In corte d'assise nove imputati per la fine di Ermanno lavorini di Filiberto Dani

In corte d'assise nove imputati per la fine di Ermanno lavorini Il clamoroso processo si svolgerà a Pisa in gennaio In corte d'assise nove imputati per la fine di Ermanno lavorini Il ragazzo, 12 anni, fu rapito e ucciso a Viareggio da un gruppo di attivisti dell'estrema destra - Il cadavere trovato dopo 40 giorni sepolto sulla spiaggia di Marina di Vecchiano - Durante le indagini furono coinvolte due persone innocenti: una s'impiccò, l'altra morì di crepacuore (Dal nostro inviato specialeJ Pisa, 23 ottobre. Ermanno Lavorini, dodici anni, fu rapito a Viareggio il 31 gennaio 1969; quaranta giorni dopo, l'8 marzo, il suo corpo fu trovato sulla spiaggia di Marina di Vecchiano, sepolto sotto due spanne di sabbia. Da allora sono passati quasi sei anni. La tormentata inchiesta giudiziaria sul clamoroso «kidnapping», il primo nella storia della criminalità italiana, è ora giunto in corte d'assise di Pisa: il processo comincerà il 9 gennaio 1975 e, secondo le previsioni, durerà non meno di due mesi. Nove gli imputati, più di cinquanta i testimoni, una ventina gli avvocati della difesa e della parte civile. La sentenza di rinvio a giudizio (305 pagine dattiloscritte, migliaia ! di verbali, un fascicolo prò-1 cessuale alto un metro e mezzo) porta la firma del giudice istruttore Pier Luigi Mazzocchi. Propone una tesi che è diametralmente opposta a quella sostenuta nella requisitoria scritta dal procuratore della Repubblica di Pisa, Raul Tanzi: Ermanno Lavorini, dice il giudice istruttore, non fu vittima di un delitto maturato nel mondo dei pervertiti: venne rapito perché i suoi genitori pagassero un grosso riscatto che doveva servire per finanziare le attività eversive di un movimento di destra, il Fronte giovanile monarchico della Versilia; quando il ragazzo si ribellò, fu ucciso. Il procuratore della Repubblica (che al processo sarà rappresentato dal sostituto, Giovanni Sellaroli) nega che la vicenda abbia un sottofondo politico, parla invece di una lite accaduta durante uno squallido «party» omosessuale, e afferma che la morte di Ermanno Lavorini fu accidentale («La telefonata che chiedeva soldi alla famiglia ebbe soltanto lo scopo di confondere le acque» I. Gli imputati principali sono tre (gli altri sei dovranno rispondere di falsa testimonianza e favoreggiamento): Marco Baldisseri, 22 anni, Rodolfo Della Latta, 25 anni, e Pietro Vangioni, 24 anni (quest'ultimo è l'unico che si presenterà al processo in stato di detenzione, non avendo a suo tempo scontato interamente il periodo di carcere preventivo). Il capo d'imputazione non stabilisce una gradazione delle colpe, ma accomuna i tre giovani di fronte alla stessa pesante accusa: omicidio volontario a scopo di estorsione, occultamento di cadavere, calunnia continuata ed aggravata. C'era, in istruttoria, un quarto coimputato, Andrea Benedetti, ma non potrà essere processato perché quando accadde il fatto aveva meno di quattordici anni. Rievochiamo, per maggior chiarezza, le tappe di questa intricata storia. A Viareggio, il 31 gennaio 1969, Ermanno Lavorini scende correndo le scale di casa, attraversa il negozio di tessuti del padre, sale sulla bicicletta e parte. Sono le 14,30, sarebbe dovuto restare fuori poco più di un'ora. Alle 17,40 invece di Ermanno, nel negozio del padre arriva una telefonata: «Il ragazzo è con noi — dice una voce maschile — e sta bene. L'abbiamo invitato a cena. Preparate quindici milioni». Quaranta giorni dopo il cane di un cacciatore trova il corpo del ragazzo, sepolto nell'arenile di Marina di Vecchiano. I primi arrestati, fra aprile e maggio, sono giovanissimi e tutti attivisti dell'estrema destra: Marco Baldisseri è il cassiere del «Fronte monarchico versiliese», Andrea Benedetti, iscritto allo stesso gruppo, Rodolfo Della Latta, simpatizzante per il msi e frequentatore abituale del circolo monarchico. Il primo a parlare è Marco Baldisseri: confessa di avere partecipato con gli altri due al rapimento del ragazzo, d'averlo colpito con un pugno per reprimere un suo tentativo di fuga e attribuisce la responsabilità dell'uccisione a Rodolfo Della Latta («Ha soffocato Ermanno infilandogli in bocca il suo fazzoletto»). Il ragazzo dice qualcosa di più: «In una riunione del Fronte monarchico decidemmo di darci da fare contro le contestazioni di sinistra, di organizzare qualche "botto". Qualcuno propose, e fummo tutti d'accordo, di rapire il figlio di una persona facoltosa per finanziare, con il riscatto, la nostra azione». Qualche giorno dopo, però, Marco Baldisseri fornisce un'altra versione: non parla più di rapimento, ma di torbido festino con la partecipazione di Ermanno Lavorini («Il ragazzo si era poi tirato indietro, c'è stata una lite, è caduto morto»). Altro colpo di scena: Marco Baldisseri conferma la sua prima versione (rapimento, ribellione, uccisione accidentale) e chiama in causa Pietro Vangioni. L'accusa, per tutti, è di omicidio volontario a scopo d'estorsione e il giudice istruttore la inquadra nel clima che si era creato a Viareg gio dopo il 31 dicembre 1968. Quella notte, davanti alla «Bussola» di Marina di Pietrasanta un gruppo di estremisti di « Potere operaio » aveva contestato violentemente il sofisticato ritrovo e l'ambiente borghese che esso rappresentava. C'erano stati anche degli spari e un giovane pisano. Soriano Ceccanti, vive tutt'oggi su una poltrona a rotelle avendo avuto la spina dorsale lesa da un proiettile. I fatti della «Bussola» furono lo spunto per la più virulenta delle reazioni, nacquero i «comitati di salute pubblica», da tutti gli ambienti della destra vennero incitamenti all'autodifesa. II caso Lavorini, insomma, non fu, a parere del giudice istruttore, un turpe affare di corruzione, ma si innestò, come rapimento a scopo di estorsione, in una precisa strategia politica. Gli omosessuali di Viareggio, dunque, non c'entrarono per nulla nella vicenda e qualcuno pagò, pur essendo innocente, come Adolfo Meciani, impiccatosi in carcere e morto dopo una penosa agonia di quaranta giorni; come Giuseppe Zacconi, morto di crepacuore, come gli altri fatti bersaglio di tante accuse, infamanti e false. Filiberto Dani

Luoghi citati: Pisa, Vecchiano, Viareggio