Anche la folla ha capito il dramma della Ferrari di Michele Fenu

Anche la folla ha capito il dramma della Ferrari Anche la folla ha capito il dramma della Ferrari "Siamo i più forti, ma oggi non è bastato" - Lo sconforto dei piloti e dei tecnici della Casa italiana - In tutti c'è però la volontà di affrontare con la massima determinazione gli ultimi due grandi premi della stagione (Canada e Stati Uniti) (Dal nostro inviato speciale ) Monza, 8 settembre. E' stata una mazzata, una delusione profonda per la Ferrari e per i quasi 150 mila di Monza. Erano arrivati da tutte le parti per ammirare la riscossa dei «bolidi rossi», per salutare un trionfo di Niki Lauda o di Clay Regazzoni, per gridare la loro gioia nel caso Regazzoni, leader del campionato mondiale di Formula 1, avesse rafforzato la sua posizione al vertice della classifica. Invece, questo 45" Gran Premio d'Italia ha decretato l'affermazione di Ronnie Peterson, con la Lotus, davanti ad Emerson Fittipaldi, con la McLaren, e a Jody Scheckter con la Tyrrell, mentre Lauda e Regazzoni hanno dovuto ritirarsi. E l'amarezza è accresciuta da tanti motivi: prima di tutto la superba prova offerta dalle due Ferrari, dominatrici della .gara con l'austriaco e lo svizzero fino al momento della «stop» per il cedimento del motore, poi il fatto che Clay abbia dovuto fermarsi quando mancavano appena dodici giri al termine — con largo margine di vantaggio su Peterson — ormai quasi campione del mondo, e, ancora, l'avvicinamento di Scheckter e Fittipaldi a Regazzoni nella graduatoria mondiale e la perdita di ogni speranza da parte di Lauda. Insomma, una giornata davvero terribile, quasi drammatica per la Ferrari, in cui tutto è> andato nel modo peggiore. Un diavolo maligno ha illuso la folla di Monza e il «clan» di Maranello, che già respirava dopo le incertezze per i pneumatici. Ora, altri lunghi momenti di tensione attendono Regazzoni, dirigenti, meccanici. Tutto si deciderà in Canada e negli Stati Uniti e ci si consola appena ricordando che anche John Surtees, quando nel 1964 divenne campione del mondo, si era ritirato a Monza. La cabala funzionerà ancora? «Mi vien da piangere — sussurra Luca Montezemolo, per il quale ogni Gran Premio è una fatica, un dispendio di energie nervose —. Quando li ho visti in testa, Niki e Clay, he pensato che magari uno avrebbe potuto ritirarsi, ma sarebbe rimasto l'altro. Avete notato? Tutto stava andando bene, benissimo, e poi, uno dopo l'altro... Abbiamo fatto vedere per 40 giri di essere ì più forti, ma a cosa è servito? Adesso, torniamo subito a Maranello, esamineremo cosa è successo ai due motori, poi andremo in Canada e negli Usa, Speriamo...». Montezemolo ha gli occhi lucidi, il viso tirato. Neanche si accorge che la gente — a differenza dello scorso anno — non fischia, ma applaude e che quando Regazzoni torna a rosso camion destinato al trasporto delle «312/B 3», si levano grida di saluto. «Bravo Clay», «Grazie Regazzoni», e il camion ondeggia perché vogliono da lui autografi e due parole. Regazzoni è sereno, in apparenza. Sa di aver fatto una bellissima corsa, di quelle che gli piacciono, e racconta tranquillo il suo personale dramma di uomo e di pilota che vede sfumare (tocchiamo ferro, solo per Monza) un titolo mondiale. «Per un istante — ammette — mi sono illuso di esser tornato al 1970, la macchina andava bene, ero quasi alla fine del Gran Premio. Poi, il motore ha preso a vibrare. Addio, ho pensato, mi debbo fermare come Lauda». «E' stato un brutto colpo — continua Clay — anche se ci sono abituato: nella mia vita non ho mai avuto molta fortuna. Ma avevo la vittoria e il titolo a portata di mano, e me li sarei guadagnati. Nelle prove non tutto era filato liscio e sono partito in terza fila. Niki è riuscito a staccarsi subito, io ho dovuto compiere una serie di sorpassi alla prima "chicane". Ero contento. Ir macchina viaggiava proprio forte, un po' di sottosterzo, forse, ma le gomme non mi creavano problemi e in frenata infilavo gli altri con una facilità che mi stupiva persino. Certo, fossimo andati via insieme, Niki ed io, avremmo impresso alla gara un altro ritmo, a un certo punto avremmo proceduto in modo meno "tirato": chissà i motori, magari avrebbero retto sino alla fine». « La speranza di vincere — aggiunge lo svizzero — c'è ancora, naturalmente. Ho 46 punti contro i 45 di Scheckter e i 43 di Fittipaldi. Qui mi son ritirato, i punti che prenderò in Nord America saranno buoni; però, sono un po' preoccupato: i circuiti di Mosport, in Canada, e di Watkins Glen, negli Stati Uniti, vanno bene per le caratteristiche delle nostre vetture, specie il primo, che assomiglia a Brands Hatch o al Nuerburgring, ma tutti questi motori che si rompono... ». In ventun giorni, dal Gran Premio d'Austria ad oggi, cinque 12 cilindri « boxer » hanno ceduto fra prove e corse, mentre soltanto due si erano arresi in tutti gli undici Grandi Premi precedenti. I tecnici scuotono la testa, forse pensando alla fortuna — vera — di Emerson Fittipaldi, il quale ha rotto sì il motore, ma stamattina, negli allenamenti « liberi », sicché quelli della McLaren hanno avuto il tempo di montarne un altro. Mauro Forghieri, Giacomo Caliri e Franco Rocchi paiono invecchiati di colpo. Hanno fretta di correre a Maranello, di aprire quei due gioielli di meccanica che oggi hanno tradito tante speranze. Ecco il loro parere: « / due "boxer" hanno accusato lo stesso inconveniente. Ancora non sappiamo nel dettaglio quale sia stata la causa del cedimento, forse una bronzina, un pistone, un segmento. Ci si può sempre attendere una rottura, specie in una corsa come questa, che richiede molto e basta osservare quanti ritiri si sono verificati, ma due insieme no, proprio è stata una brutta sorpresa ». Altro non dicono i tre tecnici con il blusotto giallo, e che dovrebbero dichiarare? Purtroppo, è il gioco delle competizioni, come quello della vita; ogni tanto capitano momenti amari, che in circostanze come questa diventano ama rissimi. Quasi un dramma, abbiamo accennato, ma l'importante è non lasciarsi abbattere, mostrare in questi quindici giorni che ci separano dal Gran Premio del Canada quell'operosità e quella maestria che hanno segnato il cammino della Ferrari in passato e in questa stagione. I « magnifici quattro » si sono ridotti a tre e il numero « uno », alla fine, dovrà essere Regazzoni. La folla ha lasciato Monza in silenzio, con le bandiere del « cavallino » ammainate e gli striscioni « forza Ferrari » ripiegati, ma senza animosità, senza rabbia. Il dramma è stato capito. Michele Fenu Monza. Il drammatico stop di Regazzoni al box. A destra, di schiena, Lauda si allontana sconsolato, a sinistra l'ingegner Caliri (Telefoto « Ansa »)