convogliato dalla Cassa per il Mezzogiorno che, oltretutto, estende la sua azione a parte della Toscana e del Lazio. «L'importo destinato nel 1973 — afferma Saraceno — è pari a meno della metà del deficit delle Ferrovie dello Stato e a circa un quinto del deficit dei principali, non tutti, enti previdenziali ». Calabria e Sicilia possono essere assunte a «casi rappresentativi» del Sud. A percorrerle fisicamente la prima impressione che se ne riporta difficilmente giustifica riflessioni negative. L'autostrada che dalle porte di Roma conduce quasi senza soluzione di continuità fino a Reggio Calabria, o quella che da Messina si spinge fino a Catania, sul versante ionico, e a Patti Marina, su quello tirrenico, sor.o tra le più belle e funzionali opere viarie realizzate negli ultimi trent'anni. Tempi moderni L'organizzazione alberghiera non poggia più su sistemi precari e sconfortanti. Persino centri secondari come la ridente cittadina di Paola (in Calabria) o la normanna Enna offrono da pernottare in edifici moderni, ben costruiti, arredati con gusto e dotati di tutti i comforts. Lo stesso assetto delle città sembra avere perso i segni tipici di un'ultrasecolare immagine di miseria e di sporcizia: quasi scomparsi i quartieri tipo bidonville — spesso retaggio di scosse telluriche di portata disastrosa — o le famose ciumare che fino a poco tempo fa tagliavano di netto il tessuto cittadino di Messina e Reggio. Anche l'aspetto dei meridionali è cambiato. I tratti somatici delle nuove generazioni di calabresi e siciliani si son avvicinati alla media nazionale dove il « genere corto e tarchiato » è diventato l'eccezione. La migliore prestanza fisica è frutto dei più alti livelli di reddito che, in nove delle dodici province visitate. Ita beneficiato di un tasso di crescita ben superiore al resto della penisola (come è possibile constatare dalla tabella). L'agricoltura, che nel Sud rimane l'attività produttiva principale, si è notevolmente sviluppata. Per Saraceno si è trattato di un vero e proprio salto in avanti: «Potendo progredire ad un tasso dell'1% superiore ai risultati ottenuti nel Centro-Nord, si è riusciti a superare del 40*8 la prò- duzione nazionale, pur essendo esercitata nel Meridione in condizioni climatiche e di terreno tutt'altro che favorevoli ». Perché allora si guarda al Mezzogiorno con particolare apprensione? Su che cosa poggia la diagnosi di una rapida involuzione, di un periodo di vacche magre? Il quadro tracciato non deve ignorare l'altra faccia dellamedaglia: una situazione destinata per forza di cose a diventare esplosiva quando alle popolazioni del Sud si dovesse chiedere di stringere ancora la cinghia proprio ora che il tanto sospirato progresso esteso a tutte le classi sociali sembrava prossimo e quando cominciava ad essere accarezzata l'idea dì un'esistenza veramente civile. Soltanto pochi giorni fa la stampa quotidiana ha dato con preoccupato rilievo la notizia di un'ulteriore' epidemia di tifo in Calabria. A Varapodio (provincia di Reggio) la malattia ha colpito centinaia di persone. L'infezione da salmonelle assume un significato emblematico: è una conseguenza diretta dell'affollamento indiscriminato di villaggi e città, dell'inquinamento costiero che in molte zone del Sud ha raggiunto punte altissime; del dissesto territoriale. Dice Paolo Guzzanie, un editorialista del « Giornale di Calabria » — l'unico quotidiano che da qualche anno si stampa nella regione —: «Siamo costretti a pagare per il continuo depauperamento ambientale del suolo calabrese. Le zone dell'interno sono andate progressivamente spopolandosi per l'emigrazione imposta dal crescente divario economico tra Nord industrializzato e Sud privo di risorse diverse da quelle che eufemisticamente lo caratterizzano come riserva di manodopera ». Gli ospedali La carenza di strutture ospedaliere tocca nel Mezzogiorno punte allarmanti. Da un'inchiesta apparsa sul menzionato « Giornale di Calabria » emerge che nel 1970 il territorio calabrese aveva il più basso numero di posti letto per mille abitanti (2,6) di tutto il Meridione (in Sicilia il rapporto era di 4,6) e un numero di degenti per posto letto (28,1) inferiore soltanto a quello del Molise; 553 medici su due milioni di abitanti contro 2596 su 4 milioni e 700 mila della Sicilia; 19 ospedali contro 107 della Sicilia. Dal 1970 ad ora queste sconsolanti cifre hanno in parte migliorato il proprio volto, avvicinandosi, almeno sulla carta, alle medie nazionali, ma, ad esempio, nella provincia di Cosenza, sotto li voce « posti letto negli ospedali neuropsichiatrici al 1974 » compare ancora un trattino: nessun posto letto. Per Vito Scalia, della Cisl, « le contraddizioni non sono un fatto eccezionale nella realtà italiana, ma nel Mezzogiorno assumono aspetti particolari: non solo, infatti, sono testimonianza degli squilibri tradizionali di una società, su cui molto hanno teorizzato responsabili e dirigenti della vita nazionale, ma si colorano di potenziali motivi forse sconosciuti altrove. Il suo carattere inedito è che esso si identifica, più che nella secolare rassegnazione cui una rappresentazione convenzionale fa ancora credere, in un'impazienza esasperata per le cose che non sono state fatte e per le cose che si devono fare ». Come dissentire: persino l'osservatore meno attento deve constatare che oggi il « problema » del Sud trascende sempre più i dati puramente economici e tecnici. Esige che le promesse fatte vengano mantenute. Si presenta, in definitiva, come un malessere sociale cui le fragili strutture amministrative delle due regioni potrebbero però non essere" in grado dì opporre adeguata resistenza. Giuseppe Scimone

Persone citate: Giuseppe Alvaro, Giuseppe Scimone, Marcello Vittorini, Paolo Guzzanie, Saraceno, Vito Scalia