Disputa sui rapporti tra magistrati e gli organi di polizia giudiziaria

Disputa sui rapporti tra magistrati e gli organi di polizia giudiziaria Al convegno dell'Unione magistrati italiani ad Arona Disputa sui rapporti tra magistrati e gli organi di polizia giudiziaria (Dal nostro inviato speciale) Arona, 19 ottobre. «Perché sia fatta giustizia, la magistratura deve conoscere, senza limiti e senza condizionamenti, ciò che fa la polizia giudiziaria. Invece, oggi, la magistratura sa poco e male e in ritardo molte di quelle cose che altri organi dello Stato — vedi Sid — conoscono, a fondo, da tempo. In questo modo non si può fare della vera giustizia: è ora che i rapporti tra magistratura e polizia vengano riveduti». Queste parole del prof. Giovanni Conso hanno provocato lunghi applausi nella sala un po' sonnolenta del Teatro San Carlo, dove oggi è proseguito il convegno indetto dall'Unione magistrati italiani (Umi) su «Giustizia penale e polizia giudiziaria». Dopo le relazioni e i discorsi ufficiali — fra cui quelli del senatore Bosco, dell'on. Pennacchini e del procuratore generale della Repubblica di Torino, Reviglio della Veneria — il dibattito si era cristallizzato in esposizioni dotte e puramente tecniche, nelle quali gli oratori prendevano in esame la legge-delega che dovrebbe fra un paio d'anni innovare il processo penale, e discutevano sui vari punti, soprattutto su quello riguardante la dipendenza della polizia giudiziaria dal pubblico ministero. Ma quale dipendenza? Funzionale o gerarchica? Quale spazio deve avere l'ufficiale di polizia e quale il magistrato? Fino a che punto la polizia può ritenersi autonoma rispetto alla magistratura? Pro¬ blemi complessi, dove l'accademia e la teoria prevalevano talvolta sulla realtà quotidiana. Conso è andato direttamente al cuore del dibattito, partendo da una considerazione tanto semplice quanto evidente: guardiamoci attorno, non c'è bisogno di spingerci troppo lontano, inoltrandoci nei labirinti dei codici, delle leggi e delle «novelle». Non abbiamo neppur bisogno di aprire i giornali, perché le notizie appaiono sulla prima pagina Ci riferiamo alle indagini sulle trame eversive, ai rapporti dei servizi segreti, alle rivelazioni dei confidenti, ai fascicoli che appaiono e scompaiono come per un gioco di prestigio, ai dossier ridimensionati, agli stralci di denunce, alle reticenze più o meno palesi di certi personaggi. In tutta questa girandola di «informazioni — si fa per dire — riservate», l'ultima a saperne qualcosa è sempre la magistratura «alla quale qualcuno vuol bendare gli occhi e sbandiera il segreto di Stato per tenerla all'oscuro», ha detto Conso. Tra gli applausi della sala che, all'improvviso, si era riempita di gente, Conso ha proseguito nel suo intervento. Un convegno cosi importante non può concludersi con sterili commenti alla legge-delega. Occorre far qualcosa di più, suggerire rimedi, proporre soluzioni. Secondo Conso, quindi la polizia giudiziaria deve ritrovare, con la magistratura, un rapporto «diretto, continuo ed effettivo». Rapporto non significa, però, dipendenza assoluta: sarebbe impensabile che tutta la polizia giudiziaria dipendesse dal pubblico ministero. Allora bisogna intendersi sul significato della parola. «A me — ha detto Conso — del rapporto scritto o orale, che la polizia è tenuta a fare al magistrato, importa molto poco. Il problema è che il rapporto sia fatto, e subito, e non soggiaccia a pressioni di alcun genere. Si metta un termine ben preciso alla stesura di queste informazioni: ore, giorni, una settimana al massimo, e si colpisca con l'omissione di atti d'ufficio, chi abusa di sfacciati ritardi». Venendo alle proposte concrete, Conso si è detto favorevole alla creazione di nuclei speciali, o a una «fetta» di polizia giudiziaria che svolga solo questa attività col pubblico ministero. La realizzazione non è facile, perché vi sono difficoltà di bilancio e di preparazione umana. Le resistenze, è naturale, possono venire dall'esecutivo «che mal vedrebbe sottrarsi quella fetta del suo organico» ma non devono venire — si è raccomandato Conso — proprio dai magistrati, ai quali si chiede più lavoro e maggiore responsabilità. Tra gli altri interventi, quello del vicepresidente del Senato, Albertini, e quello del gruppo di borsisti-studiosi dell'Istituto di procedura penale dell'Università di Firenze. Il convegno si conclude questa mattina. Sergio Ronchetti

Luoghi citati: Arona, Firenze, Torino