La Storia lungo la Vistola di Lorenzo Mondo

La Storia lungo la Vistola INCONTRO DI STUDIOSI ITALIANI E DELL'EUROPA ORIENTALE La Storia lungo la Vistola La presentazione dell'einaudiana "Storia d'Italia" e il dibattito sulla validità delle tradizioni e dei caratteri nazionali (Dal nostro inviato speciale) Varsavia, ottobre. ! A un anno di distanza dal- '. l'incontro avvenuto a Oxford ! con gli storici inglesi, l'edito- re Einaudi ha portato a Var-! savia la sua Storia d'Italia. ] facendone il perno di un dibattito sui problemi di una disciplina che, mentre vede moltiplicarsi sussidi e strumenti, s'interroga sempre più ansiosamente sul proprio oggetto e sulle proprie finalità. Perché Varsavia? Perché la capitale polacca è il centro di una scuola storica che, per la modernità dei suoi approcci, ed economici e sociologici, è una delle ispiratrici dell'impresa einaudiana. Perché, ha ricordato Ruggero Romano, « le storie di Polonia e Italia sono molto simili, con la Germania sono i Paesi in cui più si è parlato di libertà al plurale ». Perché, infine, sulle rive della Vistola sembra possibile un dialogo mosso e fruttuoso con l'Oriente, parallelo a quello di Oxford, santuario della cultura d'Occidente. Al convegno partecipavano un gruppo di studiosi italiani (Romano, Vivanti, Gambi, Aquarone, Miccoli, Galasso, Poni, Salsano, Dovico, Tucci) I numerosi storici polacchi e alcuni dell'Europa orientale, con esclusione dei sovietici. Nel vecchio Hotel dei duchi di Masovia che accoglie l'Istituto di storia dell'Accademia delle scienze, su quella Piazza del Mercato che è il cuore di Varsavia ricostruita, la discussione si è aperta sul tema: E' possibile una storia nazionale oggi? Hanno ancora un senso i valori nazionali, quando la scienza, la politica, gli scambi economici e culturali si svolgono ormai a livello planetario? Bisogna dire che le domande, in quanto potevano esprimere di scettico e negativo, o anche di travagliato, sono state subito rintuzzate, destituite di eccessiva responsabilità. kov, dell'Università di Lipsia, certo una delle figure più rap presentative, anche fisicamen te, del convegno. Volto gia oro di vecchio immutabile, lunghi capelli serici, un tem- Ha cominciato Walter Mar- ! Einaudi », non so con quanto po chiarissimi, sul maglione accollato, portava disinvoltamente sul suo fragile corpo il peso della galera nazista, di un convinto stalinismo, di un sospetto che circonda oggi, in patria, il suo blando revisionismo. La storia nazionale, ha detto, non solo è possibile ma necessaria, basti pensare alla funzione emancipatrice che riveste presso i popoli del Terzo Mondo. L'opinione pubblica Qui il problema poteva apparire spostato, allontanato con sussiego eurocentrico; ma il cecoslovacco Josef Macek ha auspicato che la Sitoria d'Italia non dimentichi il capitolo delle minoranze linguistiche: toccando, di riflesso, uno dei problemi fondamentali, angustianti, delle nazioni dell'Europa orientale. Così l'ungherese Lazio Makkai è giunto paradossalmente a elogiare nella « Storia entusiasmo dei promotori, il recupero deìì'événementiel, dei fatti politici e militari, « che sono necessari allo storico per conservare la propria autonomia rispetto alle altre discipline », ma che valgono anche ad accentuare la fisionomia originaria di un Paese e di una civiltà. Quanto al polacco Bronislaw Geremek, uno dei più brillanti medievalisti dell'ultima generazione, ha sorpreso tutti af¬ fermando che « l'opinione pubblica in Polonia aspetta con ansia una storia nazìona- le », quella che da anni è in corso di realizzazione e non riesce a vedere la luce. In un incontro più diretto Geremek non esiterà a chia- rire il senso delle sue parole, , , - - ! « La Polonia è un Paese che conserva intatte le sue ferite, del secolo scorso e del nostro, e continua a chiedersi quale sia la propria identità. Ma c'è un secondo aspetto o e o , i gè i i i o ; aol nsaae. kna da tenere presente, quello del-1 il l, i, ooe la n neti ef¬ ta verità. Da noi è sempre esistita una frattura tra la storia dei manuali e quella trasmessa oralmente, nelle famiglie. Lo storico polacco ha oggi una missione, cancellare il peccato originale della storia, restituire fiducia al popolo con la pratica assidua della verità. Per questo una nuova storia rappresenta per la Polonia un avvenimento nazionale ». Geremek parlava sotto l'occhio condiscendente del vecchio Kula, il più prestigioso storico polacco. Ma come è possibile conciliare il culto della nazionalità e l'impegno internazionalista? « Ci troviamo di fronte a un fatto oggettivo, che è la nostra rina scita nazionale. E' un codice morale della corporazione, di noi storici, assumere di fronte ad esso un atteggiamento di grande responsabilità». Nel recupero del passato — osserva qualcuno — la Polonia si incontra con la tradizione religiosa che rivela ancora oggi tutta la sua vitalità. Ed anche a questo proposito la risposta di Geremek non è elusiva: « Il marxismo rappresenta per la Polonia la più grande profìcua avventura moderna. C'è poi una Chiesa, che in questo Paese ha il vantaggio di non essere stata mai alleata del trono. Se il marxismo fosse insensibile al l'importanza della realtà reti giosa commetterebbe un gra ne I ve errore ». Sono discorsi ta \ inscindibili dall'impressione a- -, che suscita la vecchia Varsan via: rifatta, là fuori, fino alon ! l'ultimo fregio od epigrafe ri I sorta da una spianata di mato j cerie su cui non cresceva a- nemmeno l'erba: quello che e, i altrove sarebbe il trionfo del Kitsch, s'illumina qui di una feroce volontà di sopravvivenza, di una forza morale che diventa, con assoluta naturalezza, recupero estetico. Alla luce dei colloqui per sonali si rischiarano certe af- , occanti, per chi conosce le traversie del dubeekiano Ma-1 cek, erano le sue parole de- fermazioni, certi atteggiamenti tenuti al convegno. Sotto la compostezza universitaria, animata appena dal calore ospitale, si scoprivano accenti diversi, allusioni cifrate, non riducibili soltanto a contrasti di temperamenti, generazioni o metodi. Chiare e sordio: « Vi ringrazio di aver- '■ i < ; ' e « I coraggìo dì parlare come sto rico »; come pure il suo accenno alle classi dinamiche e vittoriose che non sannu liberarsi di vecchi pregiudizi e rancori. Ma aveva un significato preciso anche la tre- .. . .. __■ , . quente citazione di Nietzsche, ' di Mannheim, di Benedetto' Croce, che fa riflettere su certi nostri inguaribili provincialismi. Temi suggestivi Per il resto, sulla Storia d'Italia proposta all'attenzione, si è espresso un sostanziale consenso, cogliendone le linee fondamentali: esemplificazione valida dei metodi e delle tecniche di punta della ricerca storica; spazio u aLui.ua, ai^iu sottratto a certi avvenimenti ilhistoire bataillej; j?er jj- cuperarne altri dimenticati (la vita delle classi subalter-' ne, le strutture profonde del Paese prima che della nazio np>- enrattPrP di onera arjpr tal che^ nella^ crisf deUe vie tacne, nella crisi dette vec- chie certezze razionalistiche,82,££ ?r0z°t?lt°j%e™livellatrici. Ci sono stati in viti, piuttosto, ad ampliamenti di tipo quantitativo, indicazioni di nuclei tematici suggestivi riferentisi alla «culture de la peur» (pestilenza, siccità, fame e guerra nei secoli), a concetti di geo- grafia storica e insieme mitica quali Mediterraneo, Nord a steppa, Occidente industriale ed Est agricolo. Ruggero Romano e Corrado Vivanti, coordinatori dell'opera, hanno ammesso tranquillamente di aver voluto cogliere « il momento di un cambio metodologico, ma che tutta la summa della storia è in movimento e va rivista ». Per questo, a lato della Storia d'Italia, verranno pubblicati degli « annali » o miscellanee che terranno conto degli ag giornamenti e dei nuovi me. t ^ &u ricerca sj. . Si è notata con curiosità. , (» i ™i.»,v,( ,»» ™hT™ vSe^KeaSva^tt. ^ Irie e complementari le spie- , UlcvallSla, Ila SC11 portante « Teoria gazioni che se ne^ danno C'è 1il richiamo esercitato da maestri come Alexander Gieysztor e Witold Kula che, senza essere propriamente un medievalista, ha scritto una imeconomica del sistema feudale ». C'è forse, in qualcuno, la volontà di eludere gli incomodi della storia presente o di parlai per metafore. Ma c'è indubbiamente un acuto interesse per certi arretrati modi di vita che qui hanno durato fino a ieri. Viene in mente un quadro straordinario del Museo nazionale, XV secolo. Scuola di Danzica. E' una « strage degli Innocenti », con i bambini scannati e il pian t delle madri in primo pia no; U(J sfond ^ arPmi. gerj in veste £ signorottj medioevali, chiedono la strada a due contadini ancora inconsci, che si levano il capI pell°' s'mchinan0 e s'appre- stano ad avviare gli assassi j u j . j fl. , u N u storici polacchi cne \ ubiamo conoscilo il gusto dell'indipendenza intellettua- le e politica, il fascino di lon tani radicamenti non vanno disgiunti dalla memoria di una secolare ingiustizia, di un protratto orrore. Lorenzo Mondo