I silenzi della Rai-tv di Aldo Rizzo

I silenzi della Rai-tv la concessione scade il 30 novembre I silenzi della Rai-tv "La completezza d'informazione", cui la Corte Costituzionale ha condizionato la legittimità del monopolio radiotelevisivo, resta ancora solo sulla carta - E la lunga crisi governativa rischia di rinviare ancora la necessaria riforma dell'ente di Stato / telespettatori italiani non 1 hanno visto in diretta il mi- I nistro Andreotti illustrare. alla commissione Difesa del la Camera, quell'insieme di minacce e di attentati alla sicurezza dello Stato democratico che va sotto il nome di « golpe », né il dibat tito che ne è seguito. Eppu- \ re era un loro diritto: la i sicurezza dello Stato demo- : erotico è la sicurezza di tut- I ti i singoli cittadini. In Ame- rica — è un vecchio dìscor- | so — la tv è invece un oc- chio implacabile. Anche lì \ i c'è un Parlamento e ci sono le commissioni parlamentari con le loro competenze specifiche: le telecamere non aggiungono né tolgono nulla al potere decisionale di chi è costituzionalmente e politicamente abilitato a de- I ì cidere; ma intanto i dati del- < la discussione rimbalzano in j I modo immediato e concreto \ sulle grandi masse, creano \ \ un rapporto diretto, altrii menti impossibile, fra chi 1 decide e coloro in nome dei quali sì decide. In Italia, nell'Italia della | crisi (la crisi generale, cioè | politica, economica e sociale), questo tipo di rapporto sarebbe ancora più necessario: la crisi non è che un insieme di problemi comuni irrisolti, discuterne pubblicamente, « nelle case » di tutti, sarebbe non solo un modo di conoscere meglio quei problemi, ma anche, in un certo senso, di cominciare a risolverli. Ma questo Paese non ha ancora impa- rato ad usare la tv come strumento dì democrazia, A luglio, la Corte Costituzionale emise, in questa materia, delle sentenze « storiche ». Riconobbe la liceità dei « ripetitori » dei programmi stranieri e la libertà della tv via cavo, purché su scaia locale. Confermò la legittimità del monopolio \ della Rai per i programmi nazionali, ma subordinando i0 a precise condizioni: «obiettività e completezza di informazione», «ampia aper tura a tutte le correnti cul- ! rito delle sentenze della Cor- turali », « imparziale rappresentazione di tutte le idee che si esprimono nella società », e via dicendo. Tutto ciò significava un grosso lavoro di ripensamento e di adeguamento del vecchio progetto dì riforma dell'ente radiotelevisivo, presentato due mesi prima alla Camera dal governo Rumor. Ma ora quel governo ha politicamente cessato di esistere, e mentre ci si affanna, a sostituirlo si approssima il 30 novembre, che è la data di scadenza della concessione, già prorogata, della Rai-tv. Rischiosa proroga Se quella scadenza non fosse rispettata, si aprirebbe una fase di estrema incertezza in un settore così delicato e importante della vita nazionale. Un nuovo provvedimento di proroga, dopo le sentenze di luglio, sarebbe certamente esposto a rischi d'incostituzionalità: e dal vuoto giuridico potrebbero scaturire condizioni, più che di libertà, di anarchia (poiché anche la libertà ha bisogno di un quadro istituzionale e legislativo). Si farà in tempo? Il comitato parlamentare ristretto che prepara il nuovo progetto di legge è fermo, per la crisi di governo; però si sa che riunioni informali sono proseguite nell'ambito del centro-sinistra, e che è in atto, da parte democristiana, un'opera di raccordo e di « ricucitura » dei punti di vista. O almeno era in atto. Ora che l'ipotesi di una riedizione del centro-sinistra organico è fallita, tutto potrebbe tornare in discussione (e sarebbe una contraddizione patente con lo spi- te, che hanno inteso sganciare le vicende della Rai da quelle dell'esecutivo, in- j dicando il Parlamento come \ « mandante » politico). Un ■ altro caso ancora è quello di uno scioglimento alitici pato delle Camere, ed è il J più grave di tutti: chi gesti ; rebbe, e a quale titolo, il , «potere» televisivo in elezio- j ni tanto importanti e dram matiche? : Sul punto a cui sono arri vate, a Cui erano arrivate, ie trattative, mancano no- tizie dirette, si hanno indi cazioni molto generali. Si parlava di associare la ri- j forma della Rai alla regola- \ mentazione dei ripetitori \ esteri e delle Tv via cavo, 1 per giungere a una discipli- j na globale del mezzo televisivo. Per i ripetitori e per il cavo (la cui caratteristica « locale » sarebbe definita in ragioni che vanno dal biso un ambito compreso tra il quartiere e il territorio comunale) vale ovviamente il criterio liberalizzante imposto dalla Corte. Però c'era la preoccupazione, nel caso dei ripetitori, di ridurne o addirittura, secondo alcuni, annullarne i messaggi pubblicitari, per gno d'impedire l'esodo di valuta a quello di garantire ai giornali stampati il 95 per cento della pubblicità nazionale (il restante 5 sarebbe per la Rai). E quanto alle Tv-cavo, erano allo studio anche per esse misure condizionanti dello schema « liberista », perché sia salvaguardato il loro carattere locale e « spontaneo », contro la prospettiva di « cartelli » e « oligopoli ». Per la Rai, l'obiettivo era e resta quello di sostituire il Parlamento all'esecutivo come « mandante » politico e come controllore, trasformando poi in parte la natura dell'ente, che diventerebbe una società «a totale partecipazione statale », e dando regolamentazione al « diritto di accesso», su scala nazionale e su scala regionale, di forze politiche, sociali e culturali composite e differenziate. La Rai, « servizio pubblico essenziale », dovrebbe diventare lo specchio fedele di una società pluralista. E c'era, naturalmente, il vecchio accordo quadripartito per introdurre il criterio della concorrenza interna (due reti, due telegiornali in contemporanea). Infine si parlava dell'introduzione del colore, da decidere però nell'ambito della programmazione economica. Indicazioni vaghe, non si sa più quanto attuali, e che comunque lasciano spazio a interrogativi, a dubbi. Questi abbondano ai due lati del centro-sinistra, dentro l'« arco costituzionale ». I comunisti temono che, alla fin fine, si passi da una lottizzazione a un'altra: « E benché », osservano, « una lottizzazione allargata sia preferibile ovviamente a una ristretta, l'ideale è che tutte le lottizzazioni siano abolite ». All'altro lato, i liberali contestano il principio stesso del monopolio, vorrebbero un sistema « inglese », con una Rai-Bbc, e libertà. per il resto, a emittenti private, via etere e via cavoEssi definiscono « di retroguardia » ofirni difesa del monopolio, perché, dicono, il monopolio è messo in crisi irrimediabilmente dal progresso tecnico delle comunicazioni televisive. E anche questo è, almeno in teoria, un punto di dibattito. Partiti e correnti Però il monopolio, in termini politici, è fuori discussione, e bisogna domandarsi piuttosto come può essere garantita, pur nel quadro di direttive democratiche generali, l'autonomia degli operatori culturali e giornalistici della Rai-tv dal « mandante » politico. Questo è un punto centrale. Perché non si può immaginare un rapporto simile a quello tra il direttore e l'editore di un giornale stampato? L'editore può sempre licenziare il direttore, ma il direttore è istituzionalmente libero da ogni interferenza, finché è in carica. Un'ipotesi è che il direttore generale della Rai sia nominato dal Parlamento per un periodo di tempo circoscritto, durante il quale è però inamovibile e insindacabile, salvo ovviamente che per fatti eccezionali, e comunque nell'ambito di direttive di massima. I repubblicani e i socialisti giudicano potenzialmente decisiva, per la difesa dell'autonomia professionale, l'introduzione della concorrenza interna; ma, ancora, è importante che alla testa delle reti e dei telegiornali concorrenti non siano messi dai partiti uomini di partito. Il pri e ora anche il psi danno ampie assicurazioni in tal senso; restano da vedere le intenzioni segrete della de. Nell'attesa del futuro, il « dopo Bernabei » è fitto di voci e di supposizioni su quelli che saranno i vertici della Rai « riformata », e quasi sempre, ancora, i nomi dei candidati sono associati a partiti e a correnti di partito. E la televisione, il più formidabile mezzo di comunicazione di massa del mondo moderno, continua a essere uno specchio opaco di questo Paese e di questa società, un aspetto essa stessa della loro crisi generale. Aldo Rizzo

Persone citate: Andreotti, Bernabei

Luoghi citati: Italia