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Brema: ognuno accusa gli altri Il processo per il "clandestino" gettato agli squali Brema: ognuno accusa gli altri (Dal nostro corrispondente) Bonn, 31 ottobre. 11 si salvi chi può è cominciato al processo di Brema contro i tre marinai tedeschi della nave da carico Margitta che il 13 marzo di quest'anno massacrarono un giovane passeggero negro clandestino e poi lo gettarono in pasto agli squali del Mar Rosso. Ciascuno dei tre imputati accusa gli altri due, tutt'e tre poi accusano il comandante della nave, Volkert Anders, finora considerato insospettabile e convocato come testimone a carico dei suoi tre uomini. Klaus Hartung. il primo ufficiale che viene accusato dal marinaio Voli-hard Eggers c dal carpentiere Karl Adler di avere organizzato con loro la liquidazione del passeggero clandestino «per evitare grane alla società armatoriale» e di avere aggredito con una sbarra di ferro il giovane somalo inerme, ammette che si sia svolto un colloquio con gli altri due, ma aggiunge che il capitano era presente e «non ha fatto obiezioni». 11 comandante Anders avrebbe proposto di aspettare che salisse a borro il pilota del porto di Hodeida e dinanzi a costui denunciare la «scomparsa» del clandestino. «E' ciò che ho fatto», ha detto il principale imputato. Anche il marinano e il carpentiere accusano il comandante della nave. Dopo il delitto, avrebbe detto: «Spero che abbiate lanciato il clandestino ab¬ bastanza lontano, non voglio sangue fuori bordo». All'arrivo a Hodeida poi, il capitano Anders (che aveva con sé la moglie) sarebbe scoppiato in pianto quando venne a sapete del «terribile fatto». Chi dice la verità, chi mente? Per ora si capisce ben poco di ciò che è accaduto la notte del 15 marzo a bordo del Margitta in navigazione nel Mar Rosso. Qualcosa di più dovrebbe venire fuori la settimana prossima, quando verranno sentiti quattro marinai negri chiamati come testimoni d'accusa; secondo questi, i tre tedeschi avrebbero massacrato il clandestino gettandolo ancor vivo (e non morto, come dicono ora) in pasto agli squali. t. s.