Moda pronta con saggezza

Moda pronta con saggezza La sfilata dei grandi sarti a Palazzo Pitti Moda pronta con saggezza I modelli presentati a Firenze mostrano meno arditezze rispetto alle creazioni in maglia e in pelle - Linea meno giovanile del solito - Torna la donna "tradizionale" (Nostro servizio particolare) Firenze, 15 ottobre. Ieri sera due sfilate al di fuori della prestigiosa passerella della Sala Bianca, sono apparse esemplari dell'attuale situazione del prèt-à-porter italiano. Nell'avito palazzo Emilio Pucci ha presentato, in ossessiva fedeltà a se stesso, abiti e due pezzi che tuttora stupiscono per la bellezza degli stampati anche quando chiedono l'aiuto del lustrino che circonda di luce il perimetro del fogliame geometrico o ne ripassa interamente i cespugli di verde e di viola. In un albergo cittadino ha sfilato una neofita, Genny D'Ancona, con i modelli disegnati da Gino Versace e lì di idee ce n'erano tante da sostanziare un'intera mattinata in Sala Bianca. Come quella di stamani, tema la moda pronta dei grossi sarti, dove le idee erano poche e appena salvate qua e là dal buon gusto e dalle belle stoffe. Abbia ragione o no la diaspora dei milanesi, la pedana coinvolge in tristi arabeschi i creatori del prèt-à-porter e la Sala Bianca, un tempo vero luogo geometrico dei punti in cui viveva la moda vera, rischia di essere un fiore fatuo all'occhiello di una manifestazione che palpita a Palazzo Strozzi o nel nuovo centro del Palazzo degli Affari, appena inaugurato. E' significativo che questo palazzo, un tempo pensato come palazzo della moda, oggi si chiami Palazzo degli Affari. Non si tratta tanto di moda appunto quanto di scambi in tema di accessori o di energie nuove, modeste ma concrete, che ad approdare a Palazzo Pitti, dopo due anni di noviziato, nemmeno ci pensano. Il loro prèt-à-porter riempie proprio quel vuoto che sta fra i reali creatori e la massa di clienti dietro i buyers, non molti ma aggressivi in fatto di acquisti, oggi a Firenze. Senza gridare al miracolo tuttavia si può dire che i sarti dell'alta moda, portando a Firenze e il loro prèt-à-porter, hanno dimostrato maggiore saggezza dei creatori della maglieria e della moda in pelle, presi in generale. Naturalmente la morbidezza impera ma è contenuta, i camìcioni esistono ma ridimensionati e il. dettato che se ne ricava per la primavera-estate del 1975, è il ritorno del cappottino, del tre quarti su abiti in seta, due pezzi in crèpe de Chine, con una sua maggiore presenza rispetto ai tailleurs, anche falsi, cioè formati da giacca a maniche scese ed ampie su due pezzi fantasia. E' una moda meno giovanile del solito, che trova nello sguardo ai consueti, amatissimi Anni Cinquanta, la fiducia in una donna-donna e insieme un'acre voglia di restaurazione dopo le zingaresche e folkloristiche follie. Domina un'aria quieta, avvalorata dai colori celestiali nel significato meno pregnante dell'aggettivo, dal momento che gli azzurri forti e slavati sono fra i toni più ricorrenti insieme all'albicocca, al lilla, perla e paglia. Un'aria signorile, e qua e là un po' leziosa, come da Baratta o da Balestra o nella serie violetta di Enzo Russo, quasi sempre elegante in completi dove gonna lunga, camicetta in seta e spolverino temperano una linea ariosa senza essere invadente. André Laugh ha chiamato la sua lìnea primaverile «stile netto», slogan che esprime bene una linea purificata in armonia con il corpo, in tailleur, gonna e blusa di seta, chemisiers diritti e a vita alta, ma anche in romantiche ampiezze avviluppate da scialli a fravia. Gli insieme di seta azzurro violacea di Heinz Riva si completano di giacche uguali o in lana, riapparendo in ciclamino, in verde malachite: fra le gonne a pieghe e le giacchine chimono, ecco anche le gonne pantalone da portare con stivali a righe verticali come la camicetta, elemento determinante un nuovissimo taglio della spalla che ne enfatizza l'importanza e richiama, netto, preciso e leggero, l'ala del gabbiano. C'è un ritorno alla scarpa bassa, come le belle francesine di Pollini in verde e beige, per la collezione castigata di barocco ed i suoi tailleurs in principe di Galles sul grigio e rosa, i suoi trench bianchi abbinati ad abiti a sacco; e c'è un appoggiato tentativo, per esempio da Gibò, verso il ritorno di gonne diritte, provviste di spacchi e fondi piega, di lunghezza pratica appena sotto il ginocchio, di giacche con le spalle arrotondate ma scese appena leggermente, in tutti i toni del caki, del verde oliva e dello champagne, ripresi nelle collane a biglie satinate di Sciarra e Pagano. Tacchi bassi e grande allure anche da Litrico che realizza in lino bianco o crema i suoi tailleurs pantalone, gli spolverini con il dorso arricciato ma rigorosamente diritti e i camicioni li converte in tuniche quando la sera stempera l'albicocca, il celeste mare ed il verde acqua in fiori di puro stile Anni Cinquanta. La sua collezione, disegnata da Miguel Cruz, divide la palma della grazia con quella di Zendman che ritaglia piccoli tailleurs e giacche bolero in azzurro e fucsia, sottolineati dai gioielli in cristallo sabbiato di Borbonese e con la visione primaverile di Enrica Sanlorenzo, che ancora una volta si conferma capace di sfrondare gli orpelli di un tema dominante per restituirci un'immagine viva della donna nella prima stagione dell'anno. Lucia Sollazzo Firenze. Abito lungo della collezione Tiziani (Tel

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