Una Repubblica senza governo di Fabio Luca Cavazza

Una Repubblica senza governo DIAGNOSI INGLESE SULL'ULTIMA POLITICA ITALIANA Una Repubblica senza governo P. A. Allum, docente presso l'Università inglese di Reading, ha scritto un libro sull'Italia d'oggi e, fin dal titolo, si chiede se noi siamo una Repubblica senza governo Utaly-Republic without Government?, Londra, Weidenfeld & Nicolson, Lst. 5,50). Poiché il libro di Allum spicca per chiarezza espositiva e qualità interpretativa, è lecito pensare che diventi una delle fonti cui farà ricorso chi, non conoscendo la lingua italiana, voglia documentarsi su uomini e cose del nostro Paese. Per noi italiani leggerlo non significa solo riapprendere cose note, ma anche comprendere come siamo visti e quali giudizi corrono su di noi. Sotto questo profilo è opportuno raccomandare il volume a quanti in Italia, per dovere istituzionale, e ragioni soprattutto politiche, hanno che fare con interlocutori stranieri. E' probabile che essi traggano da libri come questo di Allum fatti e spiegazioni da non dimenticare. Allum divide il suo libro in tre parti. Nella prima offre al lettore un breve ma succoso ritratto della società italiana. Ne descrive gli elementi istituzionali che hanno fissato, pur nella mutevolezza dei regimi, la sua fisionomia statale e amministrativa e prosegue con una analisi delle questioni, talune antiche talune nuove, che a partire dal dopoguerra hanno costituito il cimento dei nostri governanti e il travaglio di noi governati. Cosi Allum elenca la questione meridionale ( « la marginalità economica del Sud » rispetto al Nord continuerà « a meno che non si ricorra a un'azione coordinata a livello soprannazionale » coinvolgendo la politica regionale della Comunità europea); il miracolo economico e le sue conseguenze sociali (« il problema del momento è il rilancio degli investimenti » e l'obiettivo può essere raggiunto o « comprimendo i salari reali ai livelli degli Anni Cinquanta o attaccando i privilegi delle classi medie »); le migrazioni interne; la struttura delle classi sociali (di cui rileva la frammentazione e l'instabilità, il loro agglutinamento intorno a privilegi corporativi, il dominio ma non l'egemonia di alcune di esse, come l'elite degli uomini d'affari e dei managers, «i cosiddetti tecnocrati}}), e, infine, la cultura politica (di cui sottolinea l'ormai classica divisione fra Nord-Ovest industrializzato, Nord - Est « bianco », Centro « rosso » e Sud « incapsulato » nel paternalismo clientelare). La società civile La seconda e la terza par- te, per citare Allum, « tratta- no in dettaglio le strutture e i modi con i quali operano le maggiori componenti istituzionali della società civile e dello Stato ». Nella seconda, dedicata alla società civile, l'autore analizza l'azione e il ruolo della Chiesa, dei partiti e dei principali gruppi d'interesse. Nella terza, trasferisce Ir. sua attenzione allo Stato ed esamina nell'ordine il potere esecutivo e quello legislativo, la pubblica amministrazione — senza trascurare i militari e la burocrazia preposta all'intervento economico —, il potere giudiziario e, infine, il governo locale, dai Comuni alle Regioni. Entrambe queste parti svelano al lettore straniero e ricordano a noi — grazie a una esposizione secca ed essenziale — la straordinaria compenetrazione fra società civile e Stato. E' avvenuta perché nei partiti la cura di amministrare attraverso il Parlamento e lo Stato il proprio patrimonio elettorale ha troppo largamente sopraffatto la funzione originale di ricerca del consenso e di proposta al Paese di un programma di governo, mentre gli altri isti-tuti della società civile o han no cercato di prevaricare i partiti o ne hanno accettato la tutela, nell'un caso come nell'altro perdendo la loro autonomia. Chi riconosca — come del resto fa Allum — quanto influenti siano i dati della situazione internazionale sugli assetti di politica interna dell'Italia (ma anche degli altri Paesi dell'Europa, tanto occidentale quanto orientale), deve riconoscere che la proliferazione di queste basse cure non va solo ascritta a una calcolata volontà di dominio dei partiti, o alla « generale povertà della società civile italiana », come rileva Allum. Diciamo che la situazione internazionale col- labora a perpetuare in Italia la stabilità degli schieramenti e che i partiti, inchiodati a ruoli non sovvertibili, e certi di non esser puniti dall'elettorato, sono portati ad anteporre (anche loro malgrado) la preservazione delle delizie del potere alle preoccupazioni di governo. Gli altri seguono. A me sembra che per questi dati, come -per altri, propri dell'Italia, sola fra le nazioni dell'Europa occidentale, Allum compia una scelta felice usando per connotare il sistema politico italiano il modello di cui si avvalse Sir Lewis Namier per descrivere l'Inghilterra del diciottesimo secolo. « Vi è un partito in permanenza al governo ovvero un partito della "Corte" (la de), la Corte essendo, dopo la caduta della monarchia, il Vaticano; vi è un partito in permanenza all'opposizione (il pei); vi è un gruppo di partiti che sostengono il governo (i partiti minori del to coalizione); vi è infine ungruppo di partiti alternativi per sostenere il governo (i partiti minori che si oppongono alla coalizione ma che sperano di entrarvi) ». Il modello ha una sua in- 1 tima logica per cui, come scrive Allum riferendosi ai due principali partiti, « le preoccupazioni del pei sono in modo manifesto diametralmente opposte a quelle della de, ina perciò complemento- I nel dopoguerra ». ri»; la «relazione dialettica» I fra i due partiti « è stata paradossalmente responsabile sia dell'immobilità come del dinamismo di cui il sistema parlamentare ha dato prova Gli amici-nemici Nell'ultima pagina del libro, Allum azzarda alcune ipotesi sul prossimo futuro italiano. La prima è una nuova maggioranza con il pei; la seconda rimanda a nuove istituzioni ( « presidenziali », avverte Allum). E le illustra; la prima potrebbe sbloccare l'attuale rigidità del sistema politico, introducendo elementi di mobilità politica e insieme di stabilità governativa. Forse introdurrebbe „.,..,., . „„„ „„„ .quest ultima, ma io non ere-1 "J , , ... do che la grande coalizione o il compromesso storico possano trarci dalle secche dell'immobilismo. A mio avviso, usando a mia volta il modello di Sir Lewis Namier, e senza dimenticare che de e pei, amici-nemici, sono responsabili tanto dell'immobilità quanto del dinamismo di cui ha dato prova il sistema, penso che nei due partiti, ridotti a esser amici per stato di necessità, prevarrebbe la tentazione del potere, e cioè l'immobilità, e non la preoccupazione del governo, e cioè il dinamismo. D'altro canto, mentre ritengo che sia giusto che uno studioso si ponga l'ipotesi del mutamento istituzionale, penso che una parte del no¬ , stro sistema partitico non ab bia e non possa coagulare la forza sufficiente per imporre all'altra un mutamento isti- ! tuzionale. Ma in entrambi i casi Allum prevede a non lontana scadenza l'accesso al potere dei « cosiddetti tecnocrati » (se la previsione dovesse verificarsi ad accedere al potere sarebbero, secondo me, i tecnocrati dell'area pubblica o quelli che si muovono con disinvoltura fra que- I sta e la privata). Nel caso di una maggioranza che comprenda il pei, — conclude Allum — i tecnocrati assumerebbero un « volto più progressista », nell'altro caso uno « più autoritario ». Su un punto Allum è tuttavia perentorio: questo sistema italiano corre grave e mortale pericolo, se di fronte alle difficoltà e alle tensioni del momento la classe politica non fa scelta alcuna. Viene, allora, spontaneo chiedersi: la scelta non potrebbe collocarsi a mezza via fra le due ipotesi estreme di Allum? Per esser precisi: la gestione democratico-cristiana tenterebbe di rafforzarsi chiamando al governo un nucleo dei cosiddetti tecnocrati, soprattutto in pendenza di un .ulteriore deterioramento del 1 „,,._„ „ _„„:„„ „„„i„i„ quadro economico e sociale. ! Rispetto alle ipotesi di Al lum, questa soluzione non si presenta come una scelta, bensì come una via di mezzo o, se si preferisce, una mezza-scelta. Ha però il vantaggio di rispettare due dati del nostro sistema politico. Primo, esso ha sempre fatto mostra d'esser pochissimo disposto a favorire sensazionali mutamenti. Secondo, la mezza-scelta concluderebbe il lungo processo di svuotamento dell'autonomia dei gruppi della società civile, processo che questa ha colpevolmente facilitato. Il sistema partitico porterebbe alle sue ultime conseguenze la già ricordata compenetrazione fra società civile e Stato, complici i cosiddetti tecnocrati i quali non hanno capito (o hanno fin troppo bene capito) che « la generale povertà della società civile italiana » è il nodo in cui si aggrovigliano tutte le debolezze del Paese. Fabio Luca Cavazza

Persone citate: Lewis Namier, Nicolson, Reading

Luoghi citati: Europa, Inghilterra, Italia, Londra