Ciò che l'Europa non ci ha dato di Emanuele Gazzo

Ciò che l'Europa non ci ha dato LETTERA A FANFANI Ciò che l'Europa non ci ha dato Emanuele Gazzo, direttore della «Agence Europe» di Bruxelles, ci ha inviato questa lettera aperta al futuro Presidente del Consiglio: Signor Presidente, a quanto leggo nei giornali, fra i massimi problemi autorevolmente citati come quelli che un governo « rinnovato » dovrebbe risolvere, figura quello di dissipare l'inquietudine dell'Europa e del mondo sull'avvenire prospero e libero dell'Italia. Mi sembra un problema reale e lei si renderà conto che al punto in cui siamo questa inquietudine non si acqueterà con parole, anche se pronunciate con tono sincero e ingegnosamente costrutte. Anzi, essa aumenterà. Parliamo soprattutto dell' inquietudine dell' Europa, che ci è vicina e alla quale più che ad ogni altro insieme apparteniamo. L'Europa non è se non quel che noi siamo: noi Italia, noi Francia, noi Belgio, noi Germania e così via. Facendo torto a noi le facciamo torto. Conducendo una cattiva politica indeboliamo l'Europa e suscitiamo logicamente il risentimento dei nostri consoci che sono, per nostra mancanza, indeboliti. Sono cose ovvie, signor Presidente, ma non a torto il cancelliere Schmidt ha concluso un discorso dicendo: « Troppo spesso ci chiediamo: che cosa ci dà l'Europa? Dovremmo piuttosto chiederci: che cosa possiamo fare noi per l'Europa? ». La cosa migliore che oggi l'Italia possa fare per l'Europa è dare l'esempio di un Paese che sa come risalire un pendio, con efficacia e civiltà. Efficacia e civiltà stanno nei mezzi e nel fine, che deve essere quello di addossare il minor sacrificio possibile ai più deboli fra i cittadini, come individui e come gruppo. Se noi ragioneremo così, potremo ripetere questo ragionamento sul piano europeo. L'Italia può apportare inoltre presenza ed iniziativa, non per mediare (accettando così una funzione subalterna) fra le « grosse » volontà, o difendendo verbalmente e verbosamente i grandi principi, ma piuttosto progettando e sostenendo fino in fondo soluzioni concrete a problemi concreti, il primo dei quali è organizzare un efficiente potere europeo per far fronte alla situazione critica dell'Europa. Ma su questi temi ella riceverà appunti, memoriali ed appelli. Non ne aggiungo un altro. Tutto questo è piuttosto la premessa per dire qualcosa d'altro, che potrà magari sorprenderla. Ma quando si sa essere severi con se stessi, si acquista automaticamente il diritto (se non la forza) di essere severi con gli altri. Vale a dire che un'Italia con le carte in regola potrà chiedere all'Europa di assolvere a sua volta il proprio dovere verso l'Italia. Il nostro Paese, e lei lo sa signor Presidente, ha dato molto all'Europa. Esso ha dato e dà un mercato (e vi ha trovato un mercato). Esso ha dato e dà un prezioso apporto di manodopera, che talora l'Europa è tentata di usare come volano per mantenere il pieno impiego a basso costo. Ma c'è qualcosa che perfino lei ignora: esso ha contribuito, spesso per negligenza propria, al bilancio comunitario, in termini relativi e assoluti, più di qualunque altro Paese. Non per difetto dei meccanismi o dei principi, ma del loro funzionamento e soprattutto per la loro incompletezza. Lei può andare a fronte alta, signor Presidente, e chiedere all'Europa non solo una solidarietà logica perché reciproca, ma un doveroso risarcimento, sotto forma di una vera politica regionale o di altra cosa. L'Europa non si farà con l'addizione di complessi d'inferiorità ruotanti attorno a riverite egemonie. L'arroganza fa la stessa fine del piagnisteo. E quel che è do- Emanuele Gazzo (Continua a pagina 2 in quinta colonna)

Persone citate: Emanuele Gazzo, Schmidt