Il mondo dall'oblò di Giulio Cattaneo

Il mondo dall'oblò I MITI DI JULES VERNE Il mondo dall'oblò «L'opera di Jules Verne (del ] «L'opera di Jules Verne (del tinaie si è celebrato recentemente il cinquantenario) sarebbe un buon soggetto per una critica di struttura; è un'opera a temi, Verne ha costruito una sorta di cosmogonia chiusa in se stessa, che ha le sue categorie proprie, il suo tempo, il suo spazio, la sua pienezza, e perfino il suo principio esistenziale. Tale principio mi sembra sia il gesto continuo della reclusione. L'immaginazione del viaggio corrisponde in Verne a una esplorazione della chiusura, e l'accordo di Verne e dell'infanzia non deriva da una mistica banale dell'avventura, ma al contrario da una felicità comune del finito, che si ritrova nella passione infantile per le capanne e le tende: chiudersi e installarsi, tale è il sogno esistenziale dell'infanzia di Verne ». Così Roland Barthes, poco meno di vent'anni fa, iniziava un pezzo intitolato «Natililus e Balenìi iure», forse il più ingegnoso del libro Mylbologics ripresentato ora da Einaudi [Miti d'oggi). Una vecchia espressione veneziana minacciava i bambini in vena di malestri: « Fate tuia casa de fero»; ma ciucila casa di ferro che sola poteva proteggere dal meritato castigo diventava nell'immaginazione del bambino un piccolo paradiso appartato. Una casa minuscola, chiusa, da perlustrare in solitudine stanza per stanza, da abitare per lungo tempo lontano dai divieti degli adulti. « L'archetipo di questo sogno e il romanzo quasi perfetto, L'isola misteriosa, in cui l'uomo-bambino reinventa il mondo, lo riempie, lo isola, vi si chiude, e corona quello sforzo enciclopedico con l'atteggiamento borghese dell'appropriazione: pantofole, pipa, e angolo del fuoco, mentre fuori la tempesta, cioè l'infinito, infuria vanamente ». A mezzo secolo dalla sua morte (1905), Verne, almeno in Italia, era ancora esaltato sotto il profilo leonardesco del «divinatore». Mancavano quattordici anni all'arrivo del primo uomo sulla Luna, ma ogni discorso su Verne era gremito di imprese aeree e sottomarine esattamente previste. Vissuto in una età in cui le case della borghesia apparivano affollate di termometri, barometri, canocchiali, raccolte di insetti, minerali e atlanti, Verne si era interessato con la fiducia nella scienza dei suoi coetanei alle ultime invenzioni e scoperte potenziandole con una immaginazione accesa e vedendone l'enorme portata nel futuro con più entusiasmo che rigore. Infervorato per le prime applicazioni dell'elettricità, « l'anima dell'universo », in possesso di cognizioni fisico-chimiche, Verne le combinava in accozzi pittoreschi ma non inverosimili, per quanto incapaci di riprodurre i sorprendenti risultati tecnici ottenuti dagli eroi dei « viaggi straordinari ». Certo, con l'apparecchio Rouquayrol sulle spalle e il Ruhmkorft alla cintura, gli uomini del Natttilus non sarebbero andati molto lontano nella loro passeggiata sul fondo marino né avrebbero potuto abbandonarsi dopo tanto cammino a tranquilli sonnellini sott'acqua. Cosi gli squali e i ragni di mare non correvano molti rischi di fronte ai fucili elettrici del capitano Nemo, caricati a capsule di vetro, e Michel Ardan e i suoi compagni, sparati da un cannone in ghisa lungo novecento piedi con quattrocentomila libbre di fulmicotone, avrebbero avuto concrete possibilità di raggiungere la Luna quanto Astolfo sul carro di Elia. L'unica previsione che provi realmente il « genio »" di Verne è quella indicata dal pestigrafo Ceronetti in Dalla Terra alla Luna: l'idea del proiettile per la Luna germinata in un circolo patriottico di esperti di artiglieria all'indomani della guerra civile americana quando, nella impossibilità di un nuovo, immediato conflitto, si trattava di trovare in tutt'altro campo, e con urgenza, un alimento al bisogno di attività che divorava quei valentuomini. La grandezza di Verne consiste nell'aver trasformato pretesti scientifici in superbe e avvincenti occasioni narrative, ricavando per esempio dalla mineralogia non l'impulso alla scoperta di nuovi elementi chimici ma l'impaziente e collerico professor Lidenbrock o dalla passione per la geografia il distratto Paganel che studia il portoghese scambiandolo per lo spagnolo. Così dalle nozioni di un dilettante ingegnoso scaturivano trovate come il getto d'acqua bollente sugli assetati nel viaggio al centro della Terra, altra grande esplorazione « della chiusura ». In rapporto col loro mondo positivista, i personaggi del Verne sembrano spesso animi- rcvoli prodotti di scienze esatte con la vita regolata sull'orologio, strumento fondamentale dove tutto è di una puntualità addirittura maniaca. Gli inglesi con la loro freddezza attirano il narratore che li distribuisce largamente in tutti i suoi romanzi. Si delinea così quella figura caratteristica dell'epoca conclusa nel '14 che J.M. Keynes ha descritto nelle Conseguenze economiche della pace: il buon borghese di Londra che ogni mattina poteva ordinare per telefono, assaporando a letto la tazza di tè, « i più disparati prodotti che esistevano nel mondo », arrischiare la sua ricchezza « nelle risorse naturali e nelle nuove iniziative in ogni angolo della terra », mandare il suo domestico nella vicina banca per rifornirsi di metallo prezioso e partire per lontani paesi « senza conoscerne la religione, la lingua e i costumi ». Le minime intrusioni o il più piccolo ostacolo lo avrebbero molto contrariato e sorpreso, « convinto che quello stato di cose fosse normale e permanente ». Per lui « la politica del colonialismo e dell'imperialismo, le rivalità di razza e di cultura, i monopoli, le restrizioni, le esclusioni, che facevano la parte del serpente in quel paradiso terrestre », non erano che « storielle del suo giornale quotidiano ». Si riconosce Phileas Fogg che, senza ancora sapere del suo prossimo giro del mondo in ottanta giorni, aveva licenzia to il domestico, « colpevole di avergli portato, per la barba, acqua a ottantaquattro gradi Fahrenheit, invece che a ottantasei ». Questi personaggi, così gc- I lidi e meticolosi, non sono co- lidi e meticolosi, non sono co munque in tutti i casi insensibili all'amore. Mancano di iniziativa e di solito sono più intraprendenti le donne, facili ad arrossire e a impallidite, ma abbastanza ardite nelle loro richieste: « Mi volete come moglie? ». Oppure: « Non sono da molto tempo la vostra fidanzata nel segreto del vostro cuore? ». Se le donne, esseri capric- ciosi e incantevoli, non tendono le loro amabili reti, gli uomini di Verne le ignorano tranquillamente per tutta la vita. L'unico desiderio del marinaio Pancroff, uno dei naufraghi àcWlsola misteriosa, è quello di fumare e, trovato finalmente il tabacco, esclama beato: « Non manca dunque più niente nella nostra isola ». Due fidanzati vagano a lungo soli per pianure e foreste della Nuova Zelanda con tutte le possibilità di prendere « l'un dell'altra diletto », ma il barbuto capitano John non osa alludere all'amore che li unisce, rivelato tempo prima in un momento di emergenza. Una volta che si sentono oggetto di passione, gli croi di Verne si ammorbidiscono di colpo e lo stesso Phileas Fogg, dopo la dichiarazione della bella indiana, ha un « riflesso inconsueto » negli occhi, un « tremito » o quasi nelle labbra. Debitamente ammogliati, i protagonisti dei romanzi diventano gli uomini « più felici del mondo »: anche se vissuti scapoli fino a quarant'anni, con abitudini estremamente rigide, regolate su infallibili cronometri, erano potenzialmente mariti perfetti. La loro educazione scientifica escludeva la passione e il meccanismo amoroso poteva scattare solo per un intervento esterno che portava a un nuovo equilibrio, sempre rigoroso ma con l'aggiunta irrazionale della misteriosa felicità. Le peripezie, come osserva Barthes, « hanno il compito di imprimere al mondo una sorta di stato elastico, di allontanare e poi riavvicinare la chiusura » che col matrimonio diventa completa. Il mondo è un oggetto nella mano dell'uomo come nell'opera di Verne e anche il microcosmo di Verne assomiglia al Nantilus dove il gusto della « reclusione raggiunge il suo parossismo quando, dal seno di questa interiorità senza fessure, è possibile vedere attraverso un grande vetro l'esterno infinito delle acque, e in tal modo con uno stesso gesto definire l'interno mediante il suo contrario ». Anche l'opera di Verne è « un universo tondo e liscio », un oggetto ben definito che la nuova critica « di struttura » può intaccare e scomporre. Giulio Cattaneo ™^^^~^^^"™"^^^ Jules Verne, da una stampa

Luoghi citati: Italia, Londra, Nuova Zelanda