È pazzo o simula il "professorino,, che ha assassinalo due persone? di Remo Lugli

È pazzo o simula il "professorino,, che ha assassinalo due persone? Il processo per il delitto nella canonica di Giussano È pazzo o simula il "professorino,, che ha assassinalo due persone? Manlio Irmici, 44 anni, nel 1950 uccise un ragazzo di 15 anni e venne condannato a otto anni di carcere e a tre di casa di cura - Nell'agosto del 1973 soppresse una sedicenne - Ritenuto dai periti seminfermo di mente (Dal nostro inviato speciale) Milano, 21 ottobre, E' pazzo o non è pazzo que- sto «professorino» che na-sconde gli occhi dietro grandi occhiali neri? Manlio Irmici è un «professorino» già maturo, 44 anni. Maglione verde, capelli ben pettinati, baffi spioventi, atteggiamento composto, molto diverso dal comportamento che tenne un anno fa, il 17 ottobre '73, quando i giudici della corte d'assise si accinsero a giudicarlo. Allora disse di essere il duca di York e affermò anche che il presidente era in realtà la regina Elisabetta. Quando, nel '50, uccise la sua prima vittima, un ragazzo di quindici anni suo allievo, impiegarono dieci anni per giudicarlo, sempre in attesa di perizie e controperizie. In fine lo condannarono a otto anni di reclusione e a tre di casa di cura, pena che scontò. Uscito, tornò a fare il «professorino» presso una canonica, quella di Giussano, dove dava lezioni private e rendeva qualche servizio al parroco. Poi, dopo qualche tempo, il 31 agosto '71 tornò ad uccide re, questa volta una sedicenne, Anna Danila Salvatore. Ed ecco che di nuovo ci si chiede se è pazzo o non è paz-zo. Non si è andati avanti nel processo. E' ricominciato stamattina davanti alla seconda corte d'assise e dopo un'ora e tre quarti è stato rinviato. Ancora questione di perizie. Vediamo a che punto è la situa zione giudiziaria. In fase di istruttoria, a Monza, era stata disposta una perizia collegiale e i periti incaricati, Benassi, Grisanti e Rossini, avevano ritenuto Urinici seminfermo di mente in quanto la sua capacità di intendere e di volere era fortemente scemata per una sindrome paranoidale. Nell'ottobre dello scorso anno, quando s'iniziò il processo, sin dalle prime battute l'Irmici saltò fuori con quella affermazione sul duca di York per cui i difensori avvocati Canbian di Milano e Della Valle di Monza eccepirono che mancava al loro difeso la cosiddetta «capacità processuale», cioè non era in grado, in quel momeni to, di partecipare ad un pro! cesso. Il presidente dottor Curatolo assegnò allo psichiatra professor Rossella l'incarico di esaminare le sue condizioni di mente. Dopo pochi giorni il perito riferì che l'Irmici non era in grado di assistere al procediI mento penale per una sindro! me di Gansen, cioè una psicosi carceraria. Il processo fu quindi sospeso e l'imputato trasferito al manicomio giudiziario di Castiglione delle Stiviere. Tre mesi dopo una relazione del direttore del manicomio informava che l'Irmici era in grado.di assistere al processo. Fu chiesta una relazione più dettagliata; la Corte, quando l'ebbe ottenuta, il 29 aprile scorso, si riunì in seduta interna, revocò la precedente ordinanza di sospensione rendendo possibile l'odierna ripresa del processo. Questa mattina, dunque, la Corte s'è trovata davanti a un imputato che non si professava più duca di York, se ne stava quieto e in silenzio die- | tro i suoi occhiali neri. Ma il i p.m. dottor Pomarici si è chiesto: «Abbinino delle peri1 zìe contrastanti: come e in ef ifctti adesso l'Irmici?». Poma- rici ha chiesto una nuova perizia collegiale, che tenga conto delle attuali condizioni psichiche dell'imputato e di quelle al momento elei delitto. I difensori si sono associati alla richiesta e la Corte, dopo essersi consultata in camera di consiglio, ha deciso di ordinare questo nuovo esame peritale, che è il terzo (quinto se si considerano le due relazioni del direttore del manicomio). Gli atti vengono ritrasmessi al giudice istrutto- ! re di Monza perché nomini il collegio. Non è improbabile che an- I che c'uesta volta come per il precedente delitto, passi una decina di anni tra il crimine e la condanna. Manlio Irmici è rimasto indifferente alla decisione; è abulico, assente, non ha battuto ciglio nemmeno quando dal pubblico s'è levata una voce di donna, quella della madre di Anna Danila, che ha gridato: «Delinquente, \ mascalzone, assassino». Anna Danila Salvatore era j una bellissima ragazza e lui I l'aveva uccisa sferrandole cin- | 11ue co'P1 sulla testa con un tubo di ferro pieno di cemento, e poi infilandole il capo in un sacchetto di nailon perché non uscisse il sangue. Una ragazza che voleva vivere la propria vita e invece lui, più anziano di ventisei anni, innamorato, roso da una passione torbida, non voleva lasciarla andare per la sua strada. L'Irmici aveva conosciuto, anni prima, il fratello di Anna Danila, Ermelindo, di 18 anni. Erano entrambi in un collegio di Badia Polesine: il ragazzino come alunno e l'adulto come insegnante. Quando Ermelindo era stato trasferito in un collegio di Fiesole, l'Irmici lo aveva seguito. Ave- va per lui un'amicizia molto stretta, un attaccamento quasi morboso. Poi il ragazzo aveva fatto ritorno a casa, a Birone di Giussano, una mo¬ destissima abitazione. Manlio Irmici aveva chiesto e ottenuto di seguirlo. S'era insediato nella famiglia, a pensione, e lavorava come uomo di fidu¬ o uo e u¬ cia e di aiuto presso la canonica. Ermelindo viveva con la nonna, Maria Verecchia vedova Pesce, e uno zio, Gelardo, di 22 anni. Sua madre, vedova, abitava in un'altra casa, con un uomo e con tre figlie: ! 11 Carmen di 20 anni, Anna Danila e Angela di 10. A un certo punto Anna Danila aveva deciso di cambiare dimora, di trasferirsi dalla nonna. Con la convivenza ecco nascere nel maturo «professorino» l'amore per Anna Danila. Sposta su di lei l'attaccamento che prima aveva per suo fratello. La nonna dopo un po' fa in modo di mandarlo fuori di casa. L'Irmici va a dormire in una stanza sopra la canonica, che ha ottenuto 1 dal parroco, ma la ragazza ! ogni giorno gli va a sbrigare le faccende. Racconterà poi l'imputato in istruttoria che la giovane, dietro le sue insi-1 stenze, ogni tanto acconsentiva a spogliarsi soltanto per farsi vedere, non per altro; e in cambio lui le faceva dei regali che lei, sempre a detta dell'imputato, sollecitava. Poi alla fine dell'agosto '71 la ragazza, ormai stufa di questa situazione ambigua e torbida, dice basta: non vuole più vedere Manlio. Lui fìnge d'essere persuaso ad andarsene, partirà per la Svizzera. Ma vuole che Anna Danila vada con lui un'ultima volta, nella sua stanza, per aiutarlo a preparare la valigia. Lei acconsente, sale sul suo motorino. La nonna e gli altri congiunti l'attendono invano, pensano che Manlio l'abbia convinta a partire per la Svizzera. Due giorni dopo si scopre il delitto. L'Irmici si costituirà un mese dopo, a Trento: e ai carabinieri racconterà una vaneggiante storia: d'essere stato sequestrato e torturato da un gruppo di zingari, parenti della ragazza morta. Remo Lugli . ! 11 Milano. Manlio Irmici in (Foto G.