Che cosa si proponevano i neofascisti della "Rosa,, di Fabrizio Carbone

Che cosa si proponevano i neofascisti della "Rosa,, Che cosa si proponevano i neofascisti della "Rosa,, Rovesciare le istituzioni con un "golpe" dopo aver creato disordine con attentati Roma, 1 novembre. Novembre 1973-Novembre 1974: un anno di indagini sul movimento eversivo di estrema destra la « Rosa dei venti» per arrivare all'arresto del generale Vito Miceli, il quale fino a 5 mesi fa comandava i servizi segreti italiani che dipendono dal ministero della Difesa. Ma che cos'è questa organizzazione? Come fu scoperta? Come partirono le indagini? Ricostruiamo tutta la vicenda alla luce di quanto finora è emerso. Tutto nacque il 9 novembre del 1973 quando il medico di Ortonovo Giampaolo Porta Casucci, 47 anni, si presentò alla polizia di La Spezia con una valigia zeppa di documenti. C'era un precedente che fu immediatamente collegato: il 19 ottobre, a Viareggio la polizia aveva arrestato Sandro Rampazzo e Sandro Sedona, trentaquattrenni; erano a bordo di un'automobile carica di armi e munizioni. Porta Casucci fu la chiave di volta. Se il medico, con un passato nazifascista e la mania di farsi fotografare con decorazioni hitleriane al petto, non avesse parlato, l'indagine sulla « Rosa » non sarebbe mai nata. Il dott. Casucci portò agli investigatori tutto il materiale che aveva; mostrò chiaramente di essere impaurito e di non voler stare più al gioco. Scattarono i mandati di cattura dopo un lavoro della magistratura genovese in collegamento con Padova e Treviso. Furono 'arrestati subito il medico di Ortonovo e il consigliere missino alla Provincia di Genova, Giancarlo De Marchi, 48 anni, di Recco. Il 15 novembre, in un casolare della campagna veneta, la polizia giudiziaria trovò nascosto Eugenio Riz- zatto, 58 anni, ex repubblichino di Padova, condannato a 30 anni alla fine della guerra. I primi cinque personaggi incriminati non sembrarono di primo piano. Venne fuori allora un dossier della polizia politica di Padova (datato giugno '69) sulle attività, ben note, di Eugenio Rizzato, capo — si legge — di « un'organiszazione neofascista, che, oltre a detenere nella sua abitazione una notevole quantità di armi da guerra, viaggiava sempre armato di pistola sulla sua auto, dove custodiva anche rubriche con i nominativi di persone da sopprimere e l'elenco degli iscritti alla sua organizzazione ». Eugenio Rizzato è, dunque, il capo del Cam (Comitato d'azione risveglio nazionale) e del Gersi (Giunta esecutiva riscossa sociale italiana). Poi c'è la «XVIII legione d'Italia», che fa capo agli uomini del triangolo La Spezia - Viareggio - Ortonovo, e la sigla «Saf» (Saggezza - Ardimento Fedeltà). Da qui si arriva alla «Rosa dei venti»; all'idea di ricostituire dalle ceneri la famigerata Repubblica di Salò; al piano per l'eliminazione fisica di 1617 personalità (politici, magistrati, giornalisti, avvocati, sindacalisti) e ad uno schema di «Quadro organizzativo dei gruppi operativi» per l'occupazione di Padova da parte di 48 commandos divisi in 4 formazioni (Bassanello, Stanga, Arcella, Chiesanuova). La «Rosa dei venti» era naI ta nel '70 dall'unione di due gruppi, uno collegato al Rizzato, l'altro al generale Francesco Nardella (sfuggito all'arresto e latitante). Nei primi mesi del '71 furono spedite a personalità politiche lettere minatorie che dicevano: «Voi siete uno dei responsabili e come tale sarete punito». Per la prima volta apparve la firma «Rosa dei venti». La svolta nelle indagini si ebbe il 13 gennaio di quest'anno: il tenente colonnello Amos Spiazzi, ufficiale «I» (informazioni) di stanza alla caserma di artiglieria di Montorio Veronese, venne arrestato su mandato di cattura del giudice Tamburino: è il primo ufficiale italiano ad essere accusato di associazione sovversiva. Si dice che Spiazzi abbia parlato e che sia stato lui a fare il nome del generale Vito Miceli. Da quel momento le indagini della magistratura di Padova presero il volo. Tamburino individuò in De Marchi l'uomo legato a Valerio Borghese e spiccò due mandati di cat-~ tura per Clemente Graziani ed Elio Massagrande (latitanti), già condannati per ricostituzione del partito' fascista («Ordine nuovo»). Sempre a gennaio, il generale Nardella sfuggi all'arresto ordinato da Tamburino. Era l'ex comandante del presidio militare di Verona. Dopo di lui venne indiziato di reato il tenente colonnello Dominioni, capo del reparto della guerra psicologica annesso alle forze Nato di stanza a Verona. Cercando le fonti di finanziamento dell'organizzazione, Tamburino arrivò all'industriale genovese Andrea Maria Piaggio e nel luglio ' scorso spiccò contro di lui mandato di cattura. Piaggio è attualmente in libertà provvisoria. Più recente è l'indizio di reato per il generale di brigata Ugo Ricci, già comandante dei carri armati del «Genova cavalleria» - (messo sotto inchiesta dal Sid). Fino ad oggi, Tamburino ha fatto arrestare 18 persone (13 sono in libertà provvisoria); 6 sono fuggite all'arresto, scappate poche ore prima-che fosse firmato l'ordine di cattura: il generale Francesco Nardella, Dario Zagolin, Attilio Lercari, Edgarda Massa, Clemente Graziani ed Elio Massagrande. La «Rosa dei venti» — questo il quadro che ne hanno i giudici — agiva con struttura gerarchica, gruppi armati e «ufficiali dì collegamento» tra Liguria, Veneto e Toscana:' finanziava gruppi eversivi per fomentare disordini, commettere attentati, svolgere attività intimidatorie e violente. Per questo scopo aveva organizzato gruppi fiancheggiatori e predisposto un suo servizio segreto di informazioni. Fabrizio Carbone