Che c'è nella valigia di Kissinger di Igor Man

Che c'è nella valigia di Kissinger Primo bilancio della missione in Medio Oriente per risolvere la crisi Che c'è nella valigia di Kissinger Politica e petrolio (Dal nostro corrispondente) Washington, 15 ottobre. La ventata di ottimismo sollevata da Kissinger sul duplice fronte « pace e petrolio » appare, alla luce dei retroscena washingtoniani, bisognosa di qualche ridimensionamento, seppur non infondata. La missione, si dice nella capitale americana ove Kissinger rientrerà questa sera, è sicuramente positiva per aver ricucito un'atmosfera, un tessuto di fnprvgvhdrvcsOdialogo lacerato dagli ulti- I bmi avvenimenti interni ame ricani, ma non per questo « pace e petrolio » sono « at hand », a portata di mano. Le cautele washingtoniane nascono da alcune considerazioni fattuali, si potrebbe dire dai probabili «moventi» dell'inconsueto ottimismo kissingeriano. Essi sono: — La critica posizione personale del segretario di Stato i che può indurlo, a differenza ikilosissnnbcdi quanto accadde nelle sue , c; ore più brillanti, a calcare i rj toni in «positivo». c— L imminenza del vertice s1 arabo in Marocco (26 otto- nbre ) che certo spinge Sadat ! ad accentuare le speranze per dimostrare la validità della politica «moderata» e di appoggio alle iniziative Usa fin qui seguita dall'Egitto. — Il prossimo viaggio a Mosca di Kissinger (22 ottobre). Il segretario di Stato vuol mostrare ai sovietici che 1 egli è ancora in grado di «cavalcare con sicurezza la tigre i mediorientale » (New York Times) e gli Usa non si trovano in una posizione di debolezza in quel settore. — La strategia energetica. Annunciando le promesse di Feisal per un'eventuale riduzione dei prezzi del greggio, Kissinger vuol ricordare agli incerti alleati degli Usa che solo affidandosi alla mediazione americana t dunque accettando il celebre «fronte» : con Washington alla testa) si trova una soluzione definitiva al problema petrolifero. La difficoltà nel discernere il vero dall'illusorio in questo primo viaggio estero di Kissinger dopo il Watergate sta nelle troppe intenzioni propa i gandistiche celate nelle varie , prese di posizione. Kissinger esagera forse «prò domo sua», ma anche i suoi nume rosi nemici interni accentua \ no le tinte del pessimismo. La ! verità è che il segretario di Stato non viaggia più con le spalle «coperte» come qual- che mese fa e la bocciatura della legge sugli aiuti militari alla Turchia, avvenuta in sua assenza, è un'altra prova di quanto potente sia ormai il fronte degli anti-Kisinger a Washington. Distillando dunque voci e commenti, si può concludere osservando che il primo viag| gio di Kissinger in Medio i Oriente (vi tornerà il 7 no; vembre ) porta un seme posi: tivo sul fronte del negoziato, | con l'impegno a riprendere le ' trattative di Ginevra probabilmente a metà novembre e ben poco sul fronte del petro-, lio, ove i sauditi non hanno 1 (sdsinbgsinrmdqnqfrplEsfdsl fatto che ripetere la loro ben nota disponibilità a rivedere i prezzi del petrolio senza in realtà correre il rìschio di doverlo fare davvero, visto che gli altri produttori sono d'avviso opposto (oggi il Kuweit ha infatti rifiutato la tesi saudita). La ripresa dei negoziati sarà verosimilmente avallata al vertice arabo in Marocco e concretata dallo stesso Kissinger al suo ritorno in Medio Oriente all'inizio di novem- I bre Ma_ forse u rjsuitato più interessante della missione kissingeriana è l'aver riaperto il dialogo (e per ciò stesso allentato la tensione) e rimesso ordine nelle carte con le quali si giocherà la partita ultima in Medio Oriente. La vera (e segreta) promessa di Feisal sarebbe infatti questa: se i negoziati di pace riprenderanno, e Israele darà segni tangibili di essere pronta a nuove concessioni, l'Arabia Saudita, , con u probabile appoggio del riran (vi sarebne stato un in contro segreto fra iraniani e sauditi) e la sicura benedizio ne dell'Egitto si impegnerà a ! mediare fra i Paesi consumatori di petrolio e gli esportatori per rivedere il livello dei prezzi. Da questa promessa di mediazione nasce l'ottimismo di Kissinger costretto tuttavia a tacere le ragioni perché all'avvio del negoziato manca ancora un avallo indispensabile: l'Urss. Ecco dunque i vari pezzi del mosaico ricomporsi e la strategia kissingeriana delinearsi. Prima fase: saggiare il terreno e gli umori in Medio Oriente e stabilire se la vecchia equazione «pace contro petrolio» è ancora valida. Seconda fase: ottenere il viatico da Mosca (che è copresidente con gli Usa alla conferenza di Ginevra) offrendo forse in cambio un patrocinio sovietico alla parteci pazione palestinese. Terza fa- se: tornare in Medio Oriente, chiudere con arabi e israelia-ni il giro delle consultazioni portando il «sì» russo e annunciare la riapertura delle trattative con il miraggio dei nuovi prezzi del petrolio «alla fine del tunnel». Vittorio Zucconi Il nodo palestinese (Dal nostro inviato speciale) Il Cairo, 15 ottobre. Esultanza nel mondo arabo (Giordania esclusa) per la decisione dell'assemblea dell'Onu in favore dei palestinesi. «Decisione storica», «Vittoria di tutti i reietti della terra op- pressi dal tallone imperiali- ] sta». Indignazione e sgomen- \ 10 invece in Israele. Indubbiamente quella presa all'Olili è una decisione di vasta portata: giunta proprio mentre Kissinger concludeva 11 suo giro in Medio Oriente con una nota di ottimismo, non mancherà di influenzare le decisioni che i capi arabi dovranno prendere a Rabat il 2G ottobre, e potrà diventare una «precondizione» ad ogni regolamento della crisi. Il vo- ' to dell'assemblea ha messo infine in evidenza come in seno alla Comunità europea non ci sia identità di vedute I sul problema mediorientale. Francia, Italia e Irlanda hanno votato a favore mentre sei altri Paesi si sono astenuti. «La risoluzione dell'Orni dimostra che l'imperialismo non può più disporre della sorte dei popoli del mondo», ha dichiarato il portavoce dell'Olp. «Rendiamo omaggio in particolare alla Francia e all'Italia per la realistica posi zione assunta, i soli due Paesi | europei a dimostrare come, ^K5i9SS? ™ , LAssepiblea genera e ha preso veramente una decisio-< ne «storica». Per la prima voi- j la in 25 anni ha ammesso che ! i palestinesi hanno il diritto] di parlare in sede internalo-. naie. Grande successo per i Arafat, la decisione dell'Orni è I il risultato di una campagna | diplomatica condotta a tam- ! buro battente dall'Olp in non più di due mesi. Tutto è cominciato alla fine di luglio quando una delega- £'°"e palestinese guidata da Arafat sì è recata a Mosca con l'obiettivo dichiarato di ottenere dall'Urss l'apertura di un suo ufficio nella capita-1 le sovietica. La missione si ri-1 solse con un successo, dopo quattro giorni Arafat lasciò la Russia con in tasca un progetto di azione diplomatica per il «riconoscimento internazionale» dell'Olp. Arafat ha saputo far tesoro del «suggerimento» sovietico, agendo con rapidità ed abilità. Siti piano politico, benché la decisione dell'Assemblea non sia vincolante, ì palestinesi registrano lina grande vittoria nella misura in cui si sono as- sicurati un sostegno da parte della grande maggioranza del¬ le comunità internazionale (105 sì) mentre è ancora possibile che riescano a guadagnarsi degli «amici» fra colo-1 ro che si sono astenuti (20 in I totale). la risoluzione ha dei limiti \ evidenti, tuttavia. Molti Paesi j sono pronti ad appoggiare \ l'Olp perché recuperi il suo diritto all'autodeterminazione. Per questo diritto si inten- ; de la possibilità di instaurare una «autorità nazionale» nei territori (Cisgiordanin e Gaza) che un giorno Israele dovesse sgomberare. Ma questi stessi Paesi ritirerebbero l'appoggio se le correnti Olp rifiuteranno di coesistere con lo stato ebraico. L'Olp cosciente di tali limiti non mancherà peraltro di sfruttare al massimo l'appoggio di cui beneficerà per garantire il successo di quella che definisce la «prima tappa»: lo stabilimento di un'autorità nazionale in Cisgiordania e Gaza. E' poco probabile, per non dire impossibile che il Consiglio di sicurezza faccia sua la deliberazione dell'assemblea, considerata la minaccia del veto americano. Inoltre, anche se Washington non usasse il suo diritto di veto, Israele, come ha detto il suo rappresentante all'Orni, non cesserà la «caccia ai terroristi dovunque si trovino», a dei terroristi, si osserva qui, riconosciuti internazionalmente. Gli arabi definiscono Iti decisione dell'Onu «logica e realistica». Ma il riconoscimento d'un «movimento di liberazione nazionale» implica automaticamente la «condanna» dell'occupante, in questo caso, sempre secondo gli arabi, Israele. Ciò spiega lo sconcerto e la dura reazione degli israeliani. Il portavoce del ministro degli Esteri di Gerusalemme ha detto che «questo voto è contrario alla carta dell'Orni perché riguarda un'organizzazione (Olp) che serve di copertura a gruppi terroristici che hanno espresso assassini, che hanno portato dolore e morte un po' in tutto il mondo. La decisione è illegale e non impegna minimamente Israele». Igor Man